06 Febbraio 2018

Nasce una nuova corrente letteraria, “Letteratura brutta”. Il mio amico Ciccio Coda, meccanico scrittore, è più bravo di Aldo Busi

Semplicità, che bella parola! Se mi chiedessero qual è la dote principale di un bravo scrittore, io risponderei: la semplicità.

Facevo queste riflessioni ieri, quando mia mamma, ex maestra elementare in pensione, mi ha fatto notare l’essenzialità di uno scrittore che, a suo dire, “punta dritto al cuore del lettore”. Poi, essendosi accorta del mio disappunto, ha provato a tranquillizzarmi: “Anche tu scrivi semplice”. E infine, ha sibilato: “Ma lui di più”. Il lui in questione è Fabio Bonetti, lo scrittore con la terza media che ha venduto 10 milioni di copie dei suoi romanzi puntacuore. Ecco perché ieri è stato un giorno triste: mi ero svegliato credendo di essere uno scrittore semplice, essenziale, almeno agli occhi di mia madre, e sono andato a dormire con la certezza di non esserlo abbastanza. Allora, ho pensato di riunire alcuni amici scrittori e, oggi, dopo pranzo, tutti insieme ci siamo esercitati a essere semplici. Addirittura, abbiamo avuto l’idea di fondare una corrente letteraria, e l’abbiamo chiamata Letteratura brutta, una produzione artistica semplice, realizzata da scrittori che non si pongono il problema di farsi credere colti. Qui di seguito potete leggere alcune frasi tratte da romanzi di scrittori italiani seguite da memorabili espressioni di personaggi di spicco della letteratura brutta che, esprimendo gli stessi concetti, permetteranno a voi lettori di confrontare i diversi stilemi.

Margaret Mazzantini scrive: “Chi di noi non ha sentito il desiderio di accasciarsi per strada come una marionetta, gambe larghe sull’asfalto, testa reclinata sul guanciale di un muro? E lasciare al fiume il suo grande e impegnativo corso. Venirne fuori, venirmi in pace. Tacito brandello di carne umana sul selciato dell’umanità”.

Il mio amico LinoTollo, parrucchiere e scrittore, le fa eco: “Voglio ubriacarmi e scorreggiare, le uniche cose che mi danno piacere. E vaffanculo al resto”.

Ditemi voi: chi arriva più velocemente al cuore del lettore?

Aldo Busi scrive: “Le vere personalità sono quelle inventate. Non c’è grandezza dove non c’è autoviolenza, e nessuna umiltà è possibile se non è umiltà nella grandezza di non proporsi e di non conseguire nessun fine”.

Il mio amico Ciccio Coda, meccanico e scrittore, traduce: “Oggi non voglio fare un cazzo”.

Il confronto è impietoso, per Busi.

Christian Raimo scrive: “Accanto a noi la città emette il suono consueto degli agglomerati urbani: un lamento vaporoso come una radiazione di fondo. Io anatomizzo ogni sillaba che produce”.

Mio cugino Silvio, calciatore dilettante e scrittore, dice la stessa cosa, ma senza troppi fronzoli: “Ogni volta che vengo a Roma me ne scappo con la testa che è un pallone”.

È ovvio che Raimo scrive in una lingua che non è la nostra e mio cugino invece sì.

Il cerebralismo degli scrittori è un disturbo ossessivo compulsivo che spinge a correggere le frasi, le parole, i segni di interpunzione, senza essere mai soddisfatti. E più ci si affanna a migliorare il proprio testo, più si finisce per renderlo astruso e contorto. Allo stato attuale della ricerca medico-scientifica sono possibili due cure: la prescrizione di inibitori del riassorbimento della serotonina, o una corda robusta che leghi quei paranoici alla sedia, costringendoli a studiare i testi di Lino Tollo, Ciccio Coda o Silvio Consiglio.

O Fabio Bonetti in arte Volo, che è lo stesso.

Francesco Consiglio

Gruppo MAGOG