21 Novembre 2020

“Bisogna aggredire il cuore con il cuore”. Una spietata educazione sentimentale: “Peonia rossa”

Leggete Peonia Rossa come la storia di una giovane donna posseduta da tutte le forme del sentimento. Lin Yutang ci mostra una ragazza ribelle, totalmente fuori controllo e imprevedibile, contraria alle norme di educazione. Il romanzo si apre così: il signor Fei, marito di Peonia, è morto e siamo al suo funerale. La giovanissima moglie, Peonia, è di una bellezza quasi sconveniente per la cerimonia ma soprattutto “stava ella stessa dietro al bara, simile a un blocco di infelicità coperto di tela di sacco. (…) Ma gli occhi erano asciutti, e la donna non tirava su con il naso e non gemeva forte, come avrebbero invece richiesto le buone usanze”. Peonia non faceva niente, stava semplicemente ferma davanti alla bara, il suo non fare nulla era però offensivo per chiunque fosse presente al funerale. Una moglie deve piangere il marito, deve gemere e singhiozzare, il pianto infatti fa piacere ai vivi, non certo ai morti.

Per la tradizione ci si aspetta che la vedova non si risposi, resti col letto vuoto e freddo anche se è giovanissima. Il pianto è pertanto un atto dovuto, la vicina di casa consiglia a Peonia di piangere durante tutto il viaggio di ritorno alla casa natale del marito, i parenti se lo aspettano. Quando il funerale è concluso e può chiudersi finalmente in camera, scoppia allora in un pianto disperato, ma non per il marito morto, per sé stessa, per il proprio avvenire e per la propria vita non ancora vissuta. “Peonia sapeva che cosa avrebbe potuto essere l’amore, aveva troppo amaramente sperimentato le gioie e le torture di un idillio senza speranza, e conosciuto tutti gli spasimi e i rimorsi della passione per un uomo toltole contro la sua volontà. Chin Chu, il suo amante, ora era sposato e aveva due figli”. Insomma una ragazzina ribelle. Non piange e ha un amante che è sposato con figli. La incontriamo che ha solo ventuno anni e già è una vedova irrispettosa e una donna poco rispettabile. In una Cina di fine secolo impregnata di ipocrisia e buone maniere questa eroina del femminile squarcia la finta raffinatezza della buona società, si impregna di amore e abbandoni. Vive una vita non comune.

Peonia non fa neanche in tempo a terminare i cento giorni di lutto ufficiale, per la verità non fa nemmeno in tempo a completare in solitudine il viaggio di ritorno al paese del marito, che tenta di incontrare il suo amante ma non ci riesce e al suo posto incontra un nuovo amore. Ha un fuoco che le brucia dentro, ha la necessità di appartenere al mondo e a tutte le dimensioni dell’amore possibile.Sperimentò una sensazione di appartenenza, come le accadeva sempre tra la folla cittadina, dove la separazione artificiosa tra uomini e donne era sconosciuta”. Peonia ha bisogno di sporcarsi, di mischiarsi con la gente, di appartenere solo a sé stessa e a nessun obbligo morale imposto.

Peonia aveva conosciuto l’amore straziante di una passione con Chin Chu, un primo amore intenso fatto più di negazione che di appagamento, più di attesa che di incontro. Ora in questo viaggio di ritorno, con la bara del marito sulla stessa barca, incontra il cugino di clan, Mengchia, importante consigliere e studioso di Pechino. Lo aveva visto quando era una bambina, lui per la famiglia è fonte di rispetto e onore, l’aveva accarezzata sulla fronte e le aveva detto che era una bambina brillante. Da quel momento lei aveva smesso di essere solo la bambina ribelle, era anche brillante, un salvacondotto per i suoi comportamenti irrispettosi. Mengchia è uno studioso e uno scrittore, un uomo che guarda le cose da un altro mondo, da una forma di isolamento visivo tutto personale, un uomo di trentotto anni che era felice della propria vita appartata. Mengchia aveva fatto della sua condizione di scapolo una roccaforte, i suoi pensieri appartenevano solo a lui. Questa forma di reclusione volontaria cessa però nell’attimo in cui Peonia entra nella sua vita: “L’amore era una forma di furto nella quale una persona estranea si insinuava dentro di te per prendere dimora nel tuo essere e reclamarne il possesso”.

Che cosa sarà di noi?” domandò Mengchia. “Che cosa potrà essere di noi se proviamo questi sentimenti? Per tutta la vita ho cercato questo, qualcosa che fosse importante e colmo di significato”. Peonia vuole un amore che abbia significato, un sentimento a cui poter dare un nome, che possa essere nominato e raccontato. In realtà questa è una vana illusione e se ne renderà presto conto anche lei. Ciò che ha significato vuol dire che è anche conosciuto, quindi può essere messo dentro una scatola e gettato facilmente. Non è la conoscenza che ci salva, la conoscenza non conserva niente.

Tutto il comportamento di una donna può essere spiegato in base all’istinto primevo di trovare un compagno soddisfacente. (…) Quando il matrimonio viene predisposto dai genitori, l’istinto continua ad agire, imperioso, imperterrito. Esso si esprime con la passione. Definita, il più delle volte, cieca, essa non lo è affatto. Una ragazza matura sa sempre perfettamente quello che sta facendo quando si innamora. Peonia non faceva eccezione alla regola”. Da un autore che ci propina una storia da vera eroina femminile con la missione dell’amore, ribelle e anticonformista, non ci aspetteremmo assolutamente questa riflessione tristemente disincantata che sfiora anche un certo cinismo maschilista. Eppure non possiamo negarlo. L’istinto primario è la conquista di un territorio sicuro da definire proprietà privata. Ci potranno essere anche grandi amori nel corso della vita di una donna ma la necessità di accasarsi può superare qualsiasi ricordo, qualsiasi passione tragica. Persino la nostra cara Peonia non fa eccezione. Scegliere il sentimento vuol dire anche sacrificio e non tutti sono disposti a sacrificarsi, a usurare gli anni col silenzio e con l’attesa.

Fondamentalmente questa è la storia di una giovane donna che gode dei piaceri della vita, che non si nega nessuna possibilità, a spese proprie e a spese anche di chi è innamorato di lei. Non negarsi niente è comunque una forma di egoismo. Alla fine tutti sono innamorati di lei, infelici e ammogliati. Lei si trova un banale uomo, concreto e analfabeta, si sposa e va in una fattoria. La grande Peonia Rossa che ha destato scandalo andando a piangere disperata davanti alla tomba del suo amante defunto e sposato finisce per sposarsi con uno qualsiasi. L’amore forse non fa parte della vita quotidiana, per essere straordinario deve anche esserci privato. “L’amore è il padre della tragedia, dello spirito tragico. Altrimenti diviene una farsa superficiale o una questione di tre pasti al giorno. (…) Forse potrò amarlo di nuovo quando sarò separata da lui, quando lo avrò perduto”.

Leggete Peonia Rossa di Lin Yutang (in Italia è stato edito da Bompiani nel 1964, per la traduzione di Bruno Oddera) se volete trovare una spietata educazione sentimentale, egoista e vorace, e se non avete paura di essere però delusi dalla banalità che sta alla base dell’uomo. Tutti gli impulsi si assomigliano, tutti i desideri finiscono nello stesso sacchetto dell’indifferenziata. L’amore infatti non è per tutti; quando Peonia lascia Mengchia egli si ammala, perde lo spirito: è andato via dal corpo e al suo posto sono entrati spiriti inferiori. Il sentimento mette alla prova anche il corpo, bisogna ammettere che non tutti siamo capaci di grandi passioni. C’è chi la passione non è in grado di reggerla, chi si sfianca alla prima salita.

Bisogna aggredire il cuore con il cuore”.

Ti ho fatto male?” egli le domandò. “No, mi hai reso molto felice facendomi tua. Bisognava che fosse doloroso per essere ricordato. Ho sentito ch’era come la nascita di un nuovo essere in me, questo risveglio dell’amore. Ora sono una donna. Doveva essere doloroso”.

Clery Celeste

*In copertina: una immagine tratta da “In the Mood for Love” di Wong Kar-wai, 2000

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