11 Agosto 2018

Se dall’armadio sbuca Vittorio Gassman… Andrea Rezzonico ha scritto un libro d’invidiabile leggerezza, che guarda a Woody Allen. Da leggere a Ferragosto

Il problema di molti autori profondi è di essere terribilmente tediosi, per non dire una rottura di palle. Naturalmente, queste sono cose che nessun lettore accorto ammetterà mai in pubblico, pena l’immediata defenestrazione dal consesso letterario nazionale. È un po’ come dir male di un uomo di colore, o di un rom: si viene subito etichettati come razzisti. In sostanza, ci sono scrittori che non si possono criticare e chi lo fa è un uomo morto, un ignorante, un somaro, eccetera eccetera. Certo, stabilire che esistano degli intoccabili non è mai una manifestazione di intelligenza… e, infatti, il grosso dei lettori è tutto fuorché dotato di un cervello. Introietta i giudizi accademici come il villano a suo tempo le omelie del prete. In tal senso la scuola non aiuta, se non a propagandare quanto stabilito ai piani alti. Quindi, spetta al singolo, autonomamente, il compito di formarsi un pensiero critico, anche perché difficilmente una laurea potrà fornirglielo.

Una cosa comunque è certa: se alcuni autori particolarmente profondi sono pallosi, tutti quelli che non lo sono, ma si atteggiano come tali, sono insostenibili. Prendete uno stregato a caso e Dostoevskij. Il primo, forse perché ubriaco di quell’indigeribile liquore, dà vita a trame improbabili per non dire scioccamente assurde. Il russo invece è straordinariamente realista – ammesso che questa parola abbia ancora un senso – e, al contempo, sempre molto attento nella sua indagine sull’animo umano. In sintesi, uno inscena la profondità mentre l’altro la dimostra.

È proprio per questi motivi che non si può che provare simpatia per un autore come Andrea Rezzonico e per il suo ultimo romanzo, Gassman nell’armadio, uscito di recente per Il Clown Bianco – casa editrice di cui vi consigliamo caldamente una scorsa al catalogo. Lo scrittore in questione ha il grande pregio di non darsi arie da guru della narrativa nazionale. Non promette di svelare un qualche segreto sull’Essere e il Nulla. Non è persuaso di aver scritto il grande romanzo italiano. Non avanza possibili soluzioni al problema della Crisi, alla disoccupazione, all’italico scempio. Non fa i conti con la storia del nostro paese. Insomma, leggerlo è un sollievo. A lui va tutta la nostra gratitudine per averci risparmiato il consueto sermone.

RezzonicoDetto ciò, cos’ha questo libro per meritare di essere letto, pur non avendo l’ambizione di divenire un classico? La leggerezza. Una leggerezza da intendersi non come superficialità, ma come voglia di far ridere in modo intelligente percorrendo l’impervia strada della commedia – territorio che, non per niente, quasi nessuno in Italia si avventura a esplorare, essendo tutti così pervasi da un ottuso spirito di serietà.

Animato da simili intenti, Rezzonico sceglie di raccontarci la storia di Achille Rodari, “maschio, quasi ventenne, celibe. E vergine, qualora non fosse ancora chiaro”. Un ragazzo normale, insomma, senza doti particolari, se non quella di non voler essere a tutti i costi un personaggio sopra le righe. Allo stesso tempo, però, nella sua vita così ordinaria, quei vent’anni che “sono l’età più bella, per chi non li ha”, si verifica un evento del tutto straordinario. Di punto in bianco, durante un temporale notturno, dall’armadio sbuca il suo idolo, Vittorio Gassman. O meglio si tratta di un Gassman che, nel susseguirsi della storia, interpreterà alcuni tra i ruoli per cui è diventato maggiormente celebre, da Il sorpasso a L’armata Brancaleone. Di volta in volta, pertanto, anche il suo eloquio passerà – e ciò è reso in modo mirabile dalla penna dello scrittore – dal romanesco più burino al linguaggio arcaico del Medioevo. Ma perché questo escamotage di ridare vita letteraria al noto attore? Molto semplicemente, per fornire quello che oggi si chiamerebbe un “supporto psicologico e morale” a un personaggio irresoluto e timido. Chi ha un po’ di conoscenza cinematografica subito individuerà la matrice di Rezzonico, ovvero il mitico Woody Allen di Provaci ancora Sam. Lì era Bogart a fare i suoi ingressi mirati in scena per dare coraggio al protagonista afflitto da mille fisime e complessi nel rapporto con le donne. La situazione in Gassman nell’armadio è affine. Qui abbiamo a che fare con una donna apparentemente bella e impossibile che Achille sogna di conquistare.

Non volendo comunque spoilerare eccessivamente – perché questo non è un metaromanzo, ma un romanzo in cui la storia ha una sua importanzabasti sapere che il testo possiede il gran pregio di una prosa scorrevole e senza intoppi, ed è privo di avvitamenti e pesantezze inutili. Rezzonico dimostra inoltre grande inventiva, senso del ritmo e notevoli capacità nella creazione della struttura narrativa. Le scene si susseguono con naturalezza e ogni capitolo è scritto in modo tale da spingere il lettore a voler sapere cosa accadrà nel successivo.

Non mancano neppure i contenuti che, al di là dell’ironia di derivazione alleniana, potrebbero essere assimilati a quelli di un Andrea De Carlo in Due di due. La filosofia del testo in estrema sintesi sembra essere “bisogna sempre provarci e mai lasciarsi semplicemente vivere”. Se vogliamo si tratta di una verità anche molto scontata ma, se guarderete alla vostra vita e a quella dei vostri amici più cari, capirete che forse repetita iuvant. Solo che De Carlo giunge a conclusioni simili dopo un intricato percorso di quattrocento pagine e raccontando la post adolescenza con toni biblici, a tratti fastidiosamente epici. Rezzonico, invece, ha la bontà di farci uno sconto di pena e di dire molto umilmente “sarà anche banale, ma io non ci avevo mai pensato”.

Un libro da leggere a Ferragosto, soprattutto se non vi hanno invitato ad alcuna festa, eppure in cuor vostro sapete di avere anche voi qualcosa di speciale.

Matteo Fais

 

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