05 Luglio 2019

“La verità singolarissima del desiderio”: Bruno Giurato intervista Massimo Recalcati sull’amore ai tempi dell’ipermoderno

Non vi piacciono i sovranismi, le politiche “identitarie” e le sparate nazionalistiche nemmeno fossimo nell’Ottocento? Siete scettici o per lo meno critici verso la influencer culture che spunta ovunque? Vi danno malessere (come a chi scrive) le cene di influencer che a cena non mangiano (fa ingrassare), non bevono (fa ingrassare), e oggettivano ogni aspirazione (pure di alcaloidi, non ingrassano) in una bottiglietta d’acqua e una dozzina di Ig Stories a sera? Sappiate che sono due fenomeni, uno personale e uno politico, che hanno in comune forse solo una cosa: l’appartenenza all’era dell’ipermoderno.

Ne parliamo con Massimo Recalcati. “L’ipermoderno è un potenziamento paradossale della modernità. La modernità si può sintetizzare con una formula kantiana, cioè l’uscita dell’uomo da una condizione di minorità, l’uscita dall’oscurantismo e della superstizione religiosa. Se dovessi brutalmente schematizzare il moderno lo definirei: il passaggio da Dio all’io. Se le cose stanno così l’ipermoderno è l’io che diventa Dio. La trasfigurazione dell’io in una divinità”…

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Cosa avrà da dire la psicoanalisi? “Gli avversari più agguerriti della psicoanalisi sono per certi versi le terapie cognitivo comportamentali, per altri le neuroscienze, e più in generale lo scientismo contemporaneo. Cioè l’idea in fondo che la terapia sia il luogo di una “normalizzazione”, più rapida possibile, del funzionamento del corpo e del funzionamento del pensiero. Questo comporta lo schiacciamento della dimensione etica del sintomo alla dimensione funzionale del disturbo. Non a caso i vari Dsm elencano una serie di disturbi, in un processo di medicalizzazione diffusa della vita. La psicanalisi invece mantiene l’idea che il sintomo non sia il luogo di disfunzionamento, ma sia il luogo dove parla una verità”.

Quindi se ho un problema psicologico (ansia, panico, depressione, dipendenze, sono quelli statisticamente più diffusi) prima di “guarire” devo cercare di capire quale verità il problema mi suggerisce. “Chiaro che quando parliamo di esperienza della verità in psicanalisi non parliamo della verità in filosofia, cioè quella dell’ontologia, e dell’universale. Quando in psicanalisi si parla di verità, si parla della verità singolarissima del desiderio. Le terapie di cui abbiamo parlato non se ne occupano. Rammendano il funzionamento della macchina, della macchina del pensiero o della macchina del corpo”.

Dunque il desiderio. L’ultimo libro di Recalcati si intitola: Mantieni il bacio. Lezioni brevi sull’amore (Feltrinelli, 2019). Recalcati sostiene che il discorso amoroso vive in una tensione tra il “per sempre” che gli amanti vorrebbero, e la contingenza degli avvenimenti, ovvero la libertà delle singole persone. Si cerca anche socialmente la rassicurazione dell’amore, il per sempre che prende forma, pure, di un rituale come il matrimonio, o di una dichiarazione, o di un giuramento. «Mantenere il bacio è un compito che gli amanti si danno, per sempre dicono gli amanti, ma non c’è niente che assicuri che questa promessa sia mantenuta”, spiega Recalcati. E aggiunge citando Jacques Derrida: «Ogni volta che ci esponiamo al giuramento si avvicina su di noi l’ombra dello spergiuro».

L’amore, quindi, è fuori dalla (ipermoderna se ipertrofica) proprietà dell’io, fuori da ogni rassicurazione umana possibile. Verrebbe da commentare che gli antichi semmai lo affidavano a una rassicurazione divina: Venere, Eros, la Beatrice “angelicata” di Dante. Recalcati risponde col massimo possibile di comprensione umanistica: “L’amore implica il disarmo radicale di ogni forma di volontà. Penso che la volontà sia nemica dell’amore, vale per l’amore quello che Lacan diceva per la follia: non diventa folle chi lo vuole, e non ama chi lo vuole. L’amore e la follia sono sospese a un tempo contingente, non a un tempo dettato da una decisione. Però è vero che lo sforzo degli amanti è che questa contingenza sia ancora, ancora e poi ancora, è la parola fondamentale degli amanti”. Insomma, nessuno è influencer a nessuno, via: in politica come in amore c’è bisogno di insecuritas.

Bruno Giurato

*L’articolo lo leggete per intero qui

 

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