14 Giugno 2019

Compie 100 anni (e li porta benissimo) “L.H.O.O.Q.”, la “Gioconda con i baffi” di Marcel Duchamp. Ovvero: manomettere Leonardo per rivitalizzare la storia dell’arte

“Lei ha caldo al culo”. Bravo l’artista: è andato a ravanare lì dove nemmeno il genio aveva osato. E non si può che credergli, anche perché nessuno ha mai visto il suo lato B (che però, vista l’epoca, potrebbe essere bello largo, decisamente romagnolo).

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“Culo da schiaffi” verrebbe chiamato a distanza di 100 anni. E quindi tutti a sbirciare, in fila ovviamente, perché al Louvre non puoi pretendere di essere da solo.

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Pochi sanno o ricordano che in quella stanza si trova anche “Le Nozze di Cana” di Paolo Caliari detto il Veronese.

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Marcel Duchamp realizza la ‘Gioconda con i baffi’, cioè “L.H.O.O.Q.” nel 1919

Sulla sua tomba, posta nel cimitero di Rouen (sì, la città della cattedrale dipinta da Claude Monet nelle variazioni di luce) si può leggere l’epitaffio, composto da lui stesso: “D’ailleurs c’est toujours les autres qui meurent” (“D’altronde sono sempre gli altri che muoiono”). Geniale sino alla fine, MD. Anche nel circondarsi di paria, come ad esempio Man Ray.

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“Il grande nemico dell’arte è il buon gusto”. MD.

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Quest’anno corre il centenario di “L.H.O.O.Q.”, la “Gioconda con i baffi” creata da Marcel Duchamp: si tratta di una riproduzione fotografica della Gioconda di Leonardo da Vinci alla quale sono stati aggiunti provocatoriamente dei baffi e un pizzetto. Il titolo è sostanzialmente un gioco di parole, infatti le lettere “L.H.O.O.Q.” pronunciate in francese danno origine alla frase “Elle a chaud au cul”, letteralmente “Lei ha caldo al culo”, ma i più acuti – quindi non Alessandro Carli – suggeriscono che può essere letto anche come la parola inglese “look” (“guarda”).

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“La ‘Gioconda’ è così universalmente nota e ammirata da tutti che sono stato molto tentato di utilizzarla per dare scandalo. Ho cercato di rendere quei baffi davvero artistici”. MD

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Un manifesto contro il conformismo. “Dissacrando uno dei miti artistici più consolidati, Duchamp non intende negare l’arte di Leonardo ma onorarla, a modo suo, mettendo in ridicolo gli estimatori superficiali e ignoranti che apprezzano la ‘Gioconda’ solo perché tutti dicono che è bella, conformandosi acriticamente così al gusto della maggioranza delle persone”. Non è una frase mia, ma suona bene. E quindi va virgolettata.

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Difficile sapere – o meglio: è pigrizia – se MD abbia chiesto a Man Ray di fargli la foto della Monna Lisa per poi “disegnarla”. Forse no, visto che MD è stato uno dei maestri del “ready-made”. Però avevano un figlio in comune, i due: il movimento Dada americano, corrente d’avanguardia già nata in Europa nel 1916. Lo hanno fondato assieme.

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Scrive Octavio Paz a proposito del “ready-made”: “Categorizzare un oggetto comune prefabbricato isolato dal suo contesto funzionale, defunzionalizzato e rifunzionalizzato tramite il solo atto di selezione di un artista ad opera d’arte elevato allo status di arte”.

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“Gli ultimi cento anni sono stati retinici. Sono stati retinici perfino i cubisti. I surrealisti hanno tentato di liberarsi da questo e anche i dadaisti, da principio. (…) Io ero talmente conscio dell’aspetto retinico della pittura che, personalmente, volevo trovare un altro filone da esplorare”. MD

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“(untitled) (2000)”, lavoro coreografico firmato da Tino Sehgal e portato in scena – all’interno del cartellone 2015 del festival di Santarcangelo dei Teatri – da Boris Charmatz al Lavatoio, ha suscitato – al di là del valore dello spettacolo, un omaggio alla danza del Novecento – un vespaio di polemiche. Non tanto per la totale nudità del danzatore, ma quanto per la chiusa, incorniciata da abbondanti citazioni legate a Marcel Duchamp: Boris difatti si gira verso il pubblico e, dopo aver suonato come una chitarra il proprio sesso, si mette a fare la pipì. Un gesto del tutto ordinario che, stranissimo, a teatro fa (ancora) scalpore.

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Un’opera paradigmatica, capitale per lo svolgimento dell’arte moderna, ma spesso incompresa. Compie 100 anni, e li porta benissimo. Non fosse altro per quei baffi all’insù, molto dandy, e tornati di moda. E pazienza che sia donna: al buio, si sa, tutti i gatti sono grigi.

Alessandro Carli

Gruppo MAGOG