09 Febbraio 2019

Mele, birra, aringhe e tanti dolci: George Orwell distilla il menù ideale della cucina britannica (e con doverose scuse lo cestinano)

In tempi critici si separa la farina dalla crusca. E uno scozzese guarda come un rustico all’inglese che tiene sempre un pudding in tasca e disprezza i maccheroni. Ma durante Brexit i giornali fanno fronte comune e quelli inglesi, nessuno escluso, spiegano come si stia importando da mesi un manipolo di maiali dal continente nel caso in cui non ci sia accordo con EU. Ormai la prospettiva è diventata realtà, e allora i newspapers vanno a pungere altrove: va bene, avremo scorte di pork, ma quanto a pomodori e insalate per il nostro junkfood, come siamo messi? Eeee… Ci stiamo pensando, nel frattempo i parlamentari dicono con stizza: ‘Che mangino patate fritte’. Tutto vero, meglio di una storia inventata. Sono letture spulciate tra overground e underground, e nel frattempo passa la strada una reincarnazione di Sherazade, capelli neri inchiostro e ballerine ai piedi – anzi no, sono proprio sandali orientali! Ma perché, se a momenti sta a piovere? Niente risposte, ringraziamo della bella panoramica.
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Con tempistica perfetta il British Council ha tirato fuori una lettera di scuse a George Orwell per non aver pubblicato il suo pamphlet in elogio del cibo inglese. Anno di grazia 1946, gli era stato commissionato per spiegare al continente devastato qualcosa di UK e siccome cibo è cultura… Problema. Con la motivazione che in tempi di austerità non sta bene parlare di cibo, la pubblicazione fu bloccata e furono porte scuse a Orwell per questo fatto “sfortunato e poco saggio”. Ca**, questo è stile, questa civiltà. E Orwell allora non era ancora la celebrità mediatica e mediana che ne avrebbe fatto solo l’autore di
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La lettera di scuse a Orwell la leggete qui. Insieme al saggio di Orwell che percorre lo spettro dietetico UK fino agli alcolici che, scrive il giornalista di razza, “gli inglesi bevono preferibilmente fuori casa”. Ad Orwell fu comunque corrisposto il denaro. 30 ghinee. All’inizio si valutava 20, poi tratto a penna sulla lettera di scuse, 30, come dire 35 pounds di allora, cifra notevole. Se non altro, in ghinee non venivano pagati tutti: solo i venditori di terreni (landlords), di cavalli e di arte. Appunto.
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Affondo di Orwell. “È dieta di paese umido e nordico dove il burro è carico e l’olio vegetale scarso, e le bevande calde ben accette a ogni ora del giorno, insieme a tutte le spezie e, talvolta, a erbe molto forti, cose davvero esotiche. In generale, la gente di Britannia preferisce il dolce al salato e combina zucchero e carne in modi ignoti altrove”. Ora non resta che leggersi il manualetto messo in rete da questa gente libera che guarda le sue banconote da 5 pounds e vede il caro Winston, si ricorda che vinse il Nobel della Letteratura e rammenta le sue parole. Le uniche cose che poteva offrire coi Nazi che bussano a Dover – blood, toils, tears and sweat. Medita, popolo italiano con la tua amorevole inconcludenza: sangue, fatica, lacrime e sudore. Domanda per Bruxelles: lor signori ritengono che UK abbia paura di food shortage? A loro non gliene fotte. Loro hanno Orwell.
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Che dire? In bocca al lupo a UK. Intanto sentite che musica il suono di queste leccornie: Devonshire cream, stilton cheese, crumpets, potato cakes, saffron buns, Dublin prawns, apple dumplings, pickled walnuts, steak-and-kidney pudding, roast sirloin of beef with Yorkshire pudding, roast potatoes and horseradish sauce. Se non provate tutto non potete dire onestamente di aver saggiato la cucina britannica. E non dimenticate che mentre da noi si stampa ancora (Sellerio) il ricettario di Dumas, luculento, quasi l’opposto del minimalismo Belle-époque della cucina Artusi (la trovate in un altro Sellerio, Odore di chiuso di Malvaldi), in questo preciso momento su un’isola c’è chi sta combattendo contro i “bulli di Bruxelles”.
Yours faithful,
Andrea Bianchi

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Da Cucinare alla britannica

Aprile 1946

Per la maggioranza si beve fuori casa

Si noterà che la cucina britannica mostra più varietà e originalità di quel che visitatori stranieri siano pronti ad ammettere, e che il ristorante e l’hotel in media, sia esso semplice o ricercato, non è guida fededegna per cogliere la dieta della maggioranza della popolazione. Ogni stile in cucina ha le sue pecche specifiche e quelle britanniche sono un’incapacità di preparare le verdure seriamente e l’uso eccessivo di zucchero. In tempi normali il consumo medio di zucchero a testa è molto al di sopra di tutti gli altri paesi, e tutti i bambini britannici insieme a un buon numero di adulti si prendono troppi dolci tra un pasto e l’altro.  È certamente vero che i dolci e la pasticceria – torte, pudding, marmellate, biscotti e salse dolci – sono la gloria speciale della cucina britannica ma la dipendenza nazionale verso lo zucchero non ha fatto bene al palato britannico. Troppo spesso porta le persone a concentrare la loro attenzione su cibi sussidiari e a tollerare preparazioni modeste nelle portate principali. […]

Merita menzionare altre cose, naturali o preparate, specialmente buone in Britannia e che qualunque visitatore deve esser sicuro di assaggiare. Primo. Le mele. Una varietà o l’altra la si ottiene per circa sette mesi l’anno. Quasi tutti i frutti qui insieme alle verdure hanno un buon sapore naturale, ma le mele sono supersoniche. Le migliori maturano tardi, da settembre in avanti e non bisogna tirarsi indietro se hanno colori bruttini e forma irregolare. Le migliori sono le Cox’s Orange pippin,  le Blenheim Orange, le Charles Hoss, le James Grieve e le Russet. Questa la gamma commestibile. Le Bramley Seedling sono eccellenti da cucinare.

Secondo. Il pesce salato, specialmente aringa affumicata. Terzo, ostriche – molto larghe e buone, ma i prezzi sono gonfiati. Quarto, biscotti, dolci o meno, specialmente quelli di quattro o cinque industrie i cui nomi sono trademark. Quinto, marmellate e gomme morbide di ogni tipo. Meglio ancora se fatte in casa, con l’eccezione della marmellata di fragole che è quasi sempre migliore se prodotto manufatto. Inoltre, chi non prova la crema del Devonshire, lo Stilton, panetti crumpet gallesi, torte di patate, panini allo zafferano, gamberi dublinesi, gnocchetti di mela, noci in salamoia, pudding di bistecca e naturalmente, arrosto di controfiletto di vitelloof con Yorkshire pudding, patate arrostite e salsa barbaforte – chi non li prova come può dire in onestà di aver assaggiato la cucina britannica?

Le uniche bevande alcoliche native di qui e che siano bevute largamente sono il sidro e il whiskey. Il sidro è buonino (il migliore lo si ottiene nell’Herefordshire), la birra molto buona. È in qualche modo più alcolica e più amara delle birre di altri paesi, eccetto quella media ed economica molto insaporita da luppolo. Il suo gusto varia grandemente da una parte all’altra del paese. Il whiskey esportato dalla Britannia è principalmente scozzese, ma quello irlandese (più dolce nel sapore e ricco di segale) è altrettanto popolare in Britannia. Un liquore eccellente, gin al prugnolo selvatico, vi è prodotto in abbondanza benché lo si esporti poco. È di un meraviglioso colore rosso porpora e ricorda semmai il brandy di ciliegia, ma è di sapore davvero più delicato.

George Orwell

 

 

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