22 Agosto 2018

Quando piove al mare, piove sempre sul bagnato, ovvero: antropologia della vita da spiaggia (se Sartre avesse scritto da un arenile sardo, la nausea lo avrebbe schiantato…)

Con il solito culo che ho io, figurarsi se non si mettono vicino a me sei stronzetti in vena di fare casino. Oramai li fiuto a distanza. Arrivano come i barbari alle porte di un paese civilizzato. Urlano, strepitano, sono terribilmente felici. Beati loro, li invidio. Io non mi sento così neppure dopo due bottiglie di rosso, ma di quello pesante. A vederli mi viene anche da chiedermi se realmente lo Stato controlli l’effettiva adempienza dell’obbligo scolastico fino a una certa età. Una cosa è certa, comunque: se a scuola ci sono andati, non è servito loro per entrare a far parte del consesso umano. Le scimmie che si arrampicano sugli alberi, o le gazzelle in fuga dai leoni, fanno meno casino. Ma la riprova ultima del fatto che non sono stati minimamente sfiorati dallo spirito della civiltà è dato dal fatto che arrivano con una di queste casse wireless da cui, incuranti della gente intorno, diffondono musica rap a tutto volume. A volte, in preda all’euforia, si lasciano andare al canto con risultati in cui la commedia si contende la scena con la volgarità.

A ogni modo, non è che il resto della gente sia meglio. Neppure il maltempo li ha scoraggiati, santo cielo. Ce ne sono che, pur di poter dire di essersi “goduti il mare” – neanche fosse una troia a ore – stanno in spiaggia anche con l’ombrello. Dall’umanità, a quanto pare, non si può trovare scampo. In ogni caso, la spiaggia possiede un aspetto per cui vale la pena frequentarla: è un osservatorio antropologico senza pari. Se Sartre avesse scritto, invece che da un bistrot a Parigi, da un qualsiasi arenile sardo, credo che la nausea l’avrebbe pervaso a un livello tale da impedirgli di usare la penna. Gli sarebbe bastato sentire i discorsi tra gli ombrelloni, per una mezz’oretta. In effetti, ti assale lo sconforto. In alcuni casi potrebbe addirittura sopraggiungere la depressione. Ho avvertito involontariamente un qualche scambio tra bagnanti. Una signora e una ragazza hanno discusso per circa trenta minuti del costume di quella più vecchia. Potrà non sembrare, ma ci vuole arte per conversare non intorno, ma proprio del nulla, per tanto tempo. Io non ci riuscirei. Quasi le ammiravo con disgusto.

Alla fine, sperando di non sentire più nessuno, mi sono buttato in mare – forse, inconsciamente, sperando di affogare. Niente da fare. È iniziata la pioggia. Che culo! Ma il vero fulmine a ciel sereno è stata una vecchia signora che mi ha guardato e cercando conferme mi ha chiesto: “Ma che dice, ragazzo, piove?”. “Pare di sì, e sempre sul bagnato”.

Matteo Fais

 

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