20 Giugno 2018

La politica è peggio di “Suburra”. Mengoli ci spiega l’‘affaire’ stadio della Roma. Tra fancazzismo, paraculaggine e… Monicelli

L’attualità, a volte, è una fonte sublime di comicità assoluta. E come spesso capita nella migliore narrazione comica, per dargli un tocco d’autore, c’è l’eroe per caso e, infine, si sfocia nel tragico, sulla falsariga del capolavoro di Monicelli, La grande guerra, con Alberto Sordi e Vittorio Gassman. Dinamiche che ritroviamo nella vicenda degli ultimi giorni sul progetto del nuovo stadio di Roma, con l’inchiesta che ha portato in carcere per corruzione una decina di nomi eccellenti del tessuto politico-imprenditoriale romano e nazionale (e che preannuncia sequel più di una serie di successo di Sky e Netflix).

A prescindere dalla cronaca e da eventuali anni di carcere per i presunti responsabili, ci sono un paio di immagini dalla vis comica potentissima.

“Qui non si usa” pare abbia risposto Pierfrancesco Maran, assessore all’Urbanistica di Milano e nostro eroe per caso, quando la comitiva romana, capeggiata dal palazzinaro Luca Parnasi, ora agli arresti, ha provato a usare le stesse dinamiche romane per il futuro stadio del Milan, dinamiche che hanno poi scaturito l’inchiesta romana e le relative manette.

Risposta di Maran a quale domanda? Lo scopriamo dal Corriere della Sera: “Gli abbiamo proposto un appartamento – raccontano intercettati gli uomini di Parnasi – ma lui ha risposto di no dicendo che lui ‘non voleva prendere in giro chi l’ha votato’”.

Sentire una roba così da un politico italiano è da pelle d’oca. Per dire, io da vecchio romanticone, mi sono commosso perché era dai tempi di De Falco che urlava al telefono a Schettino che non ci ricapitava un simile eroe borghese.

Che poi quel “Qui non si usa” detto proprio a Milano suona un po’ pretenzioso, con tutti gli scandali che abbiamo registrato nel capoluogo lombardo da Tangentopoli all’altro ieri, ma va bene lo stesso, non andiamo troppo per il sottile.

Con Parnasi – altra constatazione fulminante – che ha detto: “Abbiamo fatto una brutta figura: sembravamo i romani dei film quando vanno a Milano”.

Anche se forse è troppo bello perché sia andata esattamente così. Difatti il Corriere della Sera puntualizza che “quelle frasi l’assessore le avrebbe davvero sbattute in faccia agli emissari di Parnasi, ma per stoppare un abbozzo di progetto un po’ raffazzonato”.

Però va bene uguale per farci dire che l’Italia va male perché ci siamo fatti fregare da chi ci rappresenta a livello istituzionale. Sentite questa: un alto dirigente di una importante industria alimentare italiana di fronte a una delicata riunione in Europa si è sentito dire dal giovane rappresentante ministeriale che doveva tutelare gli interessi nazionali del settore: “Parla tu perché io non so niente, non so neanche perché mi hanno mandato qua”.

In un paese che deve svoltare, dopo decenni di fancazzismo e paraculaggine, proporre un progetto raffazzonato – in realtà, nelle intercettazioni, un funzionario di Palazzo Chigi dice che il nuovo stadio di Roma “è uno schifo” – per la realizzazione di un’opera dall’enorme impatto come uno stadio meriterebbe se non le manette, la pubblica derisione all’infinito. Da noi invece vale la presidenza dell’Acea a Luca Lanzalone – il super-consulente del Movimento 5 Stelle e appunto presidente della multiservizi di Roma –, dimessosi per l’arresto ai domiciliari e che, addirittura, pareva essere l’alternativa a Conte come premier!!!

A conclusione del lato comico della vicenda c’è la tanto involontaria quanto strepitosa battuta della sindaca Raggi dinnanzi all’ennesimo scandalo che coinvolge suoi strettissimi collaboratori: “Accanimento perché sono una donna”.

Qual è invece la chiusura tragica? Che la politica – romana e non solo – è peggio di Suburra. Fiction o non fiction, questo è il dilemma.

Michele Mengoli

www.mengoli.it

Gruppo MAGOG