30 Aprile 2018

“Non pubblicare tutte le stupidaggini che scrivi”: i consigli a un giovane scrittore di Abelardo Castillo

In Argentina lo scrittore di racconti ha uno status particolare. Mentre per noi ‘narratore’ e ‘scrittore’ sono sostanzialmente sinonimi, e uno status specifico è offerto al ‘romanziere’, in Argentina tra cuentista (scrittore di racconti) e novelista (scrittore di romanzi) la distinzione è netta, non soltanto ‘formale’, ma perfino spirituale. Il cuentista, per usare un gergo calcistico – che gli argentini apprezzeranno – ha la solitaria follia del portiere e il genio speciale del numero dieci. Il cuentista è una specie di mago perché con pochi elementi sa creare la vita, gli bastano rari legni per avviare l’incendio. Se il novelista può abusare delle parole, il cuentista ha l’obbligo dell’esattezza, è un cecchino, punta all’essenziale. Il cuentista, insomma, è la quintessenza dello scrittore. Ora. Quanto a storia della letteratura ci mancano alcune generazioni. Tutti gli italiani di buone letture, per dire, conoscono Julio Cortázar e Jorge Luis Borges. E spesso lì si fermano. Pochi, penso, hanno letto Abelardo Castillo, la cui importanza, nel campo della letteratura e della scrittura di racconti in particolare, è pari a quella di Robert Falcon Scott: se non ha scoperto il Polo Sud – quello lo lasciamo al duo Borges+ Cortázar – poco c’è mancato, è stato l’esploratore più sagace e vivace. CastilloClasse 1935, esordio di precoce violenza – a 24 anni un suo racconto, Volvedor, viene giudicato meritevole di premio da una giuria formata da Borges e da Adolfo Bioy Casares – dobbiamo la conoscenza di Castillo in Italia a due piccoli, tenaci editori. Nel 2002 l’editore Crocetti pubblica Il vangelo secondo Van Hutten (1999), che è una picaresca indagine nei recessi enigmatici dell’annuncio evangelico – antica ossessione di Castillo, che nel 1961 scrive un testo per il teatro incentrato sulla figura di Giuda Iscariota, El otro Judas, premiata al Festival di Nancy nel 1964 – mentre nel 2015 Del Vecchio Editore stampa I mondi reali, raccolta di racconti pubblicata in origine nel 1997. Ma, appunto, Castillo è stato il grande animatore della nuova letteratura argentina: nel 1959 fonda la rivista ‘El Grillo de Papel’, con un editoriale ‘bombarolo’, “pensiamo che l’arte sia uno degli strumenti che l’uomo utilizza per trasformare la realtà e unirsi alla lotta rivoluzionaria”. Poco importa che la ‘rivoluzione’, nel caso suo, sia stupendamente estetica. L’anno dopo il governo di Arturo Frondizi blocca l’attività del giornale. Castillo non si rabbuia. Nel 1961, insieme a Liliana Heker, di cui pubblica i primi racconti, fonda ‘El Escarabajo de Oro’. La rivista resta in piedi fino al 1974. Vi faranno parte, come collaboratori, i massimi scrittori latinoamericani del tempo, da Cortázar a Carlos Fuentes, da Miguel Asturias a Ernesto Sabato e Juan Goytisolo. Lì fanno il loro esordio autori importanti come Alejandra Pizarnik, Isidoro Blaisten e Sylvia Iparraguirre, che diventerà sua moglie (il suo La terra del fuoco è stato pubblicato da Einaudi nel 2001). Dal 1976, questo instancabile animatore culturale, genio del racconto breve, drammaturgo di fama internazionale – Israfel, dramma basato sulla vita di Edgar Allan Poe, viene rappresentato da Eugène Ionesco in Francia, da Christopher Fry in Inghilterra e da Diego Fabbri in Italia – s’inventa, insieme alle sue donne – la Heker e la Iparraguirre – ‘El Ornitorrinco’, rivista letteraria di fronda, osteggiata dalla dittatura militare, che nel 1979 inserisce il nome di Castillo nella ‘lista nera’ degli intellettuali ostili e indesiderati. Negli ultimi anni la vita di Castillo è costellata da premi: il maestro del racconto breve, dalla formidabile vigoria (El espejo que tiembla è del 2005, l’anno scorso è pubblico Del mundo que conocimos), muore esattamente un anno fa, il 2 maggio del 2017, per le complicazioni di una piccola operazione. Teorico della scrittura, ricordiamo Castillo – stimolando gli editori nostrani a pubblicarlo – riproducendo alcune Minimas – che sono il contrario delle ‘massime’ – pubblicate in calce al libro di saggi Ser escritor (2005). Con la raffinatezza di chi incide annali sul vetro, Castillo non offre ‘consigli’ ai giovani scrittori: sparge interrogativi, sconfina abissi.

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castillo2*Puoi bere, fumare o drogarti. Puoi essere pazzo, omosessuale, mutilato o epilettico. L’unica cosa necessaria per scrivere ottimi libri è essere un ottimo scrittore. Ovvio, ti consiglio di non scrivere da drogato o da ubriaco o mentre fai l’amore né di scrivere con la mano monca o nel mezzo di un attacco di epilessia o di follia.

*Un muratore può abitare la casa che ha costruito, ha detto così, grosso modo, Sartre, e un sarto può indossare l’abito che ha cucito; uno scrittore non può essere il lettore del proprio libro. Un libro è ciò che i lettori vi mettono dentro. Nessuno scrittore può aggiungere un significato nuovo alle proprie parole. Se può farlo, deve scrivere un altro libro.

*Non scrivere che qualcuno ha preso qualcosa con ‘entrambe’ le mani. Basta scrivere ‘le mani’, e a volte ne è sufficiente una sola. La gente, di solito, ha una ‘faccia’, non un ‘volto’. Sulle scale non si ‘ascende’, si ‘sale’. Non entrare nelle ‘camere da letto’, entra in un ‘dormitorio’. Evita le ‘finestre’ e soprattutto le ‘grandi finestre’. Sii parsimonioso: se quello che arriva al galoppo è un cavaliere, non c’è bisogno del cavallo. Il contrario è impossibile. La parola ‘cavallo’ giunge misteriosamente senza cavaliere.

*Quello che dice Borges sui sinonimi è vero: non esistono. ‘Cane’ non è la stessa cosa di ‘molosso’, e la parola ‘cagna’ non ha lo stesso valore di ‘puttana’. Mi raccomando, però, di usare un buon dizionario dei sinonimi. Uno intende scrivere: ‘parlò a bassa voce’. Visto che non gli piace, sostituisce con ‘voce sinistra’, che è una formula orrenda. Allora sfoglia il dizionario e a caso, da qualche parte, scopre la parola ‘pallida’. E scrive: ‘parlò con una voce pallido’, e questo è buono.

*Non usare mai aggettivi in ordine decrescente, mai dire: ‘Era una montagna titanica, enorme, alta’. Se non lo capisci da te, nessuno può aiutarti. Se sai aggettivare bene, non crederti un grande stilista. Hai usato l’ultimo aggettivo, dimenticandoti di cancellare gli altri due.

*Nessuno scrive un libro. Si scrivono solo bozze. Un grande scrittore è quello che ha scritto le bozze migliori.

*Non cercare di essere originale o di richiamare l’attenzione. Per farlo non c’è bisogno di scrivere racconti o romanzi: basta uscire di casa nudo.

*Non descrivere altro che l’essenziale. La posizione del piede, in molti casi, è più importante del colore delle scarpe.

*Scrittori ed editori pensano che un romanzo sia più importante di un racconto. Non credergli. È solo più lungo.

*Gli scrittori di racconti pensano che il racconto sia il genere più difficile. Non credere neanche a loro. È solo più breve. Il racconto è difficile solo per chi non dovrebbe tentarlo. Per Poe era facilissimo, per Cortázar, Cechov e Hemingway lo stesso.

*Non ti impressioni il fatto che siano esistiti Dante, Cervantes, Shakespeare. Tutto accade sempre la prima volta: anche il tuo libro.

*Attento al computer. Tutto è così pulito da sembrare ben scritto.

*Magari sei invidioso, malvagio, un po’ stupido, avaro, una brutta persona. Non ti preoccupare: un buon libro è sempre migliore di chi lo ha scritto.

*Non conservare mai nella tua libreria i libri che hai scritto. Il posto dei tuoi libri è nella libreria di un altro.

*Gide ha detto che con le buone intenzioni si scrivono cattivi libri. La verità è che anche con le cattive intenzioni si scrivono a volte cattivi libri. Il fatto è che nessuno sa come si scrivano i buoni libri.

*Non basta che ti sia accaduto qualcosa perché sia interessante per un altro. Questo vale per la scrittura come per la conversazione.

*Leggere un grande romanzo o un bellissimo racconto è tanto appassionante come averlo scritto. Se non l’hai sentito, non inventare, per amor di Dio, dedicati alla critica letteraria.

*Isadora Duncan ha detto: “Voglio ballare con questa sedia”. Lei potrebbe, forse. Ma un romanziere, un narratore, un drammaturgo, non desiderano ballare, dipingere né fare musica con le parole. Desiderano raccontare una storia.

*Non pubblicare tutte le stupidaggini che scrivi. Ci penserà la tua vedova.

*Scrivere ciò che si vuole è destrezza. Scrivere ciò che si deve, onestà. Il più grande e il peggiore degli scrittori sono la stessa cosa: scrivono unicamente come possono.

*Non chiedere in prestito un libro. I grandi libri si comprano o si rubano.

*Se un libro ti è piaciuto molto puoi regalarlo. Ma non prestarlo: avresti una disperata necessità di rileggerlo quella notte stessa.

*Stai attento a Borges, Kafka, Proust, Joyce, Arlt, Bernhard. Stai attento a quella prosa folgorante a quegli universi così tanto intensi. Si attaccano alle tue parole come patelle. Queste persone non hanno scritto così: era così.

 

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