29 Agosto 2019

Atreiu vs. Harry Potter: ovvero, per i 40 anni della “Storia Infinita”

Dire Atreiu vs. Harry Potter di per sé è un anacronismo. La saga di Harry Potter è vecchia di vent’anni, magari la leggessero i nostri figli. Piuttosto, resta un fatto: La Storia Infinita è un libro pieno di meraviglie, l’inno alla potenza della lettura – ieri, come oggi, non si legge, perché leggere è pericoloso, forma individui autonomi, instrada all’anarchia, all’autarchia dei solitari – contro il ghigno della cronaca. Soprattutto, La Storia Infinita ha una scrittura e una struttura – cosa che manca nel ciclo di Harry Potter.

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Al ‘maghetto’ preferisco Atreiu: la posta in palio è più alta, la visione poliedrica, il rischio concreto.

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Due anniversari ci cullano e forniscono il pretesto: Michael Ende, quest’anno, compirebbe 90 anni. Figlio del pittore tedesco Edgar, ha vissuto, dai Settanta, a Genzano di Roma, dove scrive Momo. La Storia Infinita è pubblico il primo settembre del 1979. In Italia esce nel 1981, nella traduzione di Amina Pandolfi – traduttrice coi fiocchi, di Ingeborg Bachmann, Hermann Hesse, Elias Canetti, Goethe, tra gli altri – con gli straordinari capilettera di Antonio Basoli. Come scrive Ende, “Le passioni umane sono una cosa molto misteriosa e per i bambini le cose non stanno diversamente che per i grandi. Coloro che ne vengono colpiti non le sanno spiegare, e coloro che non hanno provato nulla di simile non le possono comprendere”. Ecco. Sognavo di cavalcare al fianco di Atreiu, alla caccia del Bufalo di Porpora.

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Non c’è mai un vieto eroismo: l’eroe è Atreiu e chi legge le avventure di Atreiu nel covo ricavato dal tempo e tu che leggi di lui che legge… L’eroe, nella lettura, è il lettore. Solo leggendo, il verbo che esplode in immagini, siamo intoccabili, irraggiungibili.

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Il romanzo è pieno di nomi. Il primo è alterato. La vetrina della libreria antiquaria di Karl Konrad Koreander – in italiano: Carlo Corrado Coriandoli – dove Bastian Balthasar Bux (Bastiano Baldassarre Bucci) trova – e ruba: dacché ogni tesoro non va chiesto ma rubato, alla chiamata si risponde col furto di una promessa – il libro fatale, La Storia Infinita. L’incipit è la vetrina a contrario, perché il lettore è invitato a spingere la porta della libreria antiquaria, ma anche perché il mondo va a contrario. I nomi sono alfabetici (Atreiu, Carlo, Bastiano…), il rischio è rivelarne l’essenza d’oro, l’assurdo di vento.

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Chi non ha mai sognato di affondare nel libro che sta leggendo? La lettura, nel libro di Ende, è un atto eversivo, contro l’ordinario della scuola, contro la crudeltà dell’uomo. Non è, però, una fuga: il romanzo è circolare ma la fine è un nuovo inizio. Il figlio, che esplora la sua facondia immaginativa, re del proprio mondo, si riconcilia con il padre.

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Nel film, Bastiano deve dare un nome all’Imperatrice, e la nomina come la madre. Nel libro, l’Infanta Imperatrice si chiama “Fiordiluna” e quando Bastiano la nomina (“Mia Fiordiluna!, esclamò Bastiano ancora una volta a voce bassa nell’oscurità. Vengo! Fiordiluna! Sentiva emanare da quel nome una indescrivibile dolcezza e una grande forza consolatrice”), comincia la seconda parte del libro: Fantàsia è salva e ha un nuovo eroe, lui, l’uomo. L’eroe è colui che produce nomi. La storia dell’attrice che ha interpretato l’Infanta Imperatrice nel film, a suo modo epocale, di Wolfgang Petersen – in sala 35 anni fa – pare un simbolo. Nata in Iran da padre scozzese, archeologo, e mamma israeliana, Tami Stronach non ha più praticato il cinema dopo La Storia Infinita, è stata ballerina e coreografa. In qualche modo, è infinitamente indimenticabile.

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Ancora, i nomi. Perduto tra i meandri di Fantàsia, Bastiano diventa “il ragazzo che non aveva più nome”. Sarà Atreiu a ripetere il suo nome, perché “ha dimenticato tutto”, dandogli la vita e la virtù per tornare nel mondo reale. Per questo, La Storia Infinita non è una fuga dalla realtà, lo sballo sbagliato in regni altri. Al contrario, il romanzo coglie due rischi: l’annientamento della facoltà fantastica (inghiottita dal “Profondo Abisso” o dal “Nulla”) che ci permette di non vivere come automi schiavi del Leviatano, ma da liberi individui; l’annientamento di sé in una fantasia che si alimenta della paura, esiliandoci dal presente. Senza sogni si muore, se si sogna troppo ci si uccide. Il cardine è perseguire la “Grande Ricerca”, con ostinata gioia, creatività, scetticismo.

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Queste sottigliezze non sono recepite, va da sé, dal film, La Storia Infinita, che esce all’epoca dell’ubriacatura fantasy e fantascientifica spalancata da George Lucas, prolificata in un putiferio di pellicole, da Dune (1984) a Labyrinth (1986) a Ladyhawke (1985). Importante, all’epoca, è vivere in un altro tempo e in un altro mondo. Oggi è lo stesso. Solo che non abbiamo più fantasia. Lo dimostra proprio il cinema, che recupera gli stessi eroi e i consueti schemi per reiterate pellicole. Il Re Leone è emblematico: filologicamente uguale al cartone animato, ma in forma filmica. Che senso ha? Fa quattrini, ecco. Non si inventa, si ricalca.

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Il cuore del libro è Auryn, l’amuleto con i serpenti che s’intrecciano, mangiando uno la coda dell’altro, come una specie di Uroboro raddoppiato. Non è semplicemente il segno, universale, dell’eterno ritorno e dell’amor fati – che ritorna nelle pagine più alte di Nietzsche come nella bandiera della Reggenza italiana del Carnaro. Sul retro dell’Auryn è inciso, “Fa’ ciò che vuoi”, che richiama alla scelta, a una arbitrarietà del destino. La storia infinitamente si ripete, ma mai uguale, s’inchina alla nostra scelta: sapremo obbedire al compito, a riconoscerlo?

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Michael Ende è morto alla fine di agosto, nel 1995. Alan Cowell firmò sul “New York Times” un ‘coccodrillo’ pubblicato il primo settembre, il giorno dell’uscita de La Storia Infinita. “Come nessun altro scrittore moderno per ragazzi, Ende ha ispirato passioni. Gli studiosi lo hanno definito l’ultimo dei Romantici. I critici lo hanno assalito accusandolo di incoraggiare alla fuga dalla realtà. Le sue opere sono state tradotte in 40 lingue, hanno venduto oltre 20 milioni di copie, rendendolo ricco… I suoi libri sono parabile mitiche della condizione umana, metafora di un viaggio al di là della società moderna senza cuore, in un mondo interiore di cui i bambini detengono la chiave”. Cresciuto tra artisti, attore fallito, affrontò diversi rifiuti editoriali, è cresciuto nelle scuole di Rudolf Steiner.

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Rispetto ai tanti, oziosi, libri imposti a scuola, si torni a praticare l’avventura, insieme, bambini, adulti, ragazzi. Uomini. (d.b.)

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