07 Novembre 2017

La divina di Albert Camus, un amore "di cristallo puro". Escono le lettere con Maria Casarès

Una straordinaria storia d’amore. La fotografia li blocca insieme, sul balcone della camera al 148 di rue de Vaugirard, Parigi. Lui. Bello come Humphrey Bogart. Appeso all’inossidabile sigaretta. Sorriso malizioso. Consueto cappotto. Lei ha la vestaglia. Mani in tasca. Sorriso da divina. Capelli tirati indietro. Lei non sorride, a dire la verità. Sfida. Maria Victoria Casares Pérez. Classe 1922. Il padre Santiago è stato l’ultimo Presidente del Consiglio spagnolo prima dell’insurrezione di Franco, nel 1936. Per questo Maria è a Parigi, in esilio. A Parigi la divina si fa chiamare Maria Casarès. Che donna. Al cinema è immortalata da Robert Bresson (Perfidia), da Marcel Carné (Amanti perduti), da Jean Cocteau (Orfeo). Prima del successo al cinema, però, c’è l’incontro con lui.

Camus Casarès
Albert Camus e Maria Casarès si incontrano nel giugno del 1944

“Maria Casarès e Albert Camus si incontrano a Parigi il 6 giugno del 1944, il giorno dello sbarco alleato. Lei ha ventuno anni, lui trenta. Maria è nata a La Coruña, in Spagna, è arrivata a Parigi nel 1936, a quattordici anni, come la maggior parte dei repubblicani spagnoli… Albert Camus, all’epoca separato dalla moglie, Francine Faure, a causa dell’occupazione tedesca, è impegnato nella Resistenza. Nell’ottobre del 1944, quando finalmente Francine Faure può riunirsi con il marito, Maria Casarès e Albert Camus si separano. Ma il 6 giugno del 1948, in Saint-Germain, si ritrovano – e non si lasceranno più” (Catherine Camus). Passione pazzesca nella Parigi occupata. Una storia che fa un baffo a Casablanca e relega Il dottor Zivago (il film) a storiella masturbatoria adolescenziale. “Ci siamo conosciuti, ci siamo riconosciuti, ci siamo abbandonati uno all’altra, abbiamo cesellato un amore che incendia, di cristallo puro, ti rendi conto della nostra felicità, di ciò che ci è donato?”, scrive lei, nel giugno del 1950. Lui, qualche lettera prima, aveva già descritto, con acribia filosofica, la quintessenza di quell’amore: “Ugualmente lucidi, ugualmente sapienti, capaci di capire tutto e tutto sormontare, sufficientemente forti per vivere senza illusioni, e legati l’uno all’altra, come i legami della terra, dell’intelligenza, del cuore e della carne, niente può, già lo so, né sorprenderci né separarci”. La Correspondance (1944-1959) tra Maria Casarès e Albert Camus, sessant’anni dopo il Premio Nobel per la letteratura allo scrittore de La peste è annunciata dall’editore Gallimard come un avvenimento culturale (qui), in uscita il 9 novembre. In attesa dell’edizione francese e della traduzione italiana, un paio di lettere per ingolosire gli amanti.

 

Albert Camus a Maria Cesarès

 Ore 16 [giugno 1944]

 Mia piccola Maria,

speravo di incontrarti, ora, telefonando a casa tua. Ma non ho nemmeno il tempo per farlo. Allora, tra due appuntamenti, ti mando questa parola. Non significa nulla naturalmente. Ma credo che la troverai, al ritorno, questa sera, e poi mi penserai un po’. Sono stanco, ho bisogno di te. Ma, è ovvio, non si può dire una cosa del genere, dovresti essere addosso a me.

Buona notte, mia cara. Dormi, pensa a me, con forza. Ti abbraccio da qui al domani.

Albert Camus a Maria Cesarès

 Giovedì, ore 10 [di sera] [giugno 1944]

Sono così felice, Maria. Come è possibile? Quello che mi fa tremare, è una sorta di gioia folle. Ma allo stesso tempo, sono trafitto dall’amarezza – partirai, la tristezza dei tuoi occhi mentre mi lasci. Davvero, quello che ho di te è un gusto in cui si mescola la felicità all’inquietudine. Ma se tu mi ami, come scrivi, dobbiamo avere altre cose. Questo è il momento di amarci, e dobbiamo volerlo con forza e a lungo, per andare oltre ogni cosa. […] Attendo domani il tuo caro volto. Stasera, troppo stanco per parlare di questo cuore traboccante a cui mi hai ridotto. C’è qualcosa che è solo per noi e dove ti raggiungo sempre, senza sforzo. Queste sono le ore in cui mi chiudo in te e tu dubiti di me. Ma non importa, il mio cuore è pieno di te. Addio, tesoro. Grazie per quelle parole che mi hanno dato così tanta gioia – grazie per questa anima che ama e che ti ama. Ti bacio con tutte le mie forze.

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