23 Dicembre 2020

“Niente libri di routine: conta solo l’onore”. Dialogo con Manuel Grillo

Che la bellezza sia difficile mi è sempre parsa un’ovvietà. Solo i gonzi seguono la direzione obbligata dai cartelli, scavano dove la mappa dice X, si accontentano di ciò che propone il menù del burgherificio librario. Di solito, si frequenta il sottosuolo, si fa teologia nei sottoscala, si guarda sotto il banco delle librerie perché il vero si cela dietro un velo, perché l’avventura ci reclama con furia, fino al sangue. Fu il solito Silvano Tognacci, eresiarca di Novafeltria, a inoltrarmi alla Settecolori – avevo letto, anni prima, qualcosa, in una delle tante vite incenerite, per fato. Un giorno mi fotocopia pagine de Il popolo la decadenza e gli dei, memorabile libro di Jean Cau, poi mi regala Vagamondo di Stenio Solinas, una guida per perdersi, per perduti; infine mi passa C’eravamo tanto a(r)mati, “legga, così impara qualcosa”, mi fa. Una formidabile chiacchierata sugli anni Settanta, dove i cardinali celebranti – Massimo Cacciari, Massimo Fini, Giampiero Mughini, Francesco Guccini, Armando Torno, tra i tanti – spesso si svelano, senza riserve, in nudità impreviste, a tratti memorabili. Un libro, nel suo genere, necessario. Imparai, soprattutto, il catalogo della Settecolori – dacché un editore è garantito dal proprio catalogo (e dallo sperpero, vile, che ne fanno i transatlantici dell’editoria, macellai del genio) – con libri anomali, destinati al pensare improprio, clandestino. Mi appuntai i nomi di Jean-Jacques Langendorf, Robert Brasillach, Drieu La Rochelle. Maurizio Serra, recentemente ‘immortalato’ Immortale di Francia, ha pubblicato con Settecolori un micidiale profilo critico/biografico, Fratelli separati. Dreu-Aragon-Malraux. Nata nel 1978 per estro di Pino Grillo, ora la Settecolori rinasce, vent’anni dopo la morte del fondatore, per mano del figlio, Manuel. Il libro di memorie, Era mio padre, dove sono raccolti pensieri di Pietrangelo Buttafuoco, Maurizio Cabona, Alain De Benoist, Marcello Veneziani & altri, non lascia indenni: nella fotografia il figlio, bambino, sorride, fissa la camera, abbraccia il padre che, fiero, guarda altrove. Questo, credo, è il carisma di una eredità, l’ampolla della discendenza. Ho conosciuto Manuel Grillo per telefono; ero a Roma, mi ha descritto dal suo altrove il nuovo catalogo della casa editrice. Praticamente, giocando a figurine, ha sparpagliato autori che ho amato, di cui ho scritto. Servizio inutile di Henry de Montherlant, I due stendardi di Lucien Rebatet – libro-monstre, maledetto, di culto –, il profilo che Victoria Ocampo dedica a Lawrence d’Arabia, Elogio della vanità di Giuseppe Berto, Londra di Paul Morand (gli altri libri li vedete qui). Resto esterrefatto. Poi, animatissimo, dopo aver letto un articolo, mi fa: “dobbiamo tradurre Estetica della Resistenza di Peter Weiss”, con la premura di chi vive immerso nello stupore, e arde. Quando lo incontro, a Pietrasanta, Manuel indossa ampi cappelli bianchi, ha occhi indecifrabili, il gergo nobile. Conosce la terra – e questa credo sia una qualità per un editore. Quando gli chiedo una fotografia, mi invia le copertine del libro con cui inaugura la nuova serie: Sulle tracce di Kim di Peter Hopkirk, il grande autore de Il Grande Gioco. Pubblicherà anche Peter Fleming, fratello di Ian, uomo dalla vita da romanzo, Baionette su Lhasa. Che genio, Peter Fleming, il modello di 007, che si è intrigato ovunque, dal Brasile all’Asia centrale. “Ha viaggiato molto in luoghi remoti;/ Ha scritto, è stato letto./ Ha conosciuto il volto del pericolo… Ora è polvere, lettere su una pietra/ Felice”, dice il suo epitaffio, inciso presso una chiesa, in un remoto villaggio dell’Oxfordshire. Fu inevitabile l’intervista a Manuel. (d.b.)

Manuel e Pino Grillo in un ritratto di Tonio Verilio / Studio Krom

Che senso ha fare editoria oggi?

Detto semplicemente, un editore è il suo catalogo. Se scorri quello della Settecolori vedrai che ci sono grandi romanzi, I due stendardi, di Rebatet, La fionda, di Jünger, La seconda morte di Ràmon Mercader, di Semprún; grandi libri di viaggio, La vita a modo mio, di Wilfred Thesiger, Londra, di Paul Morand; una certa saggistica controcorrente, una sorta di sinfonia intorno alla nobiltà della sconfitta: Il questionario, di von Salomon, Servizio inutile, di Montherlant… Il filo rosso che li unisce è, se vuoi, la loro eccezionalità: sono tutti libri scritti con l’idea di segnare il loro tempo e di sopravvivergli. Nessuno è d’occasione, o di routine. I loro autori credevano in quello che scrivevano. E la Settecolori li stampa nella stessa ottica. C’è poi un altro elemento da considerare. Io faccio l’editore per piacere, nella vita mi occupo d’altro. Ho una formazione scientifica, sono un esperto di grani antichi, dirigo un agriturismo… La passione per i libri me l’ha trasmessa mio padre e gli amici di mio padre, che, crescendo, sono divenuti anche miei amici. La Settecolori è composta da un gruppo di persone dalle professioni più varie: chi è architetto, chi è avvocato, chi fa l’imprenditore o il commercialista, chi il dirigente o il giornalista. Tutte però sono unite fra loro da una lunga frequentazione e dalla comune passione per la carta stampata. Non c’è dietro alcun interesse economico, ma il puro piacere estetico di fare cose belle, di fare cose che valgono la pena.  

Che cosa stai leggendo?

Ti confesso che al momento i libri che leggo sono quelli che poi editerò. Nel senso che ci sono le traduzioni da rivedere, le bozze da correggere… Ho ancora dentro di me la magia dell’Hopkirk di Sulle tracce di Kim, appena stampato, e mi sto perdendo in Baionette a Lhasa, di Peter Fleming, che è una straordinaria epopea bellico-diplomatica, la spedizione del colonnello Younghusband in Tibet. Il suo autore è Peter Fleming, uno che negli anni fra le due guerre e poi nella Seconda guerra mondiale visse una vita di viaggi e di avventure tale da ispirare a suo fratello Ian Fleming il personaggio di James Bond… Ti assicuro che, anche come scrittore, Peter è meglio di Ian…

Qual è il libro e/o lautore per te più significativo?

Guarda, potrei farti molti nomi, ma mi scuserai se mi soffermo sui Due stendardi, di Rebatet. Fin da quando ero un ragazzino, ho visto girare nella casa di mio padre i due volumi in francese editi da Gallimard e poi le prime traduzioni, sempre da mio padre commissionate e, per tanti motivi, mai portate a termine, ovvero non all’altezza rispetto all’originale I due stendardi è un romanzo di 1200 pagine, complesso, polifonico: è un motivo di orgoglio, come editore, che, a settant’anni dalla sua uscita in Francia, il lettore italiano possa avere oggi a disposizione questo capolavoro. E, come figlio, sono felice di aver realizzato uno dei sogni di mio padre.

Piacere, Peter Fleming (1907-1971)

Quanto ti proponi di durare? Che obiettivi ti poni?

Senza vanagloria, penso che dureremo a lungo perché facciamo libri destinati a restare e perché siamo del tutto anomali rispetto all’editoria corrente. Uno degli amici che compongono il pacchetto di mischia della Settecolori mi ha fatto leggere una risposta di Jacques Chardonne relativa al perché egli scrivesse. “Per l’onore”, dice Chardonne, ovvero per testimoniare, assolvere una promessa, tenere fede a un’idea. Ecco, il principio vale anche per un’attività editoriale come la nostra.

*In copertina: Jean-Baptiste Oudry, Lupo accerchiato dai cani, 1734

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