17 Novembre 2020

Tanti auguri Martin! Da “Taxi Driver” a “Silence”, i 5 film più belli di Scorsese (e perdonateci se non abbiamo nominato tutti gli altri)

È possibile distillare il genio, ridurlo a essenza e disfarsi del corpo?

Se si tratta di, in particolare di Martin Scorsese, e del suo, di genio – l’esperimento diventa possibile? Difficilmente possibile.

Ma se si potesse, cosa rimarrebbe? Tracce di Kubrick liquido, granuli di Hitchcock, densità viscosa e pervasiva di Neorealismo Italiano, cromie intense tipiche del technicolor, conturbanti storie raccontate sul filo dell’Iperrealismo.

Un siero potente, vivido, letale.

Ridurlo a un trittico di aggettivi annaffiati da una bevanda pare riduttivo. Ma S. è anche questo.

Tenero ragazzo timido del Queens, asmatico e religioso, devoto e trasgressore, osservatore e giudice.

Giudice sì, giudice. Perché se potenza, vividezza, violenza sono l’inconscio dell’artista, la sua parte conscia si sublima nel giudizio di Dio sull’uomo: la scelta. Dunque la colpa.

Tutto (o molto, suvvia, non vogliamo essere dogmatici) in S. corre sul crinale dell’eversione emotiva, sul singulto nato da un gesto feroce, feroce quanto naturale, istintivo e, infine, profondamente necessario.

Non me ne vogliano i lettori, ma non si può parlare di film – non in questo caso. Poiché molto si può ridurre ma non queste pellicole. Sono affreschi dinamici, libri da guardare, serie di tele.

Sono lo scontro totale dell’uomo con la sua parte più oscura, temibile, naturale e dimenticata.

Su questo foglio di carta vogliamo scrivere i titoli di quelli che sono, in un modesto parere che rifugge l’obbiettività come fosse una pandemia, i film che hanno costruito il mito di un artista infinito.

Auguri Martin Scorsese.

*

Mean streets Niente è più puro della prima vera opera. Puro, ma come un diamante da lavorare, Mean Streets rivela al mondo chi questo giovane artista sia. Nella New York degli anni ’60 e ’70 vista da S. passa tutto: i Rolling Stones, la mala Italiana, il rapporto con Dio e la colpa, il male necessario, il ruolo del perdono e della pazienza. Bibbia e crimine organizzato si incrociano in un abbraccio soffocante dove tragica disperazione e ingenuità giovanile dovranno per forza incontrarsi.

Taxi driver La tensione intestina ai personaggi di S. qui raggiunge l’apice in maniera vertiginosa. Se 3 anni prima, per Mean streets, S. era ancora in pantaloncini, beh, qui ha dimostrato la sua crescita artistica in maniera totale. Il personaggio di Travis Bickle è la summa di tutte le tensioni di S. Quella, ad esempio, sociale, quella individuale, quasi come farsa quella politica. La più interessante, probabilmente, però è quella escatologica che si sostituisce a quella religiosa. In questo trinomio verticale, individuo-società-eternità c’è tutto il malessere, l’inconciliabile dell’universo mondo. Ogni parola, ogni sguardo di Travis trasuda terrore e disperazione: in confronto, l’ultima scena è una liberazione, un orgasmo di sangue e morte.

L’età dell’Innocenza Potrà non scorrere nemmeno una lacrima di sangue ma questo rimane il film più violento della filmografia di S.Daniel Day lewis, forse l’attore più cangiante e meticoloso degli ultimi trent’anni, e Michelle Pfeiffer sono inarrivabili in questo dramma romantico. Scorsese ci porta fuori dai suoi canoni, oltretutto nel bel mezzo del quinquennio che regalerà due capolavori di genere come Quei bravi ragazzi e Casino, con questa storia di amore e tempesta. Le ferree regole dell’aristocrazia newyorkese costringono due amanti a lacerarsi.

The Departed Il film più schematico tra quelli colti dalla poetica di S. Qui il dramma, la tensione e il conflitto, vengono manifestati attraverso due figure contrapposte, Billy Costigan e Colin Sullivan, anziché lasciate a sedimentare nell’abisso dell’uomo. La tensione interna dei o del protagonista, emergendo, rende l’opera più visiva, “filmica”. Il risultato è una straordinaria pellicola, un tour de force di emozioni a costante vivacità. Rispetto ai suoi film precedenti, perde (per scelta, presumibilmente) quella componente intestina, profondamente abissale, traccia più nota della sua poetica. Al contrario, il film gli vale la prima statuetta degli Academy.

Silence Forse il più sentito tra i film diretti da S., dalla gestazione pressoché infinita. I produttori non vedevano un fine economico nel film (e forse neppure S. ma che gliene fregava a lui?) dunque, perché farlo? Beh, alla fine la spuntò S., e il film venne prodotto, anche se il risultato fu in perdita al botteghino. L’opera, un kolossal da quasi 3 ore, riflette sul rapporto dell’uomo con Dio, per essere più precisi, con il suo silenzio. Straziante, torturante, ipnotico e ascetico è il dessert dell’Epica di S.

Jonathan Grassi

PS l’autore si scusa per aver lasciato fuori dalla lista ogni altro singolo film di Scorsese. Il colore dei soldi, Quei bravi ragazzi, L’ultima tentazione di Cristo, Casino, Gangs of New York, The Aviator, Toro Scatenato… ah, due parole proprio su questo: è possibile scrivere un film con l’ingegno di Dostoevskij e la prosa di Tolstoj?

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