22 Novembre 2019

“La storia dell’arte, spesso, è stata scritta dai mercanti. Io cerco i perduti, i perdenti, chi vive in mondi paralleli”: dialogo con Alfredo Accatino, cacciatore di artisti dimenticati

C’è qualcosa di accattivante, di pretestuoso, di presuntuoso, di demonico, ma per lo più di romanzesco nell’idea che l’opera corrisponda alla vita dell’artista, che forma e carne siano consustanziali, che lo ‘stile’ sia, soprattutto, l’esisto di una estetica del vivere. Alfredo Accatino, che di mestiere – leggo la dida diffusa dall’editore – “è uno dei più noti e premiati creativi italiani”, cattura artisti insoliti, insolenti, sovente sfigati; soprattutto, acchiappa storie, vite bruciate per eccesso di intensità, per indisciplina, per disgusto verso le norme, perché tutti i treni buoni sono passati e non ti è rimasto che gettarti sotto l’ultima locomotiva. Così, Outsiders 2 (Giunti, 2019), secondo volume di un album catastrofico e affascinante “di artisti geniali che non troverete nei manuali di storia dell’arte”, comincia con un testo che è anzi tutto un manifesto. Intanto: “L’arte non esiste esistono le persone”. Poi: “l’arte può esprimersi in qualsiasi forma e categoria espressiva, la creatività se ne infischia delle distinzioni”. Inoltre: “gli Outsiders sono perdenti per definizione. Non scelgono mai i luoghi e le date giuste per nascere, creare, amare, morire. Vivono in mondi paralleli. E hanno sempre l’indirizzo sbagliato”. Accatino, accattivante, sceglie storie che sono ‘da film’, coltiva la ‘sindrome di Ettore’, la nostra atavica simpatia per lo sconfitto, per chi dalla tribuna del niente edifica una metropoli di abbagli, di fraintendimenti. Così, Accatino fila la storia di Harue Koga, figlio di un sacerdote buddhista, tramortito dal dolore – la morte dell’unico figlio, quella dell’amata –, pittore “fortemente influenzato dalle avanguardie europee”, amico dello scrittore premio Nobel Yasunari Kawabata, definito, a posteriori, “il David Bowie della pittura giapponese”. E poi c’è Deiva De Angelis, che dipingeva sui cartoni, morta poverissima; e Pan Yuliang, raffinata artista cinese che fu prostituta ed è sepolta a Montparnasse; e Alfonso Ponce de León, amico di Salvador Dalí e di Picasso e di García Lorca, reclutato nella Falange spagnola, di cui il fratello è comandante militare, ucciso dai ‘rossi’ nel 1936, non prima di aver dipinto la sua morta in un quadro intitolato Accidente. Poi c’è Robert Lenkiewicz, l’artista che nel 1981 “falsifica la propria morte”, muore (davvero) nel 2002, lasciando undici figli riconosciuti, tre mogli e “circa tremila donne che potrebbero aver avuto rapporti sessuali con lui e, quindi, altri figli”. C’è l’inglese John Currie che nel 1914 uccise sé e la sua modella, Dolly Henry, “lasciva e possessiva all’ultimo grado”; c’è “il re dei falsari”, Eric Hebborn, ma pure Nicolas De Staël, uno strappo alla regola, artista d’assoluto genio, figlio di un barone russo, arruolato nella Legione straniera, prima moglie morta di denutrizione, che si uccide all’apice della sua ricerca creativa (“Il suo suicidio ci ha lasciato perplessi. Come spiegarlo? Lo straordinario non ha bisogno di commenti”, ha scritto Cioran di questo “specialista della vertigine”). Ce ne sono molti altri. Lo schema è il consueto: vite eccessive – nell’abuso della vitalità o nella rinuncia –, opere equivalenti & radicali (ma l’agiografia del perduto risorto in gloria vale solo per Van Gogh), delega all’oblio. Leggendo Accatino vien voglia di parteggiare per questi outsiders, dar loro fede, cingerli in un abbraccio. (d.b.)

Come sempre, lei gioca sull’eccesso, sull’estremismo, sul paradosso. Segnalando, però, una cosa vera&santa: i geni sono un’eccezione. Per il resto, l’arte è fatta da “chi non ha mai vinto”, dai “perdenti per definizione” che “vivono in mondi paralleli”. Ora. Perché occuparsi di Outsider: per vizio, per diletto, per desiderio di scoop?

Se dovessi rispondere solo all’ultimo quesito potrei dire, con eleganza: “per curiosità, per amore dell’arte, per desiderio di giustizia, perché ho scoperto un’area che attendeva solo di essere esplorata che mi permetteva di piantare per primo la bandierina, in pieno spirito di frontiera”. Ma non sarebbe esaustivo.

Abbiamo tutti gli occhi, ma sono convinto che dovremmo usare un po’ di più il cuore e la nostra testa anziché seguire solo il mainstream, che ci indica i nomi da omaggiare quelli da vedere al museo, disdegnando gli altri. Oggi chi compra sempre meno arte, verifica prima su artprice le quotazioni in asta. Eppure io, che colleziono da sempre, ho in casa alcuni pezzi del tutto anonimi, o di autori “cosiddetti minori”, che mi parlano e mi emozionano molto più di maestri blasonati, e mi piace che siano vicini, così possono litigare tra loro. La storia dell’arte, purtroppo, è stata scritta spesso da mercanti. È venuto il momento di rimettersi a cercare, e di raccontare storie umane e artistiche che hanno capacità di stupire, rappresentative di tanti malesseri di un secolo come il ’900, dall’eccidio degli armeni alle droghe sintetiche. E in questo internet è il cavallo migliore per iniziare il viaggio.

Hilma af Klint (1862-1944), nel suo studio, nel 1895: “ci obbligherà a riscrivere i libri di storia dell’arte”, dice Accatino

L’arte non esiste esistono le persone”, scrive lei. Io ribatto, di un artista m’importa soltanto l’opera, che sia sfigato o fichissimo poco m’importa. Il suo libro non eccede forse di biografismo, fregandosene dell’unica cosa che conta e che resta, l’arte? Si difenda, mi sconfigga. 

Bella provocazione, accetto la sfida.

La mia è una scelta ragionata. È un libro a tesi, che utilizza la biografia e un approccio sicuramente letterario per raccontare anche pezzi della nostra storia, e presentare immagini mai viste, prodotte in precisi contesti e per precise motivazioni, scavando nella identità psicologica di ogni artista. E ogni autore che ho inserito, partendo da una selezione tra altri centinaia, ha prodotto sicuramente opere di grande qualità, o offerto contributi importanti e dimenticati. E poi, diciamoci la verità, quanto del successo commerciale di Van Gogh, non è anche figlio della sua triste avventura umana? Guardi ad esempio il lavoro di Marie Blanchard, un’artista spagnola colpita duramente nel fisico che ha realizzato alcuni dei più bei quadri cubisti del proprio tempo, ma che nessun studente citerebbe. Io ho solo voluto offrire, di ognuno di loro il mio punto di vista interpretativo. Poi, ognuno può iniziare da qui il suo percorso sotto il profilo puramente storico-estetico. Ma non capire che tutta l’arte di Arshile Gorky nasce dal dolore della propria infanzia, sarebbe un grave limite.

Domande spot (con giustificazione, però). L’artista che si è divertito di più a ritrarre. L’artista che le ha dato sui nervi. 

Ho approfondito molto, anche per progetti futuri, la storia del Bauhaus, e due geni (indiscussi), una volta approfonditi nel dettaglio mi hanno fatto letteralmente incazzare. Penso a Johannes Itten, uno dei grandi maestri del colore, che in realtà applicava sui suoi studenti una rigida educazione, detta Mazdaznan, ispirata a una setta religiosa che obbligava a riti ispirati al sole alla antica cultura persiana, ma che in realtà predicava la superiorità ariana. O Raoul Hausmann, uno dei maestri DADA (celebre la sua testa di manichino), così avanti da rivoluzionarie l’arte, ma non abbastanza da rispettare la sua amante, la grandissima Hannah Höch, negando la possibilità di abbandonare la moglie e rinnegando il suo status di artista.

L’artista che ama in modo ingiustificato.

Il giapponese Harue Koga, che all’inizio del secolo scopre l’arte occidentale, e anziché fare il monaco, come vorrebbe il padre, capo di un importante santuario, corre di nascosto al porto di Tokio per comprare dai marinai le riviste europee, che legge e ritaglia.

L’artista davvero sottovalutato. 

Sicuramente Hilma af Klimt, che obbligherà a riscrivere i libri di storia dell’arte, svedese, minuta, che ha realizzato tele immense, astratte, ancora prima di Kandinskij sulla scia dell’esoterismo. Quello che ho anche toccato con mani, e che trovo che sarebbe veramente illuminante da esplorare in un rapporto tra critica dell’arte e antropologia, è perché le origini dell’arte astratta si collochino sempre nell’estremo nord dell’Europa, in un unico filo conduttore che unisce, con storie differenti, August Strindberg (scrittore e pittore da riscoprire), Hilma af Klimt, Mikalojus Konstantinas Čiurlionis, Kandinskij in un arco di pochissimi anni.

L’artista più strampalato. 

George Edgar Ohr (1857-1918) un ceramista americano visionario, nel profondo sud, avanti rispetto a Lucio Fontana di 50 anni, capace però di creare selfie bizzarri come mai nessuno aveva fatto prima divertendosi sempre a provocare.

L’artista che le è apparso come una inattesa sorpresa. 

Non un solo, ma due, i fratelli Michahelles, Ernesto (in arte THAYAHT) e il fratello Ruggero Alfredo (R.A.M) genericamente conosciuti come esponenti del futurismo, in realtà studiandoli degli autentici geni, gli ultimi eroi rinascimentali, gli inventori della TuTa. Cercateli in rete, scoprirete che sono stati pittori eccelsi, ma anche architetti, stilisti, pubblicitari, fotografi, inventori, scrittori, i primi ad affrontare il tema degli extraterrestri.

L’artista, al contrario, che meriterebbe una grande mostra.

Non uno, ma tutti. Ho sviluppato il concept per la Mostra Outsiders, capace di unire opere al racconto delle storie a oggetti privati. E sto cercando di montarla anche con respiro internazionale.

L’artista che l’ha commossa. 

La pittrice Deiva De Angelis, attiva nella Roma di inizio secolo, della quale sino a poco tempo fa non si conosceva neanche la data di nascita, morta giovane e così povera, dopo essersi affermata, da essere seppellita nella fossa comune.

Alfonso Ponce de León, “Autorretrato” (o “Accidente”, 1936: “del suo lavoro sono rimaste poco più di 20 tele, perché morirà pochi mesi dopo, a 30 anni, per un regolamento di conti politico della Guerra di Spagna”

L’artista che avrebbe voluto conoscere. 

Stefano Tamburini, e poter vivere con lui e il suo gruppo gli anni liberi della satira e della controcultura de Il Male e Frigidaire, prima che il conformismo ci mettesse il bavaglio.

L’artista di cui regalerebbe un’opera al suo migliore amico. 

Alfonso Ponce de León, del suo lavoro sono rimaste poco più di 20 tele, perché morirà pochi mesi dopo, a 30 anni, per un regolamento di conti politico della Guerra di Spagna. E il resto va disperso. Ma ha due quadri di cui sono pazzo esposti al Museo Reina Sofia di Madrid.

L’artista che è un emblema del nostro tempo.

Eric Hebborn. Il re dei falsari della seconda metà del XX sec. trovato morto a Roma in circostanze misteriose. Perché solleva chiaramente il tema del nostro tempo, tra vero, falso, verosimile.

Per inciso: installa negli Outsider un autentico genio come De Stael, perché?

Perché in ogni volume ho scelto di inserire un autore famoso, di cui però, si ignorano spesso i malesseri profondi, che possono secondo me dare nuova luce alle loro opere.

L’artista che, in effetti, merita l’oblio in cui è caduto. 

Urca. Cattiva questa. Ma non la passo, come voler colpire sulle mani chi si è aggrappato a un asse di legno. Getto però una ombra su Walter Spies, creatore della nuova arte balinese, o pericolo predatore pedofilo.

L’artista che si è tenuto come asso nella manica, da decrittare nel prossimo libro. 

Uno? Direi che 36 nomi sono stati già identificati, poi vedremo.  Tra loro una pittrice giapponese a Catania, i fratelli russi re dei poster, una scultrice di colore per metà pellerossa che ha vissuto a nella Roma Umbertina, la figlia della regina mondana dell’arte, e altre storie che non potete immaginare.

Se dovessi definire una mappa degli autori parlerei di:

Quelli che non ce l’hanno fatta.

Quelli che ce l’hanno fatta e si sono distrutti.

Quelli che potevano farcela e la storia li ha annientati.

Quelli che erano troppo avanti o troppo diversi per poter essere assimilati.

Quelli che sono rimasti soli.

Gruppo MAGOG