09 Settembre 2020

“Lo scontro, la lotta nella vita è inevitabile contro i servi dell’Impero del Brutto”. Dialogo con Tomaso Kemeny

Il poeta lo riconosci dall’estro con cui disintegra la propria biografia, surfando tra leggende sotterranee, pronto a rovesciare l’incubo in una capriola. “Tamàs Làszlo Sàndor alias Tomaso K, in base a recenti studi, sarebbe nato nel mese di settembre dell’anno 1938, a Budapest. Secondo una saga popolare il giorno auspicato da sua Madre, Edith, fu il 17. E il piccolo, fortunatamente, vide la luce alle ore 17 del 17 settembre. Aveva ancora la bocca sporca di latte, quando sognò che dalla congiunzione del Cielo e della Terra nacque il fiume sacro, il Danubio, di cui si sentiva l’unico discendente”, così attacca, a un certo punto – l’incipit ha al centro “l’anziana lenona, protettrice di lascivie, in grado di fare scorrere a ritroso il Danubio, il Po, il Volga” – la folle autobiografia di Tomaso Kemeny, Tomaso K, poeta fuori tempo, all’avanguardia nel fu, un Torquato Tasso su Alfa Centauri, Per il Lobo d’Oro (Effigie, 2020), forse perfino il suo libro più bello. C’è un ponte sul Danubio bombardato dalla furia nazista, in questo libro, trasfigurato in belva (“il balzo di una tigre enorme con una coda di fuoco riduce il ponte in brandelli che affondano lentamente nel grembo del fiume”), la morte del padre, “caduto in Russia”, “l’Ungheria, mutilata e mortificata per la seconda volta, degradata a colonia dell’unione Sovietica”, l’Italia, Céline, “i mitici protagonisti del calcio magiaro”, la boxe appresa al cospetto di Sugar Ray Robinson (“Da Sugar il ragazzo impara come stabilire un rapporto armonico tra le gambe e i polmoni, sottoponendoli al medesimo grado di sforzo”), il ring, Dylan Thomas, Shakespeare, l’incontro con André Breton, l’Armata Rossa in Ungheria, Don Chisciotte, Amleto… “E Tomaso, con la testa, ha perso la voglia di continuare a scrivere in prosa, così come da bambino ha perso la Transilvania e da grande, a Chicago, ha perso il titolo mondiale dei pesi medi”. Non esiste una “vita da romanzo” – la vita si dice in versi, un incedere per endecasillabi, questa trappola retorica che muta il caos in oro e munge segni dal disguido. Insomma, ho preteso il fatidico Tomaso K. (d.b.)

Come si vive poeticamente?

Per me vivere poeticamente significa assumersi la responsabilità della speranza, speranza intesa come imperativo etico in un contesto che fonda lo sviluppo sull’economia e la finanza. L’abisso del nichilismo contemporaneo, secondo me, è superabile nel trovare ogni giorno il senso implicito alla Bellezza. La mia poetica si fonda sul mito della libertà di pensiero e d’azione fondata su valori estetici.

Cos’è la lotta, la boxe…?

Nella Natura e nella Società il pesce più grande divora il pesce più piccolo. La boxe è la sublimazione estetica della lotta per la sopravvivenza. Lo scontro, la lotta nella vita è inevitabile con i servi dell’Impero del Brutto.

Cos’è la guerra, il Nazismo, l’Unione Sovietica, la contestazione?

I cittadini-servi appoggiano, esaltarono il narcisismo dei dittatori paranoici in preda alla volontà di potenza e della pulsione di morte. I contestatori del ’68, figli della borghesia benestante, in preda a sensi di colpa, miravano a fondare una società secondo le condizioni date e a combattere il conservatorismo di destra e di sinistra dei genitori.

Chi è il poeta che ti ha insegnato di più?

Torquato Tasso per l’armonia sublime dei suoi versi. Ezra Pound per la fedeltà alle proprie idee, giuste o sbagliate che fossero. Gabriele D’Annunzio per il suo inimitabile stile esistenziale. André Breton per il culto della Bellezza Insurrezionale.

Cos’è la poesia, cos’è la vita?

La poesia per me significa assecondare gli eccessi atti a travalicare le frontiere della “Realtà”. La poesia per me è inoltrarsi giorno dopo giorno nei labirinti del sublime. La vita è assecondare le spinte eroiche, erotiche, eretiche; tenersi a distanza di sicurezza dagli stagni della disperazione.

Qual è l’evento che ti ha segnato?

La morte di mio Padre sul fronte russo il 2 aprile del 1942.Pensavo fosse immortale. La sua scomparsa mi ha fatto amare follemente la bellezza fuggitiva della vita.

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