12 Luglio 2018

Le donne lo fanno meglio: a Santarcangelo Festival ci sono Mallika (svestita: vi fa paura?) e Dewey Dell una Alice nel Paese delle Meraviglie 4.0

Le donne lo fanno meglio. La conferma è arrivata a Santarcangelo Festival 2018 dove, all’interno dello spazio più “proibito” del borgo clementino, hanno fatto vedere al pubblico di che pasta sono fatte. Nel “timone” dell’11 luglio – nonostante la consapevolezza della sauna che si prova all’interno dello Spazio Saigi – avevo appuntato due spettacoli, “Be careful (Thoda Dhyaan Se)” di Mallika Taneja (Nuova Delhi, India) e “I am within” di Dewey Dell, collettivo giovanissimo che fa spoletta tra Cesena e Berlino. E il naso – la scelta dei due lavori è stata decisa sentendo l’odore della carta della brochure – non mi ha tradito.

“Be careful” è un assolo originale e fresco (non è un ossimoro) sulla condizione della donna in India. Mallika si presenza al pubblico completamente svestita (vediamo se qualcuno polemizza ancora sulla nudità): la platea diventa dapprima uno specchio e successivamente un confessionale. Una stanza della vestizione, essenziale e spoglia, che fa da cornice, anche grazie alla scelta di porre ai lati alcuni “servi muti” e altrettanti attaccapanni ricolmi di stoffe e abiti coloratissimi, alle condizioni (e alla ricerca di modernità) delle donne indiane. Il camerino possiede una forza stratificata: è un luogo di solitudine (Mallika per i primi 10 minuti non para) che diventa un set fotografico (si mette in posa, prima di fronte e poi di lato e sorride) e infine uno spazio di incontro (rivolge ai presenti una serie di domande). Quello che apparentemente poteva sembrare una semplice performance fisica, in fieri si trasforma in una finestra aperta su una realtà sociale lontana e vicina: mentre inizia un lento processo di vestizione – alla fine si ritrova addosso oltre 20 abiti – la sua voce si fa rosario: a lei è concesso di uscire di casa da sola sino alle 18, dopo questa deadline la libertà e il cielo delle notti indiane le sono accessibili solamente se accompagnata dal fratello. “Be careful” le dice il padre, “stai attenta”. I pericoli corrono su quattro ruote: sono quelli che si palesano sugli autobus che come vene attraversano il corpo del Paese, e hanno le forme degli uomini. La voce di Mallika, ritmica e musicale, allegra e piacevole, sorridente e cantilenata, ironica e comica, ammorbidisce il dramma, e lo rende – alla fine – forse meno pericoloso. Anche perché, sotto quella montagna di vestiti, il corpo perde tutte le sue forme.

Buon sangue non mente: “I am within” di Dewey Dell è, senza timori di smentita, un lavoro che contiene, in nuce, i cromosomi della Socìetas Raffaello Sanzio, più precisamente quelli delle “Crescite” della “Tragedia endogonidia” (un percorso in una dozzina circa di tappe europee che, se fosse stato in vita, Eugenio Montale avrebbe inserito tra i capolavori da portare nel nuovo millennio). Tra le componenti, giovanissime, di Dewey Dell vi sono le figlie “Castellucci” che hanno ben in testa come si fa il teatro. E “I am within” ne è una dimostrazione cristallina: estrema attenzione al tappeto sonoro – si inizia con le voci dei cetacei e poi si scende nei rumori a loop, campionati con eleganza – e altrettanto rigore ai movimenti. Disciplina quasi giapponese, attenta al dettaglio, che innerva e mette in scena il rapporto tra il mondo dell’infanzia e la morte.

Lo sfondo, accennato dalla divisa militare della ragazzina protagonista, è quello di una guerra. Una ragazzina costretta a essere già grande (“Alice nel Paese delle Meraviglie” in versione 4.0?), costretta a dover confrontarsi con la perdita di un figlio (o di un peluche), ricordato in scena da un sudario bianco (forte l’impronta cristiana) che diventa velo di lutto, telo per coprire un’uccisione, coperta di protezione (quella di Linus). Una bambina ancora più piccola e vestita da regina, a metà spettacolo, irrompe sulla scena, si avvicina alla giovane e con un dito fa il gesto di tagliarle la gola. La ragazzina però resuscita – altro elemento di matrice cristiana cattolica – e si avvicina al fondale dove due braccia la avvolgono per ricreare una straordinaria “Pietas” del Canova in cui lei diventa Cristo e la Madonna, coperta con un telo nero appoggiato sul volto, una Maria multietnica.

Alessandro Carli

Gruppo MAGOG