Avete presente quella sensazione, quando vi trovate di fronte a qualcosa che proprio non riuscite a comprendere? È esattamente quello che potrebbe capitarvi leggendo il controverso manifesto del Movimento Indecisionista. Ma, del resto, la storia del pensiero non è tutta trasparenza e solida cognizione. Anzi, spesso l’intendimento è minimo, vago, incapace di reggere a una domanda che, nella sua sacrosanta indiscrezione, ne scandagli le profondità. E, anche quando si va a indagare, non sempre si torna a casa con delle certezze. Molte volte troppi “eppure”, insieme a un senso di incompletezza, continuano a tormentarci, riflettendo a mente fredda. Il punto è semplicemente accettare di vivere in una tale indefinitezza. Sappiate dunque che questa intervista a Sabrina Bartolozzi, italiana trapiantata a Berlino e rappresentante del Movimento, potrebbe non essere del tutto esaustiva, ma appena un inizio. Il resto spetterà a voi.
Andiamo con ordine. Ho letto il manifesto del vostro movimento, l’Indecisionismo. Ammetterai che è volutamente ambiguo. Cito solo la frase in apertura: “L’Indecisionismo non ha regole. Non ce la sentiremmo di dibattere su cosa si possa e non si possa fare – cosa si debba o non si debba dire”. Per principio è difficile stabilire cosa rientri sotto una denominazione, se questa non fornisce delle coordinate chiare. Dire, poi, di non voler precisare cosa si possa o non si possa fare, o asserire, equivale per certi versi ad ammettere che chiunque potrebbe essere un indecisionista. Ma potremmo aggiungere: se non si dice che cosa si può fare e che cosa no, allora anche non fare niente potrebbe essere ricondotto all’atteggiamento indecisionista. A questo punto, urge un chiarimento. Quando nasce e che cos’è l’Indecisionismo?
L’Indecisionismo nasce nel 2012, poco dopo la preannunciata fine del mondo per come lo conoscevamo fino ad allora. Potrebbe apparire illogico, poiché parte dal presupposto che le definizioni sono sempre incerte. L’Indecisionismo è un movimento fondato sulla polidirezionalità del possibile, ma anche dell’impossibile che è, di fatto, solo altamente probabile che non accada. L’altro cardine della logica indecisionista si fonda non solo sulla paura di poter perdere per sempre qualcosa scegliendo, ma sull’impossibilità (come già detto sempre e solo altamente probabile che non accada) di potersi applicare in una scelta senza mugugnare in preda ad atroci dubbi. Gli indecisionisti sono figli dell’asino di Buridano che muore di fame davanti alle due balle di fieno perfettamente identiche. Non fare niente è nichilista. L’indecisionista muore lo stesso, ma si fa venire molti dubbi nel corso della sua intera esistenza. In questo, noi rivediamo l’essenza del contemporaneo.
Fermi tutti! Questo, più che un movimento artistico e intellettuale, mi sembra un filone di pensiero, una weltanschauung. Voglio dire: il Movimento Futurista, per esempio, aveva delle coordinate precise da porre a indirizzo di un nuovo corso dell’arte. Ma anche il Realismo Terminale, oggigiorno, mi sembra spinga in tal senso. Entrambi partono da una ben precisa visione del mondo, ma semplicemente per teorizzare poi cosa dire e cosa fare. E voi, voi in che senso sareste un movimento?
Partendo da una chiara visione del mondo, noi teorizziamo sul non sapere quasi mai cosa dire e tantomeno cosa fare, poiché l’espressione artistica e intellettuale indecisionista oscilla costantemente sul mare che si stende glorioso tra il dire e il fare. Le opere di questo movimento sono pertanto la massima espressione di questo dolce naufragare e gli indecisionisti sono in balìa di una tale esitante, ma comunque compromessa, visione di sé. “In che senso?” è la domanda su cui si fonda tutto il movimento. Se si vogliono necessariamente identificare delle coordinate, sappiamo bene che, viste da un piano diverso, queste non saranno altro che un punto. Un punto che coincide con l’eterna, e allo stesso tempo mobile e statica, presa di coscienza. Siamo movimento verso una presa di coscienza del contemporaneo.
Ti vorrei chiedere a questo punto, però, da cosa nasce la necessità di una presa di posizione rispetto alla contemporaneità? Cosa caratterizza il nostro tempo e perché bisogna per forza costituirsi come movimento per affrontarlo?
L’Indecisionismo non ha la necessità di prendere una posizione rispetto alla contemporaneità. Si fonda piuttosto su una non presa di posizione. Oggi che tutti sentono il bisogno di assumerne una ben definita, l’Indecisionismo si arroga costantemente il beneficio del dubbio, poiché ritiene che sia fondamentale per la comunicazione in un mondo ormai saturo di opinioni poco ragionate. Il nostro movimento tende quindi alla riflessione e all’ascolto. Rifiuta, invece, l’approssimazione delle asserzioni convinte che affaticano la quotidianità di tutti, svelandone la vacuità come forma del contemporaneo.
Certo siete uno strano tipo di donna voi indecisionisti. Direi il genere che, quanto più si lascia stringere, quanto più sfugge. Ma vorrei procedere oltre. Rispetto alla questione meramente artistica, nel vostro manifesto sta scritto questo: “L’indecisionista è l’artista che esprime la sua mancanza di limiti […] Ci aspetteremo però dall’artista indecisionista quantomeno un dubbioso mugugnare o un cambio di opinione repentino”. Partendo da questo principio, però – mi si perdoni la banalità della domanda –, ancora non mi sono chiari un paio di punti. Quanti siete? Dove state? Fate mostre, letture di poesia, presentazioni di libri, incontri aperti al pubblico? E, soprattutto, se dovessi essere catapultato improvvisamente in un qualsiasi luogo del pianeta, in uno spazio in cui si sta svolgendo un happening artistico, da cosa potrei riconoscere un artista riconducibile al vostro movimento?
Si può riconoscere un artista indecisionista nell’esitante e quasi impercettibile tremolio di una pennellata, nel passo incerto di un romanzo che sembra torcersi improvvisamente su sé stesso per un cambio repentino di direzione. Un artista ascrivibile al nostro movimento fa della sua stessa vita un’opera d’arte ed è in quei momenti che lo si può osservare, seduto al tavolo di un rumoroso ristorante, che fissa mestamente un menù farcito di troppe possibilità. Degli indecisionisti esiste una lista su Penelope a pretesto, ma solo di quelli che vogliono essere in lista, fino a quando lo vorranno. Per quanto riguarda gli eventi abbiamo dei progetti, ma per il momento non possiamo dire altro.
Domanda delle cento pistole: perché fondare un movimento oggi che di movimenti non si sente più parlare e ogni artista, o pensatore, gioca come battitore libero? In fondo, questo è un mondo in cui in molti la pensano allo stesso modo, ma tutti vogliono far valere la piccola sfumatura che li rende unici.
Fondare il movimento indecisionista, da una parte sottolinea il fatto che le sfumature forse non bastano a rendere tutti unici, e dall’altra si impegna nella creazione di una polifonia di voci fuori dal coro che si uniscono in una melodia straniante a esprimere l’essenza del nostro tempo. La domanda sorge spontanea: il battitore è veramente libero?
Matteo Fais