Che fine ha fatto Adam Diment? Storia dell’inventore dei gialli all’hashish, trasgressivi e dal successo planetario, bello, ricco & famoso, che un giorno sparì dalla circolazione
Che fine ha fatto Adam Diment? Bella domanda, ma devo ammettere di non sapere rispondere. Forse però prima sarebbe giusto porre un’altra domanda: Chi cavolo è Adam Diment? Questa volta una risposta ce l’ho. Adam Diment è uno scrittore inglese nato nel 1943 e autore di quattro romanzi di spionaggio usciti tra il 1967 e il 1971 che hanno venduto milioni di copie e sono stati tradotti in una quindicina di lingue. La serie dei titoli è questa: The Dolly Dolly Spy, The Great Spy Race, The Bang Bang Birds, Think, Inc. Mai sentiti, vero? Ottimo, mi sembra un buon punto di partenza.
Il protagonista delle sue storie è Philip McAlpine, agente segreto al servizio di Sua Maestà. In pratica un altro James Bond, solo che questo non è un benpensante tutto di un pezzo come l’eroe di Ian Fleming, ma uno che tra una biondona e una brunetta passa il tempo a fumare hascish e marijuana a tutto spiano, senza peraltro trascurare nessuno dei tanti piaceri offerti dalla trasgressiva “swinging London”.
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Tanto per dare un’idea, quando venne pubblicato The Dolly Dolly Spy, il suo primo libro, la rivista “Publishers Weekly” lo presentò così: “Se apprezzate una trama avvincente, emozioni in abbondanza, il sesso più disinibito, un pizzico o due di esplicito sadismo, allora Adam Diment è il nome da tenere a mente”.
Quel suo primo romanzo venne pubblicato in Italia nel 1968 dalla Mondadori con il titolo La dolcissima spia e un paio di strilli in copertina niente male, “è nato il giallo all’hascish” e “il nuovo asso del suspense”, ed è ancora rintracciabile sui siti delle librerie online.
* Non è facile distinguere Philip McAlpine dal suo creatore Adam Diment, uno che si veste alla moda, ama farsi fotografare in compagnia di belle ragazze in minigonna e sembra perfettamente a suo agio nel ruolo del giovane scrittore bello, ricco e famoso. Nelle poche immagini rintracciabili in rete, appare come una specie di George Best biondo uscito fuori dalle scene di Blow up. Forse non è un caso se quando a un certo punto si parlò anche di un film da realizzare dai suoi romanzi si pensò a David Hemmings come protagonista, ma poi finì tutto in una bolla di sapone.
Interessante, ma fin qui direi niente di speciale. In fin dei conti stiamo parlando dei “fab sixties”, i favolosi anni Sessanta, e a Londra di quei tempi poteva accadere questo e ben altro.
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Il bello però deve ancora arrivare. Sì, perché alla fine del 1971, al culmine del successo e della celebrità, il nostro Adam Diment è letteralmente scomparso e nessuno ha saputo più niente di lui. Da allora ogni tanto salta fuori qualcuno a dire che si è trasferito a Zurigo dove vive nell’anonimato più assoluto, c’è chi invece lo racconta come ritirato in una fattoria del Kent con moglie e bambini, un giornalista americano lo avrebbe incontrato in un alberghetto sperduto tra le montagne del Nepal. Se devo dire la mia, a me piace pensare che se ne stia ancora a Londra e che magari appostato a un angolo di King’s Road si diverta un mondo alle spalle di chi si danna l’anima per capire il segreto della sua scomparsa. Comunque, sono tutte teorie incontrollate, la mia più di ogni altra ovviamente, buone per qualche articolo dei tabloid inglesi e che non hanno mai portato a niente. Ragion per cui torno alla domanda iniziale: Che fine ha fatto Adam Diment?
Per chi come me ama le domande e diffida delle risposte va benissimo così. Anche se a questo punto devo confessare che non ho mai letto una riga dei suoi romanzi, a me questo Diment piace da morire. In un tempo come il nostro zeppo di scrittori, o presunti tali, presenzialisti e chiacchieroni viva la faccia di uno che un bel giorno ha preso cappello, si è chiuso la porta alle spalle, ha salutato la compagnia e se ne è andato. Anzi, credo proprio che Diment si sia risparmiato pure i saluti. Meglio così.