07 Maggio 2020

9 maggio: in memoria di Peppino Impastato. Dialogo con Luisa Impastato, presidente di Casa Memoria “Felicia e Peppino Impastato”, a Cinisi

L’emergenza Covid-19 ha lasciato immobile l’Italia per diverse settimane. Ha creato rotture, morte, disagi, crisi emotive e finanziarie. Ha unito il paese sotto il segno della “zona protetta” e ha abituato i cittadini a una nuova “normalità”. Ma ci sono cose che per fortuna non sono mai cambiate. Anzi, hanno continuato a esistere e a vivere nonostante i decessi, gli sbarramenti fra i comuni, le porte chiuse. La lotta alle mafie non si è arrestata e con lei non si è fermato l’immenso lavoro di Casa Memoria “Felicia e Peppino Impastato”, a Cinisi. Fra qualche giorno sarà il 9 maggio e, per la prima volta nella storia del centro, le porte non si apriranno, nel rispetto dei decreti del Governo. Casa Memoria, però, ci sarà lo stesso e darà vita a un grande evento social: “9MAGGIO2020ONLINE – DISTANTIMAUNITI”. Peppino Impastato verrà ricordato da migliaia di persone, in nome di quella libertà per cui lui stesso ha combattuto, fino al 9 maggio 1978, giorno in cui fu ucciso dalla mafia. In questa intervista, la voce di Luisa Impastato, presidente di Casa Memoria, figlia di Giovanni Impastato e nipote di Felicia Bartolotta.

Luisa Impastato, nipote di Peppino Impastato, presidente di Casa Memoria

Per la prima volta, a causa dell’emergenza Covid, il 9 maggio di Casa Memoria sarà diverso. Uniti ma distanti, per ricordare Peppino Impastato e la sua lotta alle mafie, insieme a Radio 100 Passi e ad altre realtà promotrici. Quello a cui avete pensato è un vero e proprio corteo virtuale, online.

Noi stavamo già lavorando all’evento del 9 maggio, già settimane prima del lockdown. Avevamo in previsione un programma cospicuo con diversi interventi e tante tematiche intorno alle quali costruire dibattiti, per continuare a divulgare le idee di Peppino. Idee che consideriamo sempre attuali. Visto il periodo storico così difficile, non potendoci riunire, abbiamo pensato di esserci comunque, utilizzando il mezzo “social” che giunge a nostro favore, in questo momento, per veicolare messaggi, poesie, musiche, testimonianze. Sarà un momento di confronto per rimanere tutti uniti nel segno della lotta alle mafie. Se ci pensiamo bene, stiamo facendo un po’ come fece Peppino tanti anni fa, con Radio Aut: lui entrava nelle case delle persone, attraverso la radio, noi cerchiamo di raggiungere con i social tutti coloro che sarebbero arrivati a Cinisi, il 9 maggio, per ricordarlo.

Il Covid-19 ha impedito a tutti di uscire dalle proprie abitazioni, se non per necessità. Ha limitato gli spostamenti, ha scollato le relazioni umane. Come avete vissuto l’emergenza, a Casa Memoria “Felicia e Peppino Impastato”?

Tenere chiuse le porte di Casa Memoria, è stata per noi una grande amarezza, perché quella casa è rimasta sempre aperta per volontà di mia nonna Felicia. La sua è stata una grande storia: lei non si è chiusa nel silenzio, ma ha deciso di continuare a lottare per la giustizia e la memoria di suo figlio. A noi ha lasciato come testamento morale, quello di tenere aperte le porte. È questo l’impegno che quotidianamente portiamo avanti. Per la prima volta, dopo tanti anni, non siamo riusciti a onorarlo, per un evento storico che non ci aspettavamo. Sicuramente è stato pesante ed essere lì è una delle cose che mi manca di più. Soprattutto perché in questo periodo avremmo incontrato migliaia di studenti provenienti da ogni parte d’Italia. Molti sarebbero arrivati da quelle aree d’Italia che sono poi diventate le cosiddette “zone rosse”. Abbiamo considerato questo periodo come un’occasione di analisi da cui ripartire in modo diverso.

Avete pensato a una ipotetica data di riapertura?

Sì, noi riapriremo il 18 maggio e saremo insieme ai volontari. Vogliamo esserci, anche insieme a tutti i libri che sono lì.

Accoglienza, coraggio e testimonianza: tre parole per riassumere tutto ciò che racconta Casa Memoria, attraverso la storia di Peppino e di sua madre Felicia. Quale messaggio, secondo te, deve continuare a passare fra i giovani, fra tutte le persone?

Mi viene in mente la parola “resistenza”. L’impegno portato avanti da mia nonna è stato quello di resistere. Resistere alla cultura mafiosa, al silenzio e alle prevaricazioni. Anche oggi fare memoria, soprattutto in questo momento storico, è un atto di resistenza.

L’emergenza sanitaria ha fatto riflettere molto sulla perdita degli anziani, e quindi dei nonni. Cosa ti manca di nonna Felicia?

La sua ironia: una caratteristica che molti non si aspettano. Mia nonna era molto ironica e credo che Peppino avesse ereditato da lei questo aspetto. Aveva una grande capacità comunicativa. Nonna Felicia era in grado di farsi capire da chiunque, qualunque fosse la parte del mondo da cui provenisse. Si faceva capire da tutti parlando il dialetto siciliano. Nella sua casa c’era sempre qualcuno. Era molto credente, ma accoglieva anche i Testimoni di Geova, perché le piaceva ascoltare e confrontarsi. Ecco, tutto questo mi manca, ma Casa Memoria parla di lei in ogni angolo ed è come se fosse sempre in vita.

La storia di Peppino è stata segnata dalla lotta. Come è mutata, nel tempo, la considerazione di Peppino a Cinisi? C’è stata un’evoluzione, grazie al vostro lavoro? 

In passato, a Cinisi, ci sono state particolari resistenze da parte della comunità. Nel corso degli anni, e credo anche grazie alla presenza di Casa Memoria sul territorio, qualche muro è stato abbattuto. Noto una consapevolezza maggiore della storia di Peppino, del suo impegno e del suo essere diventato una figura collettiva. Il suo messaggio ha un’eco nazionale. Lo noto anche dalla scuola, negli ultimi tempi, dalla comunità in generale, che va cambiando. Le persone che arrivano a Casa Memoria vengono per visitare un luogo, simbolo di riscatto. Di conseguenza anche Cinisi è diventata simbolo di avversione alla mafia e non più il paese del boss Gaetano Badalamenti.

Cosa ne pensi della polemica sorta a seguito delle scarcerazioni dei boss mafiosi, a causa del Coronavirus?

Io sono, direi, garantista. È un segnale inquietante, certo. Forse una delle misure più discutibili in questo periodo storico straordinario. Io sono per la tutela dei diritti, e quindi anche del diritto alla salute anche per chi vive nel regime del 41bis. Però ovviamente capisco, e in parte condivido, l’amarezza dei familiari delle vittime di mafia. Sono persone che hanno sofferto e che vedono ora scarcerati i boss che hanno determinato la morte dei propri cari: si riaprono ferite che in realtà non si sono mai rimarginate. Mi auguro che questi provvedimenti rimangano numericamente limitati e che la decisione di convertire il carcere duro in detenzione domiciliare possa tener conto di un serio bilanciamento fra il diritto alla salute e la sicurezza della collettività.

Per la giornata di commemorazione del 9 maggio, visto che vi muoverete sui social, fra le tante iniziative, avete lanciato una proposta particolare: associare l’immagine del proprio profilo Facebook a una frase di Peppino. Tu a quale frase legherai il tuo?

Ho deciso di condividere nel mio profilo l’immagine dello striscione dei compagni di Peppino, quello che hanno utilizzato durante il funerale. Lì c’è scritto così: “Con le idee e il coraggio di Peppino noi continuiamo”. È quello che proviamo a fare con Casa Memoria, con grande umiltà e senso di responsabilità.

Ed è lo stesso messaggio, immagino, che vorreste facessero proprio gli studenti…

Sì, abbiamo pensato molto a loro. Noi lavoriamo tantissimo con i ragazzi che, fra l’altro, sarebbero stati al centro del nostro 9 maggio. In una condizione di “normalità”, ci sarebbero state tante iniziative dedicate a loro. L’impegno per l’antimafia è anzitutto un impegno culturale, sociale. Per questo l’invito è di certo questo: studiare, conoscere per capire, continuare.

Intervista di Alessandra Angelucci

Editing di Matteo Fais

Gruppo MAGOG