25 Maggio 2020

“Mi ha mentito, il co***one, ma lo amo alla follia”: le 2.400 lettere (finora inedite) di Monica Jones, l’amante prediletta (e tradita) di Philip Larkin

Philip Larkin è il massimo poeta inglese del secondo Novecento. Lo dicono loro, gli inglesi. In Inghilterra, Larkin è una specie di amuleto, di monumento, di monile identitario – per sapere chi sei, tieni le sue poesie sotto il cuscino. In Italia, abbastanza incredibilmente, di Larkin c’è tutto, cioè quasi nulla. Il ‘quasi nulla’ è la raccolta “Finestre alte”, edita da Einaudi nel 2002, per la cura di Enrico Testa. Introvabile l’Einaudi 1969, “Le nozze di Pentecoste e altre poesie”, con le versioni di Renato Oliva e Camillo Pennati; cito, a mo’ di smeraldo, la placca curata da Marco Fazzini, “Fading: poesie scelte 1950-1980” edita dalla Stamperia dell’Arancio. Eppure, ripeto, avremmo tutto. Il poeta Silvio Raffo ha tradotto TuttoLarkin, in effetti, per una edizione Adelphi programmata ma mai realizzata. I 35 anni dalla morte di PL hanno galvanizzato l’editoria inglese, effervescente di suo: in preparazione, è la biografia di Monica Jones, musa, amica, amante di Larkin, di cui è stato possibile leggere le lettere, finora sigillate in 54 scatole (e 2.400 buste). Le “Letters to Monica” di Larkin, invece, sono state edite, in parte, nel 2011, insieme alla corrispondenza del grande poeta. Larkin sapeva amare, diciamo così: una specifica nota Wikipedia – in inglese – allinea il repertorio di Relationships that influenced Philip Larkin”. Tolta mamma Eva, vengono riferiti i profili di sei donne, tra cui Monica Jones è quella – per dote di dati – più importante. Solita storia degli inglesi che spiano dalla buca della serratura e scavano nella buca delle lettere private? Non credo. Il genere biografico è una variante della dedizione e il poeta è amato proprio quando mente, mentre, ubriaco, dissipa la propria opera – convalidandola – per un amore perduto. (d.b.)

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“Mi ha mentito, il coglione, ma lo amo alla follia”. Così Monica Jones descriveva Philip Larkin, il venerabile poeta – racconto conciso e affettuoso di un amante rigorosamente infedele, la sua “indistinta, insignificante casetta” a Hull si mutò in una specie di santuario dopo la morte di lui.

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Lettere finora inedite rivelano l’intera gamma di ferocia, paura frustrazione di una relazione durata quattro decenni con l’uomo che ha scritto alcuni dei versi più noti e celebrati della letteratura inglese. “Non voglio essere e non sarò l’oggetto della tua pietà, come la piaga di un mendicante”, scrive lei. E poi: “So che mi ritieni solo una situazione, qualcosa da sistemare”. Si sentiva sola, “spaventata”, tanto da ritenere una spalla lussata “una sorta di compagnia”. I pensieri strazianti di Monica Jones sono raccolti in 54 scatole colme di 2.400 lettere che Larkin ha consegnato alla Bodleian Library di Oxford, con l’istruzione di mantenerle celate per decenni dopo la morte di lei, accaduta nel 2001, a 78 anni.

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Ora il professor John Sutherland, studioso di pregio e amico della Jones, ha avuto accesso a quella straordinaria collezione. “Praticamente, sono tutte le lettere che scrisse a Larkin in 37 anni di amore a distanza. Si tratta dell’ultimo grande scambio di lettere nella storia della letteratura, è come se lei si strappasse l’anima, si lacerasse la mente. A volte è furiosa quando lui non si presenta per un pranzo pattuito, altre volte è contemplativa. Scrive, riguardo al proprio vuoto: ‘La più piccola cosa è troppo grande per me’”.

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Larkin e la Jones erano entrambi del 1922, studenti a Oxford si conobbero la prima volta nell’University College Leicester, nel 1946. Era la nuova bibliotecaria, era lettrice in inglese, aveva magnifici capelli ossigenati. Larkin si trasferì alla Queen’s University di Belfast nel 1950, cinque anni dopo approdò alla University of Hull. La Jones viveva delle sue visite. La loro relazione, appassionata, lacerata dal bere, finì con la morte di lui, nel 1985.

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“Larkin aveva due donne a Hull – una era Maeve Brennan. Passava da Monica mentre andava dalla madre, a Loughborough… poi tornava a Hull, da altre donne”. La Jones sapeva delle altre donne, eppure nelle sue lettere continuava a scrivere, “Sono così felice di averti nella mia vita”. Così Sutherland: “Le sue lettere sono un flusso di coscienza, a tratti una vera a propria inondazione. Dopo una selvaggia diatriba contro Maeve, ad esempio, Monica, all’improvviso, ricorda a Philip di annaffiare i fiori…”.

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Larkin apprezzava la Jones come donna e come intellettuale. Le ha dedicato la sua raccolta, memorabile, The Less Deceived – benché includa poesie scritte anche ad altre donne. Le ha lasciato in eredità parte del suo patrimonio. Kingsley Amis, il più caro amico di Larkin a Oxford, particolarmente vizioso, liquidò Monica come “una truce triste vecchia”. “Nel romanzo Lucky Jim Kingsley Amis fa di Margaret Peel una cruenta caricatura di Monica. Era stato Philip a fornire a Amis i dettagli adatti. Lei scrisse a Larkin una lettera particolarmente appassionata: ‘Non sono così egocentrica da pensare che tutti vogliano mettermi in un libro, e non credo tu saresti così infido da lasciarlo fare’”.

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Il professor Sutherland sta scrivendo una biografia di Monica Jones basata in larga parte sull’epistolario con Larkin, che sarà pubblica il prossimo anno. Nessuno studioso, fino ad ora, si è avventurato in queste lettere. Alcune, sulla busta, portano i segni del rossetto di Monica.

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La corrispondenza termina nei primi anni Settanta, quando entrambi preferirono il telefono. “Si telefonavano ogni notte. Quando la salute del poeta è crollata, nei primi anni Ottanta, lei si è trasferita da lui. Si sono ubriacati. Lui è morto, lei è vissuta, ubriaca. Era una donna strana. Dovevi conoscerla per vederne gli aspetti meravigliosi. Lui la trattava male, ma le scriveva con costanza, con affetto… Erano sempre sul punto di rompere, ma avevano bisogno l’uno dell’altra. Erano entrambi piuttosto infelici. Dalla profondità abissale di quei 54 scatoloni viene fuori una Monica Jones che sta al fianco di Larkin, non certo dietro a lui, alla sua ombra”.

Dalya Alberge

*L’articolo, in forma più completa, è edito su “The Observer” come “Sex, lies and despair: unseen letters reveal Larkin’s tortured love”; in copertina, Philip Larkin con Monica Jones

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