22 Aprile 2020

“Occorrerebbero gli Eroi, mentre oggi abbiamo solo piccoli uomini eterodiretti”. Come funziona davvero il MES (e quali saranno le conseguenze). Dialogo con Marco Giaconi

Carissimo Professore, ci spiega in sintesi come funziona il MES?

Il Meccanismo Europeo di Stabilità nasce nel 2011-2012, quando la grande crisi finanziaria, importata dagli Usa, arriva pesantemente in tutta l’Europa. L’art.123 dei Trattati vieta a tutti gli Stati membri della UE, e alla stessa Banca Centrale Europea, di salvare Paesi membri dell’Unione che siano comunque in grave difficoltà. A cosa serva allora una UE che, esplicitamente, afferma che non si deve aiutare un proprio membro è un mistero doloroso? La ratio dell’art.123 dovrebbe essere quella che gli Stati non devono essere incentivati a indebitarsi, sapendo che altri li aiuteranno, ma è un ragionamento pseudo-economico e capzioso. La crisi del 2006-2010, comunque, è grave e viene finalmente aggirato l’art.123; prima con l’EFSF, nato il 9 maggio 2010, ovvero lo European Financial Stability Fund, che inizia a operare concedendo in totale 175 miliardi a Irlanda, Portogallo e Grecia. Il MES, che sostituisce il Fondo, è invece una organizzazione internazionale costituita con un Trattato affiancato, ma non incluso, tra quelli della UE. Può contare su 700 miliardi di euro circa, di cui gli Stati membri iniziano a versare pro quota 80 miliardi. La Germania è oggi il primo “socio” del MES, con il 27% delle quote, l’Italia ne ha oggi il 18%. Finora il “Meccanismo Europeo di Stabilità” ha concesso finanziamenti a Cipro (6,3 miliardi) Grecia (61,9 miliardi) e Spagna (41,3 miliardi). La “condizionalità” del MES ovviamente esiste, “non esistono pasti gratis”, come diceva Milton Friedman, e varia a seconda della natura dello strumento utilizzato per finanziare uno Stato in difficoltà. Per i prestiti diretti, esiste un “programma di aggiustamento macroeconomico” in forma di memorandum, che è via via meno stringente nel caso delle linee di credito precauzionali, che riguardano Paesi fondamentalmente sani ma colpiti da shock avversi. Le linee del MES prevedono: a) consolidamento fiscale, b) riforme strutturali, riforme del settore finanziario. La prima linea di credito si chiama PCCL, Precautionary Conditioned Credit Line, che vale per i Paesi UE sostanzialmente solidi. La seconda line è la ECCL, Enhanced Conditions Credit Line, che è quella già preconizzata per lo Stato italiano. Il MES è poi guidato da un “Consiglio dei Governatori” composto da 19 ministri delle Finanze dell’area Euro. Opera di solito all’unanimità. Ma il Meccanismo di Stabilità Europeo può anche funzionare all’85% delle quote di capitale se, in caso di minaccia alla stabilità dell’Euro e dell’economia UE, la Commissione Europea e la BCE richiedano l’assunzione di decisioni urgenti per l’assistenza finanziaria. Per l’economia, vale sempre il detto della fisica aristotelica, motus in fine velocior. Finora, il capitale già sottoscritto è di 704,8 miliardi, di cui 80,5 già versati. La sua capacità di prestito è oggi di 500 miliardi di Euro. La riforma del MES di cui si sta trattando non modifica di molto le linee fondamentali, oggi, di azione del Meccanismo.

Come si comporteranno i mercati dopo che abbiamo dichiarato fedeltà al MES?

La globalizzazione, da quando è arrivata al suo punto di non ritorno, ha accentuato fortemente la concorrenza tra gli Stati membri della UE. L’Unione è oggi un beggar thy neighbour club, una associazione dove si cerca di impoverire il proprio vicino. D’altra parte, si tratta di Paesi con economie comparabili, tutte fortemente export-led, che quindi si fanno una concorrenza durissima sui mercati esteri e, inevitabilmente, anche in ambito UE. L’“Inno alla Gioia” beethoveniano, rielaborato dal compositore anche rispetto al testo di Schiller, non è affatto realistico. Francia e Germania usano, da molto tempo, le regole europee per raggiungere una loro, unita o separata, egemonia continentale. L’Italia è l’unico grande Paese europeo che ha costituito, piuttosto, una sua buffa “religione europeista”, eredità della vecchia teoria del “vincolo esterno” con cui si faceva fare all’Europa quello che non volevamo fare da soli, per paura di perdere voti. Diceva Montanelli che i francesi vanno in Europa da francesi, i tedeschi da tedeschi, noi italiani invece stiamo in Europa da europei. Una classe dirigente per la quale l’interesse nazionale è una espressione “fascista” è il frutto di questa ingenua e sciocca esterofilia. Peraltro, come ha notato Paolo Savona, il MES funziona anche come “prestatore di ultima istanza”, mentre nemmeno la BCE non è lender of last resort, come tutte le Banche di emissione al mondo. Per Savona, pur essendo lender of last resort; ma il MES non ha disponibilità illimitata di moneta, come dovrebbe invece accadere, non è mai tempestivo, può non essere risolutivo per la quantità di denaro erogato (nessuno può mai prevedere di quanto abbia bisogno uno Stato in crisi finanziaria) e si è poi, dotato di un sistema di aggiustamento macroeconomico che si basa sul vecchio criterio dell’“Austerità”, che può andare bene in alcuni casi ma non in tutti. Cosa faranno i mercati quando vedranno che accettiamo il MES? Semplice, diranno tra sé e sé che “l’Italia è alla canna del gas” e chiederanno interessi molto maggiori del solito per rifinanziare la parte non-MES del nostro debito pubblico. Inoltre, siccome il ripagamento del MES è primario rispetto gli altri debiti, i mercati diranno “tenetevi pure il MES, ma ora noi ce ne andiamo”.

Il direttore tedesco Regling ha detto chiaramente che ci saranno condizionalità, eccome… cosa vuol dire perciò condizionalità finanziaria per i prestiti?

Il MES è, tutto sommato, una Banca, e le Banche non sono opere di beneficienza. Il contratto tra creditore e debitore si inquadra qui nel Reg. 472/2013, che fa parte del vecchio Two Pack, dove all’art.7 comma 5 si dice che “la Commissione, d’intesa con la BCE e, nel caso, con il FMI, esamina, insieme allo Stato membro interessato, le eventuali modifiche e gli aggiornamenti da apportare al programma di aggiustamento macroeconomico… il Consiglio, deliberando a maggioranza qualificata, su proposta della Commissione Europea, decide in merito alle modifiche da apportare a tale programma”. Qualunque sia la serie di condizioni del prestito, i creditori possono in ogni momento imporre condizioni più restrittive, e il finanziamento, proprio a questo scopo, viene concesso in tranches. Nel caso della Grecia, la Troika ha imposto ben 61 misure fiscali a Atene, ma solo 15 di esse erano già contemplate dal memorandum MES del 2015, tutte le altre sono arrivate nei ben quattro “aggiornamenti” successivi. Mai visto, peraltro, un prestito senza condizioni. Questi sono straccioni che non hanno mai chiesto un prestito per cambiare la macchina. Qui, la nostra classe politica, raccogliticcia e incompetente, si rivela per quello che è. Klaus Regling, il presidente del MES, si mise molta paura quando Yannis Varoufakis, allora ministro dell’economia del governo Tsipras, gli disse che Costa Gavras, il famosissimo regista di “Z”, voleva fare un film sulla crisi del debito greco. Aveva ragione, Regling: dalle registrazioni raccolte di nascosto da Varoufakis, lo si sentiva gridare che non sarebbero state pagate le pensioni, se Atene non avesse saldato la sua ultima rata al Fondo Monetario. Si ricordi, poi, che queste riunioni non sono certo dei delicati minuetti. È probabile che qualcuno ti faccia la tipica domanda da mafioso, del tipo: “so che tuo figlio va bene a scuola, ma non vorrei certo che si facesse male uscendo…” oppure “Certamente, hai comprato una bella casa al mare, speriamo che non vi succeda niente…”. Per il MES attuale, Francia e Germania si sono messe d’accordo nel richiedere la sottoscrizione, all’Italia e agli altri eventuali richiedenti di un credito MES, di un memorandum di intesa che gli imponga di destinare le risorse acquisite per l’emergenza sanitaria e economica, e a rispettare, occorre ricordarlo, il Patto di Stabilità e Crescita. La “rigorosa condizionalità” è comunque la diretta derivazione dell’art.136 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea, non del regolamento del MES. L’accattonaggio di certi politici italiani, che dicono, “prendiamoli comunque, sono sempre 35 miliardi” mi ricorda un grande film del 1959 con Alberto Sordi e Renato Salvadori, “I magliari”. Ambientato, guarda caso, in Germania.

Cosa c’entra Prodi in tutto questo?

Romano Prodi c’entra sempre. Mi ricordo che, quando il mio vecchio maestro Francesco Cossiga lo nominava, non dimenticava mai di aggiungere, con la sua classica perfidia, che era andato in cattedra all’Università pubblicando un libretto di poche pagine sul distretto delle piastrelle di Scandiano, dove peraltro Prodi era nato. Certo, beati monoculi in terra caecorum, uno che sa qualcosina fa sempre la sua bella figura nella crassa ignoranza della nostra classe politica. Mi sembra che Romano Prodi stia facendo propaganda per il MES, ma attenti: Prodi conosce benissimo la burocrazia europea, e ho l’impressione che il testo sottotraccia dei suoi interventi sia: state in campana, se non digerite il MES non vi daranno nemmeno il resto. È probabile che abbia ragione.

Tornando al dunque: come si fanno i prestiti internazionali?

La Banca dei Regolamenti Internazionali, il “torracchione” di Basilea con la più bella biblioteca di economia e storia economica del mondo, classifica i prestiti internazionali da governo, e da stato a stato, o da privato a privato, come quando, nel 1974, Helmut Schmidt fece avere alla Banca d’Italia, per due anni e con un onere di interessi pari a quello dei Treasure Bonds Usa, due miliardi di Usd. Il prestito fu garantito dalle nostre riserve di oro, poi il prestito viene rinegoziato due anni dopo, e la garanzia stavolta fu di 650 tonnellate d’oro e, solo ora, una parte di questo metallo (“all’idea di quel metallo…”, canta il Barbiere di Siviglia rossiniano) va verso la Germania, nascosta sotto i rottami di ferro di un carro ferroviario della FIAT. Poi, ci sono i prestiti da privati o da enti finanziari pubblici a favore di enti e organizzazioni dell’altro Stato. Poi c’è anche quello da impresa a impresa, ma di due Paesi diversi, il supplier’s credit. Quasi tutti i prestiti internazionali sono di durata media o lunga, ovvero oltre i 5 anni. Di solito, il prestito viene ripagato in beni o servizi dall’ente che lo riceve, e di solito il prestito viene vincolato alla cessione di beni e di altre materie prime. Si chiama countertrade, ed è una forma del classico baratto. Quando Hjalmar Schacht, il cosiddetto “banchiere di Hitler” (ma era ebreo e massone) ricostruisce l’economia tedesca, lo fa facendo baratto con cibo e materie prime di Paesi che avevano bisogno della grande tecnologia tedesca. Non c’era passaggio di denaro, e quindi non c’era nemmeno la necessità di comprare la moneta accettata dal venditore sui mercati internazionali. Bel risparmio. Per i prestiti internazionali, essi vengono erogati di solito da enti internazionali, come il Fondo Monetario Internazionale, la Banca Mondiale, la Banca Europea degli Investimenti, la Banca Europea per la Ricostruzione e lo Sviluppo, e dai consorzi di banche internazionali. Hanno solitamente un vincolo di destinazione, tali prestiti. Comunque, i prestiti degli organismi finanziari internazionali non comportano un esborso finanziario al ricevente, il pagamento viene riferito direttamente al fornitore.

Come va il nostro sistema industriale?

La crisi attuale, generata dalla pandemia da Covid-19, dovrebbe portare ad una caduta totale del 30%, la più grande dopo la crisi derivata dalla Seconda Guerra Mondiale. La caduta della manifattura italiana porterà ad una ulteriore contrazione del Pil, nel trimestre prossimo, del 4%. Ma i tavoli aperti al Ministero dello Sviluppo Economico sono oltre 149. 102 di questi sono attivi da oltre tre anni, 28 da ben sette anni. Inutile parlare della razionalizzazione della burocrazia, che dovrebbe essere, più esattamente, fatta saltare con la dinamite: se riduci gli occupati nel settore pubblico, poi ti fanno causa, la vincono e ti tocca pagarli come nuovi. Distruggere, possibilmente sempre con la suddetta dinamite, la lunghissima catena tra Stato Centrale e Regioni, che proprio la pandemia ha rivelato essere quello tutti che gli analisti sapevano già: degli enti inutili e costosissimi. Né è possibile andare avanti con questa economia tutta export-led che deprime il mercato interno e produce gioventù bruciate, tra corsi di Lettere e altre frescacce e, anche, la gig economy, l’“economia dei lavoretti”. Occorre una nuova formula produttiva.

Come funziona la finanza pubblica in eccesso di debito?

Perché si è formato, all’inizio degli anni ’70, il nostro grande debito pubblico, quel debito che, da “grande” può, come disse Ronald Reagan, “cavarsela benissimo da solo”? Basse aliquote sugli scaglioni alti del reddito, bassa tassazione dei redditi da capitale, la riduzione delle imposte patrimoniali, ovviamente l’alto tasso di evasione fiscale e l’espandersi dell’economia in nero. L’idea di Keynes qui era, come spesso accade, giusta: la crisi si manifesta nel momento in cui il contribuente non accetta più di pagare tasse extra per soddisfare le richieste dei rentier.

In chiusura, ci spiega come si collega il libretto Guerra senza limiti dei generali cinesi Liang Qiao e Xiangsui Wang con quanto è successo a Wuhan? 

Malgrado qualcuno dica il contrario, non credo che a Wuhan sia successo qualcosa di davvero pericoloso, nel laboratorio per la guerra batteriologica dell’area di Hebei. I cinesi hanno attribuito la prima infezione del Covid-19 ai giochi militari internazionali e agli Usa, presenti a Wuhan poco prima dello scoppio della pandemia. Gli americani accusano poi i cinesi di aver infettato volontariamente il globo. È una guerra delle informazioni, niente di più. I due colonnelli cinesi hanno elaborato un modello di “guerra senza limiti” dove la guerra non è nemmeno più guerra, ma è azione costante di governo. Nella finanza, nella tecnologia, nella information technology, nella guerra culturale, tutto è sempre una operazione marginale di guerra, dove non serve più lo scontro militare tradizionale, ma la verifica di una superiorità tecnologica, finanziaria, sociale sull’avversario. Il caso di Wuhan è, casomai, l’indicazione che la Cina lavora ancora sulla guerra batteriologica, per difendersi, ma anche per attaccare. Attacco e Difesa sono, nella teoria dei due colonnelli cinesi, la stessa cosa. Quindi, terreno/non terreno, guerra/non guerra, violenza/non violenza, tutto opera nel “sistema della combinazione tra gli estremi”, una memoria di Sun Tzu.

Domanda da secchione. Quanto è affidabile la versione inglese di Guerra senza limiti, l’unica disponibile agli occidentali vista la riservatezza che ancora circonda l’originale cinese? 

I miei amici sinologi mi dicono che la traduzione è buona, per quanto possa essere accettabile la traduzione dal cinese in inglese.

Aggiunta sapienziale. Questo è Jung a quarant’anni, Viaggio infernale nel futuro, nel Libro rosso (1, V). Siamo intorno al 1915. “Quello che i destini dei popoli rappresentano nella realtà concreta accadrà nei vostri cuori. Se in voi verrà ucciso l’eroe, allora sorgerà per voi il sole del profondo, che risplende da un luogo remoto e ancora ignoto. Ma subito tutto ciò che finora pareva morto si animerà in voi e si tramuterà in serpenti velenosi che vogliono avvolgere il sole, e voi piomberete nella notte e nel turbamento… l’eroe vuole intraprendere tutto ciò che gli è possibile – l’anonimo spirito del profondo invece fa emergere tutto ciò che l’uomo non può fare – il non-potere impedisce ulteriori ascese. Non possiamo eliminare il nostro non-potere ed elevarci al di sopra di esso. Il non-potere esigerà la sua quota di vita.  Questo ci condurrà ad apprezzare le più piccole cose e alla saggia moderazione che viene richiesta dalle massime altezze”. Commenti.

L’Io eroico si costruisce assumendosi la responsabilità di fare fronte allo strapotere dell’inconscio. Il Viaggio dell’Eroe, archetipo narrativo, mitico e culturale, è il raggiungimento da parte dell’Io della Autorealizzazione, dell’Individuazione e dell’Illuminazione. Il Viaggio dell’Eroe ci porta alla scoperta del Tesoro, ovvero il nostro vero Sé. Ma questo crea una naturale azione di contrasto da parte dell’inconscio, che fa nascere serpenti, come quelli che bloccano Laocoonte. L’Eroe sconfigge il drago, l’Es freudiano, salva la Fanciulla, l’Eros che diviene finalmente superamento dell’Io, e qui la memoria della tradizione cavalleresca è essenziale, poi conquista il Tesoro, la padronanza di Sé e la costruzione autonoma e eroica del carattere, infine edifica il Regno. Che è la nostra Vita. Ecco, occorrerebbero gli Eroi, mentre oggi abbiamo solo piccoli uomini eterodiretti.

Andrea Bianchi con Marco Giaconi

 *In copertina: Paolo Uccello, “San Giorgio e il drago”, 1460 ca.

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