15 Marzo 2018

Norman Mailer leggeva strappando i libri con i denti. Ovvero: ecco la lista dei 10 libri più belli della letteratura moderna. Ditemi i vostri, please

Un tempo Norman Mailer, insieme ai compagni di merende (Gore Vidal e Truman Capote, tutti nati tra il Ventitrè e il Venticinque), era il duce della letteratura americana. Oggi Il nudo e il morto (che per George Orwell è “il miglior libro di guerra sull’ultima guerra”, solo che George è schiattato nel 1950) è pappa universitaria, Le armate della notte è roba per gli studiosi del Sessantotto, Il Vangelo secondo il Figlio è illeggibile e La sfida – cronistoria da brivido sull’incontro del secolo tra Mohammed Alì e George Foreman – è forse il libro migliore di uno scrittore che ha il passo inesorabile – e memorabile – del rapace saggista. Morto dieci anni fa – nel 2007 – neppure l’anniversario ha galvanizzato l’editoria nostra: Mailer è ristampato stancamente, manco fosse, lui, eternamente sprezzante, un residuo del tempo che fu. Bastarda la vita. Avercene, oggi, di giornalisti con la tempra di un Mailer, con la sua fame di fama. Detto questo. Di recente il Times Literary Supplement ha pubblicato un fogliettone di J. Michael Lennon (titolo: The naked and the read), che è quello che ha catalogato la biblioteca di Mailer. Uno che leggeva tanto (“più di 7mila volumi”), che spendeva tanto (“mille dollari al mese per acquistare libri”), ma che non era affatto un bibliomane. Lui, Mailer, romanziere brutale, i libri li brutalizzava. “Li usava. Li faceva letteralmente a pezzi. Non poteva vivere senza libri ma non gli interessava l’oggetto-libro. Se gli serviva un libro per una lettura pubblica, strappava le pagine che gli erano utili. L’idiota di Dostoevskij è stato assemblato con il nastro adesivo, era spaccato in più parti”. Il bello dell’articolo è che leggendo i libri che piacevano a Mailer entriamo nella testa del furibondo scrittore. Così, scopriamo che andava matto per John Dos Passos e Lev Tolstoj, per Oswald Spengler e Karl Marx, per Thomas Wolfe, Dostoevskij, Stendhal, Hemingway. Tra le letture favorite figurano Jorge Luis Borges, Herman Melville, E. M. Forster. Gli piaceva André Malraux (“voleva diventare il Malraux americano, una specie di Cardinale Richelieu alla corte di Kennedy”), amava George Simenon (“era sedotto dalla facilità della sua scrittura”), andava in brodo per Ezra Pound. “Mailer andò a far visita a Pound nel 1970, a Venezia. Gli chiese quale tra le sue poesie preferisse. ‘La vecchia aquila’, così Mailer chiamava Pound, rispose, ‘Tutte, è ovvio!’”. Se il tema v’interessa, leggetevi l’articolo. A me interessa un’altra cosa. Vorrei sapere cosa leggono gli scrittori, i poeti, gli artisti nostri. Conoscere la biblioteca di un artista è come leggergli la mano. Comincio io, faccio outing. Ecco i dieci libri decisivi della mia biblioteca. Unica norma: stare entro l’antro della letteratura ‘moderna’, dall’Ottocento in qua. A voi la palla, fuori le palle, ora.

*Moby Dick, Herman Melville: ho tutte le versioni italiane (la più bella? quella del poeta Alessandro Ceni), il tentativo di fusione tra Omero e Isaia in territorio bellico americano;

*La morte di Virgilio, Hermann Broch: il vero tramonto dell’Occidente; dopo l’apice di Thomas Mann, la catastrofe linguistica, il romanzo che si sfa in confessione e tumulto verbale e vertigine (il canto del cigno del romanzo occidentale);

*Sotto il vulcano, Malcolm Lowry: quando James Joyce e Dante Alighieri si mettono a ballare il tango sulla palude glaciale di Cocito;

*I passi perduti, Alejo Carpentier: romanzo di corrosiva bellezza sui rapporti tra l’uomo e la sua amazzonica, perduta, natura;

*Chadzi-Murat, Lev Tolstoj: la maestria del più grande narratore di ogni tempo non chiede aggettivi ma un orecchio teso alla meraviglia;

*Cuore di tenebra, Joseph Conrad: pubblicato nel 1899, è il vero romanzo ‘d’avanguardia’, onirico, temibile, ancestrale, perfetto, un grido che si protrae fino 18.999;

*Le elegie duinesi, Rainer Maria Rilke: da leggere in liturgica tensione, in ginocchio, per l’eternità;

*Le poesie, Boris Pasternak: Marina Cvetaeva diceva che Pasternak era “un albero”, il poeta più di tutti connesso al respiro del cosmo;

*Le poesie, Dylan Thomas: l’Orfeo del Novecento insegna la più fallimentare delle utopie, che la poesia sconfiggerà la Storia, spaccandole le mascelle;

*Fogli d’Hypnos, René Char: la poesia accade così, ipnotica, tra l’erba e la battaglia, puro fiato di un istinto sgelato dal nulla.

P.S. Ogni canone, a differenza dei codici che scollegano l’ingranaggio di una bomba, ha per natura l’ineffabile imperfezione, è effimero e forse inutile. Ciò che oggi mi dà vita, dico, domani può farmi schifo. Ad ogni modo, se volete farmi sapere quali sono i vostri 10 libri più belli, con piccola giustificazione, scrivete qui: dav.brullo@gmail.com. Pubblico tutto, lo giuro.

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