22 Febbraio 2018

Massone, antisemita, ‘guru’ dei Presidenti Usa (e di Winston Churchill): il poema ‘proibito’ di Rudyard Kipling

In questa storia ci sono: il più celebre scrittore di quei tempi, un paio di Presidenti Usa e un primo ministro inglese di chiara fama; uno scambio di lettere alquanto enigmatiche, la massoneria e un testo ‘proibito’. Pare la trama di un racconto spionistico-bibliografico. Forse è così. Prendete nota, potrebbe scapparci un film. Intanto, andiamo con ordine. Partendo dall’unico elemento del tutto casuale. La mia personale passione per i racconti di Rudyard Kipling. Per quel che mi riguarda, I libri della giungla sono un capolavoro, e anche i racconti della maturità di ‘Ruddy’ (tutto tradotto in Italia, per Einaudi e Adelphi, infaticabilmente, da Ottavio Fatica).

Kipling
Rudyard Kipling (1865-1936) ha ottenuto il Premio Nobel per la letteratura nel 1907, a 41 anni, il più giovane autore di sempre

La mia passione è del tutto estetica, prescinde dalla storia dell’autore, per questo mi è sempre stato sulle balle quanto ha scritto George Orwell (scrittore meno bravo di ‘Ruddy’) su Kipling nel 1942, giudicando l’inventore di Mowgli il paladino del colonialismo, un fascista con “una visione pessimistica e reazionaria della vita”, che “si è venduto alla classe governativa britannica”. Fatti suoi. Bene. Facendo un tot di ricerca – ho intenzione di tradurre alcune lettere di Kipling inedite in Italia – inciampo in una lettera di Theodore Roosevelt del 10 marzo 1914. Nella lettera Roosevelt, già presidente degli Usa (dal 1901 al 1909), Nobel per la pace nel 1906, uno dei quattro faccioni scolpiti sul Rushmore (gli altri sono Washington, Jefferson e Lincoln), consulta Rudyard Kipling su temi di politica estera. “Sono completamente in disaccordo con Wilson e Bryan in merito al loro modo di gestire gli affari esteri, per non parlare di quelli interni”, scrive Roosevelt, riferendosi all’opera di Thomas Woodrow Wilson, attuale Presidente Usa, e del suo segretario di Stato, William Jennings Bryan. Nella lettera, conservata presso il ‘Theodore Roosevelt Center’, Roosevelt scrive che “apprezzo il popolo tedesco”, che “sono totalmente d’accordo con te sul possibile pericolo per l’America”, eppure “in questo momento rappresento una minoranza”, anzi, “la mia influenza è quasi nulla”. Si parla, in sintesi, dell’ingresso o meno degli Usa nella Prima guerra mondiale. Addirittura. Sappiamo quali furono i fatti: Wilson mantiene neutrali gli Usa fino alla scadenza del primo mandato presidenziale. Rieletto nel 1916, sotto troppe pressioni, nell’aprile del 1917 opta per l’ingresso in guerra. La domanda, però, è un’altra. Perché una lettera privata su questi temi, di questa importanza (“Ti ho scritto liberamente. Ti prego di non mostrare a nessuno questa lettera”), tra un ex presidente Usa e un ottimo scrittore, laureato al Nobel nel 1907? Risposta ‘politica’. Roosevelt è un conservatore. Come Kipling (Wilson, al contrario, è un democratico). Acqua. Risposta ‘esoterica’. Roosevelt è stato introdotto alla massoneria nel 1901, sempre fiero di essere massone. Kipling entra nella massoneria nel 1886, poco più che ventenne, seguendo le orme del padre, con grintosa felicità (alla Loggia Madre dedicherà, tra l’altro, una delle sue poesie). Risposta ‘poetica’ (e autobiografica). Kipling conosce Roosevelt nel 1895, quando costui è capo della polizia di New York. Kipling ne scrive nel suo libro di memorie, Qualcosa di me (uscito postumo): “Mantenni con lui una lunga corrispondenza negli anni… la mia personale opinione su di lui è che fosse un grand’uomo, molto più di quanto all’epoca i suoi connazionali sapessero comprendere”. Più interessante la nota poetica.

Roosevelt to Kipling
Anno di grazia 1914: l’ex Presidente Usa Theodore Roosevelt scrive a Rudyard Kipling

Nel 1899 Rudyard Kipling pubblica la sua ballata più discussa, ‘politica’, The White Man’s Burden. “Il fardello dell’uomo bianco raccogliere…/ Mandate lontani i giovani migliori…/ Legate all’esilio i vostri figli/…/ L’ordine tra i selvaggi…/ Popolo ostili, da poco assoggettati,/ Per metà demoni e per metà bambini” (nella versione di Franco Buffoni, in Ballata delle baracche e altre poesie, Mondadori, 1989). La poesia che giustifica il colonialismo, la ‘missione’ dell’uomo bianco nell’assoggettare i popoli del ‘terzo mondo’ – oggi diremmo ‘esportare la democrazia’ o ‘esportare la pace’ – è scritta, lo denuncia il primitivo sottotitolo (The United States and the Philippine Islands), in reazione alle guerre ‘ispano-americane’ (Cuba e Filippine) combattute dagli Usa nel 1898. A guidare quella guerra – comandando truppe, inventandosi una falange ad hoc, stimolando la propaganda – proprio Roosevelt, eletto eroe nazionale. Bene. Mettete da parte la poesia del “fardello dell’uomo bianco”. Cambia scenario, cambia contesto storico. Siamo nel pieno della Seconda guerra. 17 ottobre 1943: Winston Churchill, all’epoca Primo Ministro del Regno Unito, attualmente tornato in auge al cinema (“L’ora più buia”, con Gary Oldman, concorre per sei statuette agli Oscar 2018), scrive all’allora Presidente Usa, Franklin Delano Roosevelt – parente di Theodore. Kipling è nella tomba da sette anni. My dear Mr. President, attacca Churchill, “le spedisco con questa lettera due testi inediti di Rudyard Kipling, che credo gradirà”. Nota decisiva: “Credo che Mrs. Kipling [la vedova di Rudyard, ndr] abbia deciso di non pubblicarli per non fomentare polemiche, ed è importante che la loro esistenza resti ignota e che non si faccia menzione pubblica di questo dono”. Addirittura. Il testo prende a circolare presso le èlite anglofone tramite Sir Alfred Webb-Johnson, pluridecorato medico d’Albione, che ha seguito Kipling nei giorni della malattia e della morte. Così il medico racconta la vicenda a Roosevelt: “Ho avuto il privilegio di essere amico di Rudyard Kipling e di prendermi cura di lui durante la malattia. Dopo la sua morte Mrs. Kipling, in quanto esecutore letterario, aveva una grande responsabilità verso quegli scritti che non erano stati pubblicati. Aveva timore che le due opere che ho l’onore di offrirle, potessero evocare polemiche e decise di non pubblicarle. Ma evidentemente non le ha distrutte, perché mi ha consegnato delle copie. Dopo la morte di lei, sento il dovere di garantirne la conservazione”.

Churchill to Roosevelt
17 ottobre 1943: Winston Churchill, primo ministro inglese, invia due poemi di Kipling a Franklin Delano Roosevelt, insieme a questa lettera

Veniamo ai due testi. Poemi. Di cui Webb-Johnson consegna copia anche alla British Library. In essi, Kipling opera un tu-per-tu (e a tratti una vera e propria riscrittura) nell’Antico Testamento. Nel primo testo, A Chapter of Proverbs, lo scrittore allinea una serie di indicazioni etiche – sulla fattispecie della notissima If – mimando (la mimesi è l’arte somma e sonora di ‘Ruddy’) il libro dei Proverbi o del Siracide (esempio: “C’è una gloria del/ sole e un’altra della/ luna e una terza delle/ stelle: tuttavia tutte questi/ sono scelti per la gloria/ della terra che da sola/ non ha luce”). Il testo proibito è l’altro. The Burden of Jerusalem. Il fardello di Gerusalemme. Fin dal titolo il poema ricorda quell’altro, “Il fardello dell’uomo bianco”. Il poema (che leggete per esteso, e in parte commentato, qui) ricalca la storia della Genesi, da Abramo al dissidio tra la mamma di Isacco e quella di Ismaele. In questo litigio è profetizzato il futuro d’Israele, di lotta e discordia. Le stanze ‘incriminate’, per così dire, sono queste: “Noi non sappiamo/ cosa attenda Dio/ La Razza Odiata/ in ogni luogo/ Dove ammassa/ i propri ricavi/ Da Riga a Gerusalemme”… “E i Gentili… devono sostenere il peso/ dell’odio di Israele/ perché non è/ portato ancora/ in trionfo a Gerusalemme”. Sintesi. Compito dell’uomo bianco anglofono – il ‘gentile’ – è quello di farsi carico del destino di Israele e degli ebrei, sufficientemente inferiori. Da massone, il pensiero di Kipling converge con quello di San Paolo, che nella Lettera a Romani prevede la conversione di Israele come realizzazione ultima del cristianesimo. Senza esagerare troppo l’antisemitismo di Kipling, francamente velato (nel 1930, in una lettera privata da Berlino, accolta in Viaggio in Europa. Epistolario 1925-1930, Mondadori, 2006, Tomasi di Lampedusa, lo scrittore de Il Gattopardo, descrive “il sudore che scorreva sotto i riccioli impomatati, il puzzo caprino, le acutissime grida orientali” del “popolino ebreo” che spiegherebbero “i periodici massacri eseguiti… dai saggissimi Russi”), resta una domanda. Perché Churchill invia a FD Roosevelt i testi ‘impubblicabili’ di Kipling in piena Seconda guerra? Forse per avere suggerimenti e suggestioni postume per risolvere la questione mediorientale (occorre ricordare che tra 1920 e 1948 la Palestina è sotto controllo britannico e che UK, dal 1939, limita l’immigrazione degli ebrei in Palestina)? Aggiungiamo un paio di dati. Winston Churchill è iniziato alla massoneria nel 1902; Franklin Delano Roosevelt diventa massone nel 1911; Sir Alfred Webb-Johnson, il medico di Kipling, è massone pure lui. Ai loro occhi, Rudyard Kipling, massone e scrittore di successo, è un maestro, un illuminato. Così, i testi ‘proibiti’ del confratello sono oro, stimolo etico ed estetico per fare la Storia d’Occidente. La quale, si sa, è anche il campo di guerra tra massoni e anti-massoni. (d.b.)

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