20 Maggio 2019

Romina Falconi, la cantautrice psico-pop che passeggia sul ciglio dell’abisso e cita Pavese, Montherlant, Nietzsche (e se stessa). Intervista con gioco

“A chi, mentre cade rovinosamente, chiede scusa”. Esistono persone così, e a loro è dedicato Biondologia, il nuovo album di Romina Falconi, da lei stessa definito “una mappa psico-emozionale di tutti gli schiaffi della vita”. Romina è un’artista che il suo pubblico se l’è sudato: nata a Torpignattara, un quartiere popolare di Roma, ha fatto gavetta nei piano bar e tentato anche la strada di Sanremo e X Factor, ma era già troppo sé stessa per venire incanalata nel mainstream. Poi l’incontro con Immanuel Casto, il geniale inventore del porno groove, che nei duetti con lei diventa persino eterosessuale, ha iniziato a darle popolarità. Da solista se ne discosta, trova uno stile personale, ma ironia e sensualità rimangono il suo marchio.

Cosa significa “Biondologia”? È una scienza? Un reparto psichiatrico? Forse entrambe le cose. “L’arte di passeggiare con disinvoltura sul ciglio di un abisso”, recita il sottotitolo. L’essere bionda dentro, sorridendo a chi scambia la leggerezza per stupidità. Anche perché nel caso di Romina l’intelligenza è palpabile. È in ogni gesto, in ogni parola, a volte anche tagliente, quasi corrosiva. Nei testi è spesso politicamente scorretta, non nasconde la rabbia verso l’uomo che l’ha ferita, augurandogli la morte, offendendone addirittura la madre, non si fa scrupoli nel tentare di rubarlo all’altra, né di chiamare “cozza” o “barbie mignotta” la rivale in amore, e altrettanto è dura nel darsi della cretina, della fallita, senza alcuna pietà verso sé stessa. Sembra dirci che abbiamo diritto a tutti i sentimenti, anche a quelli negativi.

Romina è una coincidenza di opposti, nella sua persona come nell’arte. Sicura e sensuale sul palco, quando parla rivela i tratti della timidezza. È insieme raffinata e popolare, colta e sboccata, struggente e disincantata, disperata e ironica. E, pur essendo decisamente bella, i suoi amori sono tutti disastrosi. Esprime quell’eterno senso di inadeguatezza che è tipico delle persone che non ne avrebbero alcun motivo. Per usare una nota citazione di Walt Whitman, si potrebbe dire che contiene moltitudini, ma ancor più mi ricorda un’espressione del greco antico, usata da Euripide nell’Alcesti, “dakruoengelasai”, sorridere tra le lacrime.

In Biondologia troviamo un pop raffinato e accattivante, ma quel che più di tutto emerge è la potenza della scrittura. Oltre alle canzoni, anche il libretto che le accompagna è una vera e propria miniera da esplorare, in cui Romina mescola citazioni dei grandi della letteratura a conversazioni con le amiche al telefono e perle di saggezza di sua nonna Agata. Fino ai ringraziamenti finali, tra cui il più sentito, “agli schiaffi che ho preso”. Ognuna delle dodici tracce racconta uno stato emotivo, con una voce narrante che potrebbe essere quella del paziente dall’analista: non vuole aver ragione né essere giudicato, ma soltanto sentirsi un po’ meglio. Con Romina ho voluto fare un gioco: per ognuna delle dodici canzoni, io ho detto il mio verso preferito, lei il riferimento, letterario o meno, che gliel’ha ispirata.

Poesia nera è il rimorso, affronta il lato oscuro che è in ognuno di noi. Il verso: “crudele è l’innocenza, che uccide solo chi l’ha persa”.

“Non fidarti delle donne quando ammettono il male” (C. Pavese)

Le 5 fasi del dolore è il percorso del modello di Elisabeth Kubler-Rossdal rifiuto all’accettazione. Il verso: come sbatto la porta io, come sbatto la porta bene, però poi resto lì dietro, sola ad aspettare te. A me ricorda la Mina di L’ultimo gesto del clown, che quando attaccata al telefono implora “fa che sia lui”.

“Viva chi mi abbandona! Mi ridà a me stesso” (H. de Montherlant). Ma nelle frasi più grottesche anche la genuinità del signor Carunchio in Travolti da un insolito destino!

Vuoi l’amante è la dipendenza affettiva, l’incapacità di fare a meno di una persona. Mi fa pensare a un’altra grande interprete, Mia Martini in Minuetto, ma al suo amore incondizionato aggiungi la rabbia e l’ironia. Il verso: “mi dicevi sei speciale, ma poi vuoi quella normale”.

“Ma il peggiore nemico che puoi incontrare sarai sempre tu per te stesso” (F. Nietzsche). E la giovane Anna Magnani in Mamma Roma, mentre scrivevo pensavo proprio a quel personaggio.

 Troppo tardi è il rimpianto, la tristezza di coloro che pur amandosi ancora non si cercano. Il verso: “che aspettiamo non si sa per non essere lontani, aspettiamo di trovarci forse un giorno al centro anziani”.

“L’essere umano più miserabile del mondo è quello che vive nell’indecisione” (W. James). E Massimo Troisi in Pensavo fosse amore invece era un calesse, quell’orgoglio, il bisogno d’amore e al tempo stesso la solitudine.

Latte+ è il desiderio e forse la canzone più sensuale dell’album. Parla di una donna che si lascia andare ai sensi senza remore, ma al risveglio era solo un sogno. Fa pensare che noi della generazione Sex and the city, alla fine, a fare solo sesso come gli uomini non abbiamo mai imparato, se non nella fantasia. Il verso: “e non so se te l’ho già detto, so stringerti dentro”.

“Devi perdere il tuo senso del pudore nell’istante in cui mi pensi” (G. D’annunzio, Il piacere) e tutto Storia di una passione, le lettere di Anais Nin e Henry Miller.

 Cadono saponette è il pessimismo in amore: se uno sembra perfetto, qualcosa deve avere da nascondere, minimo un figlio illegittimo. Il verso: “giuro sarò più ottimista di così, ma come con la dieta inizio lunedì”.

“La differenza tra l’ottimista e il pessimista è che il pessimista l’ha presa in culo prima”. Di chi sarà questa citazione? È mia! Questa canzone è davvero ispirata alla mia vita, che altro dire?

Sei mejo te è l’egocentrismo, parla ai criticoni, quelli che ne sanno sempre più degli altri. Sbaglio o nasce da una conversazione reale con un tuo amico? Il verso: “c’è chi finge una vita perfetta e ha gli occhi pieni di luce ed invece io c’ho gli occhi di Cristo anche se sono felice”.

Questa canzone nasce da uno scambio di messaggi vocali tra me e il mio amico Roberto Recchioni, lui è autore e curatore di Dylan Dog ma fa anche un sacco di altre cose. Ma quelle parole le immagino anche dette da Aldo Fabrizi e dalla Sora Lella. Se fosse un film e se fossimo negli anni ’70 chiederei a Monicelli di dirigerlo.

Tienimi ancora è la paura d’amare. E mi torna di nuovo in mente Mina, questa volta con Bugiardo e incosciente. Il verso: “abbandonarmi a te non mi va per niente ma ho il corpo pieno delle tue impronte”.

“Non ho paura della morte ma dell’amore” (Alda Merini). È una lettera che nasce per non essere consegnata.

Sex tape è l’esibizionismo e tratta un tema molto attuale, per il quale si sta muovendo anche la legge: il revenge porn. Il verso: “rovinami tutta ma attento al trucco, un sex tape è per sempre”.

Ho pensato alle popstar americane, tipo Madonna, ma l’epilogo è fallimentare. Mi piaceva l’idea di un contrasto, l’esibizionismo mixato alla goffaggine. Ma di farsi fare un sex tape non lo consiglio.

Ringrazia che sono una signora è la rabbia, e qui sei arrabbiata davvero! Il verso: “mi incazzo come un’ape, ti buco tutte le ruote”. Ci vedo la piccola ape furibonda di Alda Merini, o forse inizio a cercare citazioni anche dove non ce ne sono?

C’è quella e ce ne sono anche tante altre qui di rabbie, c’è Tarantino, c’è Il canzoniere della morte di S. Toma, ma più di tutto quella di Sorrentino in Hanno tutti ragione: “La rissa è oggettivamente una cosa meravigliosa”.

Ci vediamo presto è il lutto, il dolore per la scomparsa di una persona cara, e forse la traccia più seria e triste dell’album. Il verso: “ho messo in conto la tua assenza, non mi vedo più intatta, adesso miro alla banalità”.

C’è ancora la tristezza di Pavese, ma la vera musa è mio fratello che non c’è più.

Buona vita arrivederci è la rinascita, ma soprattutto una rottura con il passato, in cui mandi al diavolo chi ti ha fatto del male: un padre, un’amica, un ex. Il verso: “buona vita arrivederci a chi va via e mi libera per sempre”.

Ho pensato di salutare per sempre le figure importanti della mia vita che non mi hanno fatto bene. La lettera di addio di Pavese mi è stata di grande ispirazione. “Perdono tutti e a tutti chiedo perdono. Non fate troppi pettegolezzi”. Ma anche una frase di Eleonora Duse su Gabriele D’Annunzio. “Gli perdono di avermi sfruttata, rovinata, umiliata. Gli perdono tutto perché ho amato”.

Intervista di Viviana Viviani

Editing di Matteo Fais

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