13 Aprile 2020

“Sento che la vita è cosa strana e futile e io un miserabile peccatore. E finalmente afferro cosa vuol dire essere il personaggio di un romanzo russo”. Un bozzetto inedito di William Somerset Maugham

Quando si dice la prontezza di riflessi. Un tre settimane fa il supplemento letterario online di Times ha esibito una perla grezza di Somerset Maugham in Cina (toh!). Si tratta di un bozzetto ormai di un secolo fa ma comunque affascinante perché non rientrò nel suo libro di viaggio cinese On a Chinese screen: opera uscita nel 1922 e, vorrei insistere, mai tradotta in italiano. Il supplemento letterario di Times ha quindi molto opportunamente messo in giro questo pastello di Maugham, etichettandolo come una “vignetta mai pubblicata e conservata al fondo Beinecke di Yale”. Diciamo che il bozzetto sembra quasi un en plen air impressionista che serve a capire la Cina di un secolo fa percorsa da piloti di nave, affaristi, gente di dogana, tutti occidentali, tutti coi loro vizi d’origine. Aggiungeremo che Maugham era mandato a giro da quelle parti per difendere l’impero inglese ormai sgretolato dopo la Prima guerra. Il nostro era uno scrittore affermato e faceva il lupo solitario in smoking accumulando informazioni su taccuini che sicuramente non sono a Yale e che MI6 non dischiuderà mai visto che sono diventati così leftist da uccidere un’ecatombe di buoi. Ancora una parola letteraria. Per fisicità dei caratteri e dialogato si avverte come Maugham si fosse formato – al pari di Cechov – a teatro. Il tassello in più per capire Maugham è che in questo racconto lui sta impazzendo perché a volte per capire quale informazione è quella giusta bisogna farsi sommergere dalle chiacchiere più svariate ed avariate.

(Andrea Bianchi)
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“Le due storie”. Un bozzetto inedito di William Somerset Maugham

Non puoi evitarle, certe storie. Le trovi quando entri in Cina al bar dello Shangai Club, e la signora del nostro padre pastore li mormora nell’orecchio dell’ufficiale alla cena di gala a Pechino. Al confine con la Mongolia, prima di entrare negli uffici delle nostre fabbriche di tabacco, il secondo cocktail comprende una di queste storie. Le ascolti quando bevi il tè all’Hankow Race Club, e il commissario al posto di blocco all’Upper Yang-tze te le racconta la prima sera che lo incontri, quando ti offre il suo vecchio brandy. Il cameriere elegante sparato che viaggia a bordo dello steamer te le dirà mentre aspetti che il cargo arrivi in tempo e il capo del porto quando ti offre whisky e soda al Custom’s Club mentre stanno per spedire al console il pacco di incartamenti della nave, e il capo del porto te le dice proprio nel dettaglio mentre ti fai la partita a biliardo con lui. Le ascolti dal missionario che hai incontrato per caso in una città cinese di cui è l’unico cittadino bianco e il console le recita con gusto durante le marce in Tibet. L’ingegnere scozzese mentre va da Amoy a Zoochow rompe un ostinato silenzio per dirtele nel dettaglio tecnico e il capitano della nave che usi per navigare sul Fiume di Perla ti attacca un bottone con queste storie prima che tu abbia fatto colazione. Quando vai a casa ti informano che non puoi lasciare Hong Kong senza averne sentita una. Sono inevitabili come il fato.
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La prima volta sopporto con determinazione. È un motto di spirito che racconta di come un giapponese che voleva costruire una nave da crociera si fosse candidato per una compagnia di costruttori navali e disegnatori. I costruttori, che sapevano poco dei loro piccoli fratelli giapponesi, mandarono i progetti con un errore, così che quando gli furono riconsegnati risultarono troppo costosi per essere effettuati e il giapponese che aveva seguito le loro disposizioni aveva costruito la nave col loro sistema di misurazione in iarde: la nave risultava troppo pesante per sostenersi. Occorsero delle modifiche costose e la parte finale del cargo andava riempita con zavorre di cemento ed era parimenti impossibile adoperarla. Questa storia la si può ripetere in mille varianti. È qui che incomincia un sottile divertimento. L’americano la racconterà in un modo e lo scozzese in un altro. Puoi fare piccoli studi di carattere a partire dal modo in cui le più diverse persone ti raccontano la stessa storia. Né occorre altro che mostrare un sorriso e uno sguardo interessato perché il tizio arrivi alla fine della frase.

Ma c’è un altro motto di spirito che circola e che ogni volta mi preoccupa. Quando sento che sta per arrivare e potrebbe farlo per mille sentieri diversi io perdo la testa. Incomincio a fare questo e quello. Mi dimeno come un uccello catturato nella rete. Sento che la vita è cosa strana e futile e io un miserabile peccatore. E finalmente afferro cosa vuol dire essere il personaggio di un romanzo russo: mia moglie mi inganna, i miei bambini sono spediti per sempre in un bagno penale, la ciminiera continua a fumare e i miei stivali hanno bisogno di essere risuolati.

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C’è sempre un tipo pomposo che scende al porto la mattina presto a fare la sua uscita e trova il suo testimone e gli recita il salmo 95 come fosse un motto di spirito: suo è il mare e lui l’ha creato. Sorvolo su questi personaggi ma esistono davvero. Il tipo pomposo era un diplomatico e le domande quel giorno dovevano portarlo alla frase fatale “parlando di diplomazia, mi chiedevo se ha mai sentito nominare il Tizio tal dei tali… Era all’ambasciata. Un giorno che eravamo in spiaggia…”. E quando avverte che il suo interlocutore, la sua vittima, è un banchiere, gli domanda se conosca Caio che lavorava in banca e di qui passa a parlare di cambio tassi e poi di stabilimenti balneari e come sempre, si arriva a parlare del clima.

Ci hanno insegnato che l’uomo ha sviluppato il suo ingegnoso cervello per soddisfare i suoi desideri ed è certo che non ha un desiderio altrettanto urgente di quello che gli rende così impellente il racconto della sua storia. Il trucco demoniaco di cui si servirà per realizzare questa opportunità è impressionante e, a maggior ragione, non vi dà pace.

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E passiamo alla seconda storia. È tutta tesa verso la citazione finale che deve esser pronunciata in modo esatto altrimenti è tutto perduto. Mi preparo a ridere ma sento che i muscoli sono paralizzati e quando arriva il momento giusto sono consapevole della mia smorfia. La mia risata non risuona. Vorrei essere serio come uno scozzese così da avere una scusa per restare impassibile. Il narratore mi guarda con rapido sospetto.

“Forse non ha sentito?”. “Invero”, rispondo con tono empatico. E ride in tono soddisfatto, quieto. “Davvero carina vero?”. E per esser certo che abbia colto la battuta me la ripete. “Suo è il mare e lui l’ha creato”. “Di prima classe”, rispondo grato di non avere con me un’arma da fuoco. Ma a volte l’altro si adira che io non abbia sentito. “Pensavo che l’avesse già sentita a Pechino questa storia. Non deve aver incontrato poi così tante persone laggiù”. Sento che la sua stima nei miei confronti è scesa parecchio. Non ho altro da dire, solo vorrei tanto portare anch’io un’arma da fuoco.

William Somerset Maugham

*traduzione di Andrea Bianchi 

**In copertina: William Somerset Maugham fotografato da Avedon

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