25 Aprile 2018

Torquemada contro Awanagana. Mengoli sfida la teoria di “Fight Club” e sonda l’insondabile della natura umana

Lo sapevo. “L’ammazzacaffè” della settimana scorsa di Torquemada Mengoli – il sommo moralizzatore dei nostri tempi – ha avuto il solito successo di entusiastico affetto da parte vostra. Era sulle manie degli ultra-quarantenni. Soprattutto degli uomini ma anche delle donne, con le loro Birkin e le loro Kelly di Hermès. Manie sportive per uomini che, pare, hanno smesso di trombare. Manie sportive supercostose, con biciclette in carbonio da 15 mila euro. Manie di possesso: orologi e auto di lusso. E manie di potere: il sesso secondo Harvey Weinstein, il più grande produttore di Hollywood che aveva quasi tutto, quasi.

Lo sapevo. Cosa? Sia del successo per L’ammazzacaffè e sia di Awanagana Mengoli – corsaro dentro e fuori – che avrebbe detto la sua. Come Tyler Durden di Fight Club. Uguale. Con la stessa arroganza intellettuale destabilizzante. Con la stessa forza rivoluzionaria.

Awanagana Mengoli mi fa. “Torquemada Mengoli, sai cosa? Ma fottiti.”

“Perché?” gli chiedo io, con il timore reverenziale che hanno i moralizzatori davanti ai (veri) rivoluzionari.

E lui parte col suo monologo. “Certo, in teoria hai ragione. Anche quando stai benino, benone o benissimo è complicato trovare un equilibrio che ti faccia vivere sereno, è vero. Ma qui – e anche io, come te, intendo tutta la sgangherata e meravigliosa società degli esseri umani – si muore giovani di tumore ai polmoni senza aver mai fumato, si crepa sulle strisce perché qualcuno è tanto in botta da non vederti attraversare la strada e come hai detto bene tu all’inizio dell’ammazzacaffè della settimana scorsa, sempre qui, nella storia, in ogni latitudine-longitudine, è un big bang di contraddizioni. Poverissimi che muoiono di fame, ancora oggi. E ricchissimi che muoiono per il troppo che possiedono, anche domani. Ma qui dovevi fermarti. E non proseguire nel demagogico pistolotto con l’elenco dei paradossi degli uomini – e di alcune donne ­– di una certa età che si fanno prendere la mano da una mania”.

Imperterrito prosegue. “Fai 10 mila chilometri all’anno in bicicletta e stai bene? Hai vinto tu. Ti piace soffrire facendo tanta salita? Se va bene a te, per Dio, va bene anche a me. Davvero hai smesso di trombare? È una tua scelta, contento tu, contenti tutti. Hai pagato la bici da corsa 15 mila euro? Se non hai rimorsi e se quelli della banca non vengono a riprenderla perché non l’hai finita di pagare, io di certo non te la tolgo da sotto il culo e quelli che muoiono in Africa muoiono uguale con o senza i tuoi 15 mila euro. Spendi 700 euro per abbassare ulteriormente il peso della tua bici di 3 etti? Dimmi, con sincerità, sei soddisfatto? Se lo sei, allora lo siamo anche noi. Per alimentare le tue passioni hai fatto sacrifici e pagato rate? Sono soldi e sforzi spesi bene. Senza dimenticare quelli per alcol e mignotte, come diceva il poeta George Best. Hai quattro Rolex e due Patek Philippe? Ti gratificano? Nessuno – se non i ladri-rapinatori (che gli vengano le emorroidi a grappoloni) – te li toglierà dal polso. Hai la Ferrari e la Bentley? Ti senti in pace con te stesso? Fai bene, sei uno degli ultimi rappresentanti del genere umano che può sperperare tutta quella benzina nell’aria. Goditele…”

Allora lo interrompo. “Senti Awanagana Mengoli, però Tyler Durden diceva il contrario: Tu non sei il tuo lavoro, non sei la quantità di soldi che hai in banca, non sei la macchina che guidi, né il contenuto del tuo portafogli, non sei i tuoi vestiti di marca. Sei la canticchiante e danzante merda del mondo!”

E Awanagana Mengoli mi risponde così. “Lo so. Tyler aveva ragione. Ma tu e Tyler dovete rilassarvi. Vivere è già una grana della Madonna. Senza indulgenza è peggio, dammi retta.”

“Invece” gli chiedo “come la metti con il potere del sesso, alla Harvey Weinstein? Quello non lo trovi ignobile?”

Lui. “Se non c’è una pistola puntata, se non c’è costrizione, è sempre dare e avere. Sì, è ignobile ma da parte di entrambi”.

Michele Mengoli

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Gruppo MAGOG