21 Maggio 2020

Nuovo Vocabolario del Virus: “Movida”. Ridatemi il Carnevale, Eleusi, le Baccanti, Tertulliano e la comunione agli appestati rispetto alla non vita della movida

“Movida”: Movida è l’emblema della non-vita, del moto privo di motivazioni; desunta dallo spagnolo mover, muovere, è un muoversi di massa verso la stasi dell’essere, una siesta del destino e del desiderio. Destinata a identificare – mi rivolgo alla Treccani – “il clima sociale e culturale tornato vivace dopo la fine del regime franchista”, la movida è diventata, a sua volta, un regime. L’irreggimentazione di flotte fluttuanti di ragazzi nei ranghi del divertimento continuo, dello svacco a pagamento, epica della strisciante frustrazione, dello struscio privo di eros. Incapaci di predare la felicità – ma dove sta? – ci concediamo l’happy hour permanente, l’ora d’aria dal carcere del vivere. La movida sventolata contro l’egida del virus – tra lo scandalo e il rogo di improperi degli amministratori della nostra esistenza – è idolatria dell’effimero, amuleto inefficace, non vita.

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Ridatemi l’estasi più che l’esaurimento della movida, il carnevale preparato dalla rinuncia, la festa che si adempie dopo il sacrificio, il rovesciamento di tutti i ruoli dopo averli interpretati con devota efficacia. Datemi il baccanale e il sesso stravolto dopo l’etica della fedeltà in diamante; l’ago del caos che dà ragione all’ordito dell’ordine; lo spirito per accattivare lo spirituale. Voglio uscire fuori di me per ritrovarmi altrove, disossato, non per svegliarmi il giorno dopo stordito, anonimo, ingrigito dal niente, ingordo di senso, di sensi. Voglio Eleusi, “l’intuizione dell’intuibile e del puro e del sacro che balena come una folgore attraverso l’anima, e concesse talvolta per una volta sola di toccare e di vedere” (Aristotele, Etica Eudemia); voglio le Baccanti, i riti orfici, i gargarismi gnostici, Tertulliano che dileggia il teatro, lo ‘spettacolo’, la spettacolarizzazione del corpo attraverso il riso sfrenato e il pianto dirotto; voglio la danza cabbalistica, la sobria ebrietas, la prova contro la bestia, la lotta per lo sterminio di sé, nell’inginocchiatoio ubriaco. Voglio, finalmente, non capire perché al cospetto dell’incomprensibile e non rabbuiato dalla nebbia alcolica della movida.

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Piuttosto, entrare in chiesa, in questo buco di silenzio, che imbucarsi nell’ostensione delle masse, sindone del disastro. Non occorre avere fede – a volte, la primizia è quella, essere infedeli e sfiduciati. Soltanto: assistere a qualcosa – ne sono impregnate le pietre – che è più vasto di te. E lì, curare la propria natura a quattro zampe. Il modo esatto per stare in chiesa è sdraiati sul pavimento, come quelli che mettono l’orecchio sulle rotaie, auscultando il treno; qui ti schianta il termine del sacro.

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Datemi i paraventi dietro cui, nell’arco di articolate poesie – rifratte dai fraintendimenti –, donne ineffabili, incardinate nella corte giapponese, sotto maree in kimono, velavano desideri e vendette elevando l’amore a pratica per samurai.

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Tanzio da Varallo, San Carlo Borromeo comunica gli appestati, ca. 1616, Domodossola

Datemi la comunione. A Domodossola, la potente pala di Tanzio da Varallo, San Carlo Borromeo comunica gli appestati, del 1616 (dietro i volti esterrefatti, il torbido blu, una violenta redenzione). Non c’è comunicazione senza ostia, questa scaglia di luce che trapassa la carne cariata, oblò verso la vertigine. Dove è l’appestato è la vita – mica la movida – comunicata dall’ostia. Che la Chiesa si sia ritirata durante il pericolo, è segno che la salute è più importante della salvezza; ma cosa ce ne facciamo della salute senza l’ipotesi, l’ipostasi, della salvezza?

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Il gruppo Assarabas, militanti dell’incredibile, alleati al contrasto, fa un passo in là. Diffonde la fotografia di una donna che imbraccia il fucile, in Irlanda. Difende le sue idee, più che se stessa, questo è il suo movimento, la movida. È di una eleganza efficace: così, Assarabas, storpia la Storia, mostrandocene le frattaglie. Intitolando l’immagine “Maison Assarabas Paris”. Come a dire: ecco l’autentica sfilata di moda, ecco una modella di peso, pericolosa, sulle sue caviglie si regge l’istinto patrio.

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Ma movida avvilisce la vita, la avvita nella viltà: il drink al posto del calice, l’effusione al posto della profusione, la scazzottata invece del duello, l’evasione rispetto all’invasione, musica caotica al posto del ritmo del rito, corpi senza carne rispetto alla carnalità presa a morsi, dialoghi annacquati al posto di spericolatezze linguistiche, blabla senza litania, gesticolare vuoto di liturgia. Assembramento che sembra calca, senza membra né la cura del segreto che di ciascuno serba la perversione e la gloria. (d.b.)

*In copertina: William-Adolphe Bouguereau, “Oreste perseguitato dalle Erinni”, 1862

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