14 Giugno 2020

...ma dove sono i poeti veri, capaci di gesti eroici, impossibili, che con una sferzata di versi renderebbero viva almeno per un istante la vita di qualcun altro?

Tantissimi anni fa, pensando al poeta che sarei diventato (ma che in realtà continuo quasi ad insaputa a divenire), sognai di essere sepolto alla mia morte nel piccolissimo cimitero di Gressoney. Non è strano per un poeta pensare alla morte. Sarebbe ancor più strano, a pensarci bene, che il poeta non venga affatto pensato, se non addirittura che venga letteralmente cancellato nel corso della sua esistenza; per non dire, nientemeno, dopo la sua dipartita. Se lo scrivo, è perché sono stato molto colpito dall’articolo uscito su Pangea lo scorso due giugno, riguardante il “piccolo discorso sul corpo scomparso del poeta”.

Credo che mai come oggi una nazione ‒ qualsiasi nazione ‒ abbia bisogno di poeti veri, capaci di gesti eroici, impossibili e altruistici, la cui parola data e scritta valga ancora quale segno di rispetto nei confronti di chiunque altro s’incontri sulla propria strada; poeti privilegiati dal fato, ma annientati dal potere e dal contemporaneo, che con una sferzata di versi renderebbero viva almeno per un istante la vita appunto di qualcun altro. Poiché d’istanti e microliti è fatta l’esistenza: di quei frammenti a costituire gli attimi incredibili e imperscrutabili degli occhi del poeta, atti a fiammeggiare nell’avvenire delle sere immortali di nuovi ragazzi e ragazze pronti a dire sì alla poesia, che nulla dà, se non l’eterno istante del sovvertimento umano di un cuore sempre più spesso bisognoso di cura e attenzione. Già. Ma forse non basterebbe. La storia lo insegna. La storia si ripete.

Come veniva ricordato nell’articolo, Pier Paolo, Dino, la mia amatissima Anna, Boris, furono trattati, persino dopo la morte, con disprezzo, contrariamente ai loro desideri. Per non parlare di Paul Celan, e di tutti quegli altri grandi uomini che sparirono per giorni nell’atto di morire, per forse divenire irriconoscibili come i poeti che erano stati in vita. Quasi a confermare l’artefatto destino di chi, vocato a un compito, debba per forza di cose essere inevitabilmente abbattuto. Lo stesso accadde a Marina: la sua tomba ad Elabuga non esiste, o all’imaginifico Bruno spazzato via senza alcun motivo da un colpo di pistola. Lo stesso succede a Simone Cattaneo, nonostante i nostri sforzi di farne memoria. Poiché restiamo noi, poeti fuori controllo, a rendere sempre pericolosa la parola, che invece e oltretutto dovrebbe illuminare e salvare dall’ignoto che avanza.

Quindi, a ripensarci, vorrei quasi per davvero venir sepolto un giorno in quel cimitero sperduto di montagna, sapendo che quando cadrà la neve la mia tomba sarà uguale a quella di tutti gli altri ‒ irriconoscibile ‒, e tutti ci assomiglieremo. Vorrei persino, visto che so osare, essere sepolto accanto alla mia musa; non di meno sapendo che, il mio, è soltanto un desiderio sottaciuto dalla Storia.

Giorgio Anelli

Gruppo MAGOG