15 Novembre 2017

Saramago & Amado: quella ossessione per il Premio Nobel nella terza età

Chissà cosa si scriveranno due tra i più alti protagonisti del romanzo del secolo scorso, di sempre? Ora lo sappiamo. Di premi. Già. Nonostante lo sfoggio di modestia, alla fine, lo scrittore mira a quello. All’applauso tonante. Al premio tonitruante. Veniamo al fatto, che è poi un libro. Alla Fondazione José Saramago si è presentato, con la pompa istituzionale che merita, il carteggio tra Jorge Amado e José Saramago, dal titolo Con o mar por meio. Una amizade em cartas. I due, le cui date di nascita e morte sembrano dettare un arabesco sul corpo del caso (1912-2001 Amado; 1912-2010 Saramago), si sono scritti già anziani, per cinque anni, dal 1992 al 1997. Si parla, come si dice, di due ‘pesi massimi’ della letteratura del Novecento: Amado è il grande scrittore brasiliano di Gabriella, garofano e cannella e di Dona Flor e i suoi due amanti; Saramago è il geniale scrittore portoghese di Storia dell’assedio di Lisbona, Il Vangelo secondo Gesù Cristo, Cecità. libro amado saramagoParte del materiale pubblicato proviene dalla fondazione Casa de Jorge Amado: 70mila lettere, accumulate dal 1930 al 1998, con personaggi come Pablo Neruda, Jorge Guillén, Carlos Drummond de Andrade, insomma, una tesoreria per bibliomani. Bene. Cosa si scrivono i due artefici del romanzo in lingua portoghese? Che vogliono il Premio Nobel. E che gli svedesi sono dei cretini, “non c’è niente da fare, non gli andiamo a genio”, scrive Saramago, “non piace la lingua portoghese, non amano la letteratura che si sente, si pensa e si scrive in portoghese. E non hanno neppure la capacità di raggiungere le altezze di uno scrittore come Jorge Amado, per non parlare dei più miseri, in cui mi inserisce con insistenza la voce pubblica. Dobbiamo imparare a non attenderci nulla da Stoccolma. L’esperienza di ingiustizia a cui sei soggetto da anni deve convincerti a scrollarti di dosso questa continua provocazione svedese”. In quegli anni il Premio Nobel casca a Seamus Heaney e a Wislawa Szymborska, teste di serie della poesia occidentale. Il terrore di Saramago è che a vincere il Nobel sia Lobo Antunes, “da anni dice che il suo obbiettivo è il Nobel”. I due si scrivono via fax, senza lesinare in sketch (così Amado: “Il nostro fax di Bahia si è incendiato, domenica. Fu uno spettacolo affascinante: il fax sembrava un vulcano; basti dire che, a causa sua, elettricisti esperti hanno messo fuori uso tre televisori, la segreteria elettronica, i computer e i giochi elettronici di mio nipote, una catastrofe…”). Ad ogni modo, la vicenda, raccontata da El Pais in un articolo approfondito (Las cartas en que Jorge Amado y José Saramago suspiraban por el Nobel), ha un lieto fine. Il rapporto epistolare tra i romanzieri s’interrompe nel 1997 – l’anno in cui il Nobel va a Dario Fo. Semicieco, malato, Amado cade in una cupa depressione, che durerà fino alla morte. “Ma l’8 ottobre del 1998 accadde qualcosa di straordinario”, racconta la figlia di Amado. Saramago ottiene l’agognato Premio Nobel per la letteratura. Il patriarca della letteratura brasiliana sobbalza. “Come se fosse un trucco di magia, un miracolo lusitano-svedese, Jorge si alzò dalla sedia, chiamò Paloma e gli dettò un messaggio al computer”. L’ultima lettera all’amico Saramago. Di congratulazioni. Almeno uno dei due ce l’aveva fatta.

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