01 Novembre 2018

La Murgia, nel suo ultimo libro, a furia di giocare coi paradossi e sbertucciare i fascisti, finisce per mettere in luce tutte le colpe del sistema democratico

Se c’è un errore che non si deve mai commettere è sottovalutare l’avversario. Questo dovrebbe essere per noi un maestro in negativo. La formazione delle nostre idee avviene anche, in buona parte, come antitesi al suo pensiero. Proprio per tal motivo, se si vuol imparare a pensare bene, bisogna scegliersi degli antagonisti intellettualmente validi. Fuor di dubbio, Michela Murgia è in tal senso una che merita. La potete detestare, odiare, ritenere insopportabile, ma non perdete mai di vista che non è con una fessa qualsiasi che avete a che fare. I suoi ragionamenti sono serrati, spesso sillogisticamente impeccabili. E poi li sa scrivere – difficile che, quanto a stile, siate in grado di insegnarle qualcosa. Diciamo tranquillamente che è molto meglio lei di tanti suoi detrattori.

È proprio in ragione di tutto ciò che non ci si dovrebbe perdere per nulla al mondo il suo ultimo lavoro – ma anche i precedenti –, un saggio ironicamente intitolato Istruzioni per diventare fascisti, uscito per Einaudi. La Murgia è forse uno dei pochi intellettuali organici rimasti a quella miseria di sinistra che abbiamo in Italia. Di lei mi viene da pensare quel che l’ispettore Ginko dice di Diabolik: “Peccato che un cervello simile non sia votato al bene”. Dico ciò perché la scrittrice sarda, a mio modestissimo avviso, sa bene di non dire tutta la verità. Del resto solo gli ingenui gridano in modo scomposto che il re è nudo, gli altri con grande pacatezza si limitano a ciò che gli conviene. Ma andiamo con ordine.

A fronte di certe sparate a cui ci aveva abituati – la “matria” innanzitutto –, bisogna riconoscere che molte pagine di queste Istruzioni tracimano di sano buonsenso. Persino l’uomo di destra, fatta eccezione per i pochi affetti da squilibri mentali e quindi, per esempio, simpatizzanti per il nazismo, non potrà che darle ragione. D’altra parte, come si diceva, molto è buonsenso, per non dire banalità, per chiunque accetti di partecipare alla normale dialettica democratica – sia chiaro, anche dare una struttura sistematica e consequenziale a singoli discorsi scontati è tutto fuorché semplice. Pertanto non si può che convenire su certe considerazioni quali quelle che in democrazia non ci possono essere capi, ma solo leader, con tutto ciò che questo comporta, come la costante messa in discussione del proprio ruolo e dell’indirizzo dato al partito. Al contrario, un capo non può permettersi la negoziazione e il dissenso. Altrettanto vero è che il fascismo, o anche il mero autoritarismo, affascina perché garantisce maggiore rapidità di azione: se è uno a decidere, se non deve mai trovare un accordo tra le più disparate istanze, è chiaro che procederà molto più celermente nella sua azione di governo. È poi, per esempio, incontestabile che la concentrazione di voti su singole figure, come avviene nel tanto auspicato bipolarismo, ha qualcosa di pericolosissimo, perché le mille sfumature nazionali non potranno certo trovare rappresentanza in due personaggi, anche presupponendo tutta la loro buona volontà.

Ma non finisce qui. C’è molto altro di sacrosanto tra le righe della Murgia, passi che si potrebbero idealmente inserire in una sorta di Vangelo democratico. Aprendo a caso il libro e sempre senza dimenticarsi lo spirito paradossale che lo anima, è facile imbattersi in brillanti riflessioni quali: “La democrazia ha la demenziale caratteristica di essere un sistema di governo che si fonda sul dissenso, anziché sul consenso”. Bello, bellissimo, tutto giustissimo e che Dio benedica ogni dissenziente e lo conservi! Persino quando si fa più radicale, raggiungendo per dir così il climax argomentativo, la vincitrice del Campiello ha ragione da vendere citando Popper e la sua Società aperta in cui non si può e non si deve garantire la tolleranza per gli intolleranti. In democrazia non posso asserire che questa è radicalmente sbagliata e andrebbe abolita. Per dirla in termini spiccioli e con un esempio degno delle migliori metafore di Pier Luigi Bersani: non si può entrare in un campo, dove si sta disputando una partita di calcio, pretendendo di imporre le regole del rugby. Sfido chiunque a dire che l’autrice ha torto. Impossibile! Un fascista che pretendesse democratica tolleranza sarebbe ridicolo, un paradosso vivente.

MurgiaDetto ciò, vi sono a ogni modo un paio di cortocircuiti che sfortunatamente vanno a minare la portata filosofica delle argomentazioni avanzate dalla Michela nazionale. Praticamente, per quanto i bersagli principali del suo attacco, inevitabilmente data la prospettiva ideologica della scrittrice, siano Lega e Cinque Stelle, nessuno si salva dall’avere almeno un piede immerso nella morchia fascista. Lei dice che criticare l’avversario politico facendolo diventare un nemico e assimilandolo a una bestia, o mettendolo in ridicolo per le sue caratteristiche fisiche, è fascista. Ma, allora, chi non è fascista? Berlusconi è stato sempre definito il nano di Arcore, Brunetta qualcosa di simile, chi era contro Renzi era un “gufo”. Insomma, se tutti sono fascisti, nessuno lo è veramente. In effetti, il sospetto viene. Ma diciamo che questo sarebbe il meno. La Murgia, essendo una scrittrice, coglie giustamente che i confini tra bene e male non sono così netti come li si vorrebbe dipingere agli occhi degli elettori. Come sottolinea lei stessa, se non ricordo male, nello spettacolo che ha portato in giro per le piazze – propedeutico alla stesura del testo – molta gente che si considera democratica e di sinistra utilizza poi dei metodi fascisti. Anche qui niente di nuovo nel nostro paradossale modus essendi all’italiana: si tratta del classico “fascismo degli antifascisti”, già denunciato anche da Pasolini.
Molto più grave è il fatto che la Murgia, a forza di muoversi al limite del paradosso, finisca per cadere nella condizione mirabilmente descritta da Nietzsche: “Se guardi troppo a lungo nell’abisso, anche l’abisso guarderà in te”. Cercando di motteggiare il fascista, questo modello ideale che lei ha in testa, in qualche misura deve dargli anche un po’ ragione. Infatti il suo libro, più che dimostrare i pericoli di quel regime a cui, sempre a suo modo di vedere, è facile tornare anche dopo decenni di democrazia, rischia di palesare unicamente i grandi limiti di quest’ultima. Certo che il cosiddetto populista ha buon gioco nel far leva sulle paure altrui e nel mostrarsi il solo interessato a risollevare le masse dalle loro fosche sorti, durante i periodi di crisi. Va da sé, però, che questo fascismo non attecchirebbe, se la democrazia non facesse acqua da tutte le parti. Realisticamente parlando – e qui, ahinoi, la Murgia non mantiene la precedente promessa di buonsenso – il fascismo, come lo chiama lei usando con gran disinvoltura il concetto, cresce e prolifica nei territori incolti e malsani della democrazia. Per spiegarci, parlando fuori dai denti: è solo perché ci sono molte persone senza lavoro che, chiunque prometta loro un reddito di sussistenza, troverà chi sia disposto a dargli credito. La storia lo prova. Come mai Hitler è riuscito a salire al potere e a mantenerlo, prima che si autodistruggesse in preda alla sue folli ambizioni da imperatore? Perché ha promesso e dato lavoro a tutta quella gente che non ce l’aveva più o l’aveva perso. Sociologismi a parte, spesso la realtà è molto più semplice di come appare. Similmente, se tutti in democrazia avessero diritto a un reddito minimo, nessuno rischierebbe la galera finendo tra la manovalanza mafiosa. Ma ciò cosa prova: la perversità della strategia fascista, o il fatto che la democrazia non stia in piedi? Il dubbio sorge, ma apparentemente non sfiora l’autrice. A voler giocare a fare i marxisti – e Marx come filosofo è più realista del Re – tutte le bellissime libertà formali garantite dal regime democratico sono vuote, se prima di tutto non si soddisfano i bisogni primari della gente. Chiedetevi questo: se oggi arrivasse un uomo forte al potere, capace di garantire un avvenire economico a voi e ai vostri figli, ma facesse chiudere tutte le principali testate giornalistiche nazionali, secondo voi il popolo lo voterebbe? La risposta, a meno di non voler fare gli idealisti ciechi, è sì. Di libertà, spiace dirlo, campano poche persone, questo è un fatto. Certo ci sarà sempre chi è disposto a morire per un grande ideale, ma tra inedia e imperativi dello spirito il popolo ha già scelto. Ribadisco, basterebbe smetterla di fare “quelli di sinistra” e leggere più attentamente l’autore di Il Capitale. L’economia è la base, tutto il resto è sovrastruttura. Se è pur vero che, arrivati a un certo punto, intercorre tra i due elementi un rapporto di reciproca influenza dialettica, è altresì vero che al fondo di tutto sta quella sporca cosa chiamata materia economica. I ragionamenti teorici sono importanti, ma devono costantemente confrontarsi col reale per mettersi alla prova. La morale, nove volte su dieci e al di fuori della oziosa discussione tra filosofi, è bieca e sordida: all’aumentare della fame, essa conosce una brusca virata verso l’inferno. Criminalità, prostituzione e via dicendo si incrementano dove c’è penuria. Gli ideali sono un lusso della borghesia. L’odio per gli immigrati, seppur malamente assistiti, si fomenta ovunque vi sia una disparità di trattamento: se lui viene aiutato e io no, finirò per odiarlo, insieme alla democrazia che si occupa di tutti fuorché di me.

La Murgia tutto questo lo sa benissimo, ma ci fa, dice quello che si deve dire, senza il coraggio di muovere quel passo che dall’ovvietà conduce allo scandalo della verità. Dispiace non abbia avuto tanto ardore e si sia limitata a scrivere “uno strumento di comprensione utile soprattutto alla classe più colta sfinita dalla democrazia, perché alla massa popolare non è mai stato necessario spiegare che il fascismo è meglio”. Al netto della provocazione, meglio sarebbe stato se una intellettuale, che dal popolo viene, gli avesse accordato una maggiore considerazione. Altrimenti questa finisce per essere come il sistema scolastico in quel bellissimo film, La scuola, che “serve solo a quelli che non ne avrebbero bisogno”.

Matteo Fais

P.S: Caro lettore, esaurire in poche pagine Istruzioni per diventare fascisti è impossibile. Molti altri punti sarebbero da elogiare e altrettanti da criticare in questo libro. Il mio consiglio – perdonami per il mio essere così didascalico – è leggere il testo in discussione che, comunque tu la pensi su tali questioni, non potrà che fornirti molti spunti di riflessione.

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