30 Novembre 2020

“Ma gli occhi che ama Paul Celan li hanno bruciati e divisi. La luce che emanano è nera di cenere”

Aprendo a caso il ‘Meridiano’ di Paul Celan ‒ che non è il Discorso in occasione del conferimento del premio Georg Büchner, bensì il mitico tomo contenente tutte le sue poesie, edito da Mondadori ‒ m’imbatto e m’incanto davanti a questi splendidi versi

TENENDO IN BRACCIO

i tuoi occhi,

e non posso far altro che stupire. Perché, di fronte a una mia piccola interpretazione rispetto al significato reale ed enigmatico che il poeta intendeva dare a questa sua poesia, io mi ritrovo, lettore del futuro, probabilmente ad intendere tutt’altro. Eppure, quest’altro, dà adito all’amore, innesca nuova vita. È davvero linfa, fresca acqua che scorre.

Più si legge Celan, maggiormente ci si addentra in un mistero. Non di meno, egli ha conosciuto quella morte che ha voluto dapprima fronteggiare con la stessa lingua dei suoi aguzzini-assassini, per poi abbandonarsi al fiume. Ma oltre alla morte, l’uomo Celan ha conosciuto l’amore. E l’ha vissuto, tanto da renderlo canto. Sicché la sua poesia è un compenetrarsi di Eros e Thanatos: sintesi del mondo, vagito e addio.

Quasi fosse una dedica all’amata, o un’avance da innamorato, la poesia contenuta in Filamenti di sole è struggente richiamo ad un cuore perduto. Donare affetto, quasi come prendersi cura degli occhi, tanto da tenerli in braccio. Cullare la bambina che eri e che vorresti ancora essere. Che il tuo cuore possa ricevere ancora il calore del sole, come di un vero abbraccio d’amore.

Dove?

Celan lascia scegliere a lei: Decidi il luogo, e la parola./ Spegni. Misura.

Come se al contempo io potessi dire a colei che vorrei amare: «pondera, decidi dove, e quando».

Ma gli occhi che ama Paul Celan, li hanno bruciati e divisi. La luce che emanano è nera di cenere. Essi non possono più dire nulla, non hanno parola alcuna, né misura, né scelta; né tempo e spazio. Lasciano solamente adito al pianto, nell’illusione di poterli nuovamente cullare nel braccio. Accarezzare te, abbagliarti, illuderti: in una parola, incantare. Cos’altro può fare una donna con un uomo. Cos’altro sa fare la morte con l’amore?

Dacché “l’arte è un essere marionettesco”, tutto può far credere e misurare. Eppure la verità della poesia ha direzione e destino. Celan ha trovato così il modo di parlare con l’infinito e, nell’infinito, di intrattenere una conversazione con qualcuno. Che poi questo qualcuno sia il nemico, l’amata o addirittura Dio, qui non ci è dato sapere. Quel che interessa, invece, è il messaggio sotteso alla cenere. Quella brace ancora viva, ancora per un istante; quasi ad indicare una speranza non del tutto annientata.

Che il messaggio d’amore e tenerezza non sia altro che allegoria della poesia stessa? Chi o cosa vuole veramente cullare, Celan? Decidi il luogo, e la parola: per l’appunto un meridiano, che è vagito e luce di cenere, sul quale a ciascuno di noi è data la possibilità di tracciare la propria, unica ed essenziale, chiamata. Se non posso davvero amare, se non posso davvero morire, che io possa almeno tenere in braccio la divina poesia, e i suoi occhi da cullare, nel fremito d’ali dell’ombra del cuore. Questo sembra dirci, ancora una volta, Paul Celan. Nella sottile speranza che qualcuno, verissimo e inesistente, lo possa davvero ascoltare.

Giorgio Anelli

Gruppo MAGOG