01 Giugno 2019

500 anni senza Leonardo da Vici, il genio eccelso. “Essere grandi, spesso, significa essere molto soli”: intorno alla sua vita straordinaria è nato uno spettacolo teatrale. Intervista all’autrice

È il 2 maggio 1519, Leonardo da Vinci, nel maniero di Clos Lucé, da qualche anno la sua ultima dimora, per disposizione del re di Francia Francesco I, muore. Dietro di sé, una vita straordinaria, l’opera inestimabile di un genio eccelso del Rinascimento. Cala la notte sull’esistenza terrena dell’artista pittore, scultore, architetto, progettista, anatomista, nato il 15 aprile 1452 nei pressi di Vinci, in Toscana, allievo talentuosissimo del Verrocchio, e si allungano le ombre sulle sue opere, avvolte dal mistero più seducente. Ma cosa si conosce davvero di lui? Cosa si nasconde dietro la maschera dell’uomo celebrato oggi, a cinquecento anni dalla morte? Che ne sappiamo della sua esistenza?

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A Varese, in questi giorni, vicino alla Milano dove ha vissuto dal 1482 al 1500, si scava attorno all’enigma Leonardo, con una mostra di Fabrizia Buzio Negri (che è stata inaugurata il 30 maggio in Sala Veratti) dedicata alle macchine, nelle realizzazioni di Paolo Candusso, in collaborazione con A.N.V.O., l’associazione dei Navimodellisti Valle Olona e grazie a un interessante spettacolo teatrale, Leonardo – Luci e ombre del genio da Vinci, che debutterà il 13 giugno al teatro Santuccio (via Sacco, 10), scritto da Roberta Colombo e con la regia di Andrea Minidio (il ricavato dello spettacolo sarà devoluto a G.A.F. Global Afghan Forum, un’associazione no profit che si occupa dell’istruzione e del sostengo nelle scuole in Afghanistan). Intercettiamo l’ideatrice dello spettacolo, la giovane Roberta Colombo, che, dopo lo spettacolo L’ultimo lenzuolo bianco – pièce che ha avuto moltissime repliche in giro per l’Italia, ispirata al romanzo di Farhad Bitani, edito da Guardaldi – si è lanciata in una nuova, avvincente sfida (insieme a Tommaso Fermariello, nel ruolo del giovane Leonardo, Filippo Castelli, il compagno di bottega Pietro, ad Andrea Minidio, il regista, nei panni di maestro Verrocchio, Gianni la Rocca, Lorenzo de Medici, Aurora Scarpolini, la giovane cortigiana, che vedremo poi cresciuta in chiusura di spettacolo nell’interpretazione di Gloria Dusi. Le scenografie, invece, realizzate a mano, sono del giovane Alessandro Bresciani, la musica rinascimentale, con strumenti d’epoca, di Atmosfera Ensamble).

Quali sono state le difficoltà che hai incontrato nella ideazione e nella messa in scena dello spettacolo dedicato al genio da Vinci?

Le difficoltà che si presentano affrontando un personaggio del genere sono tante: prima fra tutte il suo essere così grande e sfaccettato, mi ci sono accostata con umiltà, prediligendo il suo lato più umano. Si può parlare e interpretare Leonardo in tantissimi modi, il rischio era quello di perdersi. L’idea è stata quindi quella di concentrarsi sul suo essere più intimo, su quelle che potevano essere le sue emozioni, i suoi pensieri, le sue difficoltà nel ritrovarsi ad essere un giovane genio in una società come Firenze. Ho cercato di raccontare in cinque “quadri”, se possiamo chiamarli così, le varie sfaccettature di Leonardo e il suo rapportarsi con alcuni personaggi che hanno fatto parte della sua vita: alcuni realmente esistiti, come il Verrocchio e Lorenzo de’ Medici, altri più metaforici, che racchiudono in un’unica persona i possibili amori della sua vita e il rapporto con i sentimenti”.

Ma chi è veramente Leonardo da Vinci? Che cosa sappiamo di lui?

“Leonardo da Vinci è sicuramente una delle personalità più poliedriche e misteriose della storia, ma è anche, e soprattutto, la nostra storia. È necessario quindi celebrarlo, attraverso tutte le forme d’arte possibili… Noi ci abbiamo provato con il teatro. Per l’Italia e per il mondo è il genio per eccellenza. Difficile farne un ritratto biografico preciso e rigoroso, ci sono ancora tanti interrogativi e misteri attorno alla sua vita. Sicuramente era tante cose, e non una sola: luce e ombra, insomma”.

Che cosa significa essere un giovane genio?

“Scoprirsi un genio non deve essere facile: si deve fare i conti con le invidie degli altri, affrontare sacrifici e trovarsi davanti a scelte difficili. A volte bisogna fare delle rinunce, mettere in secondo piano altre cose, come i sentimenti. Arrivare in alto, senza porsi limiti, ha il suo prezzo da pagare. Leonardo aveva questa “fame” di sapere, di crescita, di rivalsa verso una società che lo vedeva come un figlio illegittimo. Alti e bassi, quindi, luci e ombre: tra picchi di gloria e frustrazione, come la crisi che lo coglie dopo l’accusa anonima per sodomia”.

Una fotografia di scena dallo spettacolo “Leonardo – Luci e ombre del genio da Vinci”, che debutterà il 13 giugno a Varese

Qual è il prezzo che deve pagare per il successo, per la sua diversità?

“Ho voluto dare una mia chiave di lettura attorno a questo concetto di “prezzo da pagare”. Sicuramente le invidie e la concorrenza di una Firenze molto competitiva, ma anche le rinunce affettive: nel nostro spettacolo la figura del giovane compagno di bottega Pietro e la giovane cortigiana sono proprio questo, ovvero metafore di questi “amori” non vissuti fino in fondo, per così dire sacrificati. Il nostro Leonardo soffre spesso per la sua “diversità”. Essere grandi a volte significa essere molto soli, non tutti riescono a capirti. È una grazia e una condanna allo stesso tempo. Ma essere se stessi è sempre la strada giusta. Questo suo lato fragile lo avvicina molto ai giovani di tutti i tempi. Anche ai nostri: spesso essere diversi, anche se talentuosi, significa non essere capiti o emarginati dalla società”.

Cosa sappiamo davvero delle relazioni sentimentali di Leonardo?

“Non sappiamo davvero molto, non ci sono certezze. Molte fonti sono contrastanti le une con le altre, leggende e dicerie sono sempre dietro l’angolo quando si parla di Leonardo. Molti parlano della sua omosessualità, altri della sua assidua frequentazione di bordelli, ma anche di donne nobili. Qualcuno parla di figli. Quello che è certo, secondo me, è il forte istinto volto alla scoperta, l’innata curiosità, il voler conoscere tutto del mondo e dell’uomo. Un uomo così, a mio avviso, non poteva che vivere l’amore e le relazioni nella sua totalità, senza precludersi nulla, così come la sua arte che ha abbracciato davvero discipline diverse tra loro e spesso contrastanti. All’insegna di “Amor ogni cosa vince” e, se lo diceva Leonardo, forse vale la pena crederci”.

Linda Terziroli

*In copertina: la “Belle Ferronnière” di Leonardo, dipinta tra 1490 e 1495

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