10 Novembre 2018

“Un Nobel postumo a Ezra Pound: in mezzo a tanta mediocrità il suo nome va urlato”: da Naxoslegge la furente proposta di Fulvia Toscano

Non fu impossibile. Ve l’immaginate. Ezra Pound sull’altare del Nobel per la letteratura. Che cosa avrebbe detto, il vecchio profeta che ha attraversato la follia e il falò della Storia? Non fu impossibile. Nel 1955, l’anno in cui un po’ tutti si rendono conto che la detenzione del più influente poeta del Novecento è una euforica vigliaccata – anche in Italia: Sergio Solmi e Diego Valeri redigono una petizione “per la liberazione di Pound”; Giovanni Papini, il 30 ottobre 1955, scrive una lettera all’ambasciatrice americana in Italia perorando la causa dalle colonne del Corriere della Sera – cominciano a fioccare le ‘nomination’ al Nobel. Ininterrottamente, fino al 1966, Pound è proposto al Nobel per la letteratura. Poi, sappiamo come è andata: il premio va ai cultori della quiete, a quelli che non danno troppi problemi politici. In realtà, un premio Pound lo ha preso, mentre era confinato al St. Elizabeths. La prima edizione del Bollingen Prize – che poi sarebbe diventato uno dei premi di poesia più prestigiosi del mondo americano, andato a tipi come Wallace Stevens, W.H. Auden, Robert Frost, John Ashbery, Mark Strand… – sotto gli auspici di Thomas S. Eliot, Robert Lowell, Allen Tate. Era il 1949, e fu già un risarcimento. Pound s’era dannato per far pubblicare tutti, da Hemingway a Joyce, per rivoluzionare le arti occidentali. Glielo dovevano. Ora, in qualche modo, in questa scia, si pone Fulvia Toscano, pasionaria della cultura, vulcanica ideatrice del festival ‘Naxoslegge’, che a un certo punto, nel magma dei Nobel ‘alternativi’, scocca la proposta, “vorrei lanciare l’idea di un Nobel postumo a Ezra Pound, cosa ne pensa?”. Io penso che il vero premio, per un poeta che riposa in pace, è che la sua opera continui a non darci pace, a essere letta, con furia allucinata. Per cui. Se il Nobel postumo – quello che non hanno avuto il coraggio di dargli – serve a rinnovare l’interesse sull’opera, a leggere, rileggere, ritradurre, studiare i Cantos, benissimo. Fulvia ha già in mente l’evento, la manifestazione, tutto. Ci vuole Pound per risvegliare la cultura italiana da questo mortificante torpore. (d.b.)

Toscano
Fulvia Toscano dirige dal 2011 il festival ‘Naxoslegge’

Intanto. Naxoslegge. Come nasce, perché? L’ultima puntata aveva come titolo ‘Custodire la bellezza’: mi dia una giustificazione.

Naxoslegge nasce nel 2011, come festival delle narrazioni. Quindi non semplice contesto di presentazioni di libri ma occasione di confronto su varie tematiche, luogo di confronto, dove il narrare rimane la cifra prevalente, la modalità privilegiata. Il festival, giunto alla VIII edizione, è autoprodotto e militante. Mi perdonerete, spero, per questo secondo epiteto, forse obsoleto, ma a me molto caro, perché segna per me il confine tra il mio modo di vivere l’azione culturale, che coincide col mio modo di stare al mondo, e altre modalità di operare cultura, quei cosiddetti  ‘eventi’, termine abusato che, francamente, detesto.

Il tema dell’edizione 2018 è stato ‘CustoDire la Bellezza’, tema a me molto caro, con il ‘Dire’ in evidenza, proprio a sottolineare la necessità di una narrazione che produca resistenza, che vinca la dimenticanza. Il tema della memoria trovo che sia, oggi, più che mai fondativo, e trovo morale che la cultura si opponga alla deriva delle storie e della Storia. Penso alla scuola e all’orrendo genocidio culturale perpetrato ai danni delle discipline storiche. Mi piace anticipare, qui, il tema, di esiodea memoria, della prossima edizione “Le opere e i giorni. Storie di uomini, donne, popoli e memorie”. La storia necessaria.

L’idea. Assegnare a Ezra Pound il Nobel alla letteratura postumo. Quanto all’opera, la proposta non fa una grinza: Pound è il poeta più influente, l’intellettuale più dilagante del ’900. Come le è venuta l’idea?

L’idea di proporre un Nobel postumo per Ezra Pound nasce  prima di tutto da una personale devozione verso questo immenso poeta, cui spesso, nel contesto di Naxoslegge abbiamo dedicato riflessioni e approfondimenti ( sempre troppo pochi), tra cui mi piace ricordare l incontro con Corrado Bologna a Taormina, sul Dante di Pound, o quello, di molti anni or sono, ma vivo nella memoria, con Luca Gallesi sul tema dell’usura o, ancora, la presentazione delle lettere del giovane Pound da Taormina, edite da Il Girasole dell’amico poeta Angelo Scandurra e i seminari sul Cavalcanti con Carmelo Causale e tanto altro. Ma questo è e resta un percorso di passione individuale e certo non è in se’ sufficiente, forse è un pre requisito. L’idea si ricollega a quanto anticipato nella risposta alla precedente domanda, la necessità di un’etica della memoria, non solo e non tanto come risarcimento, ma come una necessità di intima e profonda giustizia. E poi, francamente, al cospetto di cotanta mediocrità, il nome di Pound dovrebbe essere urlato, nel deserto che avanza.

…sa bene che la accuseranno di neofascismo, neoconservatorismo, sovranismo e chissà cos’altro. Difenda la sua idea. 

In merito alle eventuali accuse, ormai roba da copione, credo che la cosa mi interessi e preoccupi poco. Sono cosi rare, ormai, le belle battaglie che, francamente, il chiacchiericcio salottiero mi lascia indifferente. Pound è oltre. La sua poesia è oltre e non ho intenzione di pensare a Pound diversamente da come  lui stesso ci ha indicato di fare.

Ma… infine… il Nobel a Pound lo assegna? Insomma, come si svolgerà l’evento, lo ha già in mente?

Per me il Nobel a Pound lo ha già consegnato la Storia, tuttavia, certo, la mia idea è, intanto, quella di lanciare questo appello, con l’intento di raccogliere firme e sottoscrizioni da parte di tanti che condividono l’idea e siano mossi da un autentico sentire. Coinvolgerò i tanti amici di Naxoslegge, poeti, giornalisti, artisti etc. e tutti coloro che vorranno essere coinvolti. Il mio sogno: consegnare il Nobel postumo a Pound in Sicilia, al teatro greco-romano di Taormina o al teatro greco di Siracusa.

In scena una gabbia, proprio al centro della scena, piantata, a futura memoria, tra tanta bellezza, lo scempio di una gabbia vuota, da cui si sente, perenne, la voce del poeta, che ci parla e ci consola, che urla contro l’hostium rabies, perché cessi, una volta per tutte.

Svario e amplio. Che cos’è per lei la letteratura? Che cosa le piace leggere?

La letteratura è stata ed è per me un avvertimento sul confine, un mettersi in ascolto. Un voltarsi, come quello di Orfeo, che restituisce la parola all’eternità. Le mie letture preferite rimangono i miei classici, che mai tradiscono, mai sono inferiori alle aspettative: l’Iliade più che l’Odissea, i lirici greci arcaici, Virgilio e Tacito. Tra i moderni, oltre Pound, Cristina Campo, insuperabile, Borges, Malaparte e i miei poeti ‘siciliani’, Lucio Piccolo e Bartolo Cattafi, forse dimenticati, ma inevitabili.

Un giudizio sulla cultura italiana, oggi. 

 La cultura italiana è orfana, terribilmente ammalata di minimalismo e di miopia intellettuale. Amnesia collettiva, pensiero unico, indomito provincialismo. Malato quasi incurabile. Tuttavia al suo capezzale rimane sempre una speranza. Ognuno faccia la sua parte. L’importante è prendere posizione, scendere nell’arengo. Oggi non è il tempus tacendi, non esserci diventa colpevole, una vile complicità, imperdonabile.

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