05 Agosto 2019

“Più si è feriti e più si è grandi. E più si è vuoti”: Kevin Spacey torna sul palco dopo due anni e interpreta le poesie di Gabriele Tinti. "Ho sempre parteggiato per i capri espiatori"

Gabriele Tinti ama mettere KO i luoghi comuni. Lo conosco da tempo; nel 2016, con Skira, pubblica Last words e la sua scelta ribalta tutti i canoni. Raduna le parole dei suicidi testimoniate su internet. Parole ordinarie di gente ordinaria che ha percorso la scelta estrema, traducendo il male in gesto contro di sé, contro tutto. Poesia desunta dal nulla, che turba – perché poesia è la parola ultima, dedotta in testamento. Intervistato su questo foglio, Tinti ha denudato la propria estetica (“non c’è poesia al di fuori del dolore”) e il proprio esilio dalla tribuna lirica italica: “So di essere un outsider”. E poi: “La poesia in Italia, e non soltanto qui ma in particolar modo qui, regno della cricca, agonizza in quanto confinata da un pregiudizio linguistico in un genere letterario. Si è ovunque sostanzialmente rimosso il significato primario di creazione, composizione, della parola poiesis”.

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L’ultima di Tinti – di cui hanno dato nota, va da sé, in tanti – va nel solco dello sconcerto. Tinti non vuole ‘stupire’. Ama gli estremi. Ama fare vigna tra i perduti, i perdenti, i battuti dalla vita. Mi dice. Kevin Spacey ha letto le mie poesie ispirate al “Pugilatore a riposo”. Figurati. Tinti è solito ‘imboccare’ le sue poesie nell’ugola di grandi interpreti. Robert Davi, Alessandro Haber, Franco Nero, ad esempio. Ma… Kevin Spacey, due Oscar in teca, quello di American Beauty e dei Soliti sospetti e di House of Cards e di decine di altri capolavori. E delle accuse deflagranti. 60 anni compiuti il 26 luglio: festeggiati con il ritiro delle accuse di molestie da parte dell’attore Anthony Rapp. Altre ne restano in piedi, ma sta di fatto che quella al Museo Nazionale Romano di Palazzo Massimo, il 2 agosto, con le poesie di Tinti tra le mani, è la prima apparizione pubblica di Spacey dopo due anni. “In questi ultimi due anni numerose personalità della cultura come Bertolucci, Baldwin, Morrisey, Schrader, Talese e molte altre ancora si sono espresse a sostegno di Spacey che è stato un vero e proprio capro espiatorio, vittima di un fenomeno di contagio mimetico come direbbe Girard. Dal canto mio ho sempre parteggiato per i capri espiatori”, mi scrive Tinti.

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Spacey non arriva dallo spazio. Così Tinti spiega come e perché l’attore ha accettato di leggere i suoi testi. “Ho contattato Kevin Spacey facendo parlare il mio lavoro, presentandogli il progetto. Ha subito apprezzato il coraggio e la particolarità della mia proposta. L’idea di dare voce alla statuaria antica, di donare nuova vita alle spoglie, ai frammenti, a quel che resta del nostro passato, ha incontrato la sua sensibilità e profonda passione per l’arte. La sua generosità e disponibilità nel voler far accadere la lettura ha reso tutto il resto semplice. Ha messo nella collaborazione una intensità di partecipazione da me inaspettata, a testimonianza del grande artista che è. Non c’è dubbio infatti che egli sia uno dei più grandi attori viventi. Per me è stato un onore abbia accettato di leggere i miei versi; essere riuscito ad affidarli proprio a lui e poterli così sentire risuonare nella sua voce è stato un privilegio”.

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Probabilmente Spacey si è sentito in sintonia con il pugile narrato da Tinti. Qui, per gentile concessione, pubblico le lasse in prosa del testo.

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Per favore, ripeti. Non riesco a sentire quello che dici. Il mio viso è di bronzo, non lo vedi? Guarda i miei occhi, le mie orecchie, questo petto. Ripeti se vuoi. Oppure risparmia il fiato. Le parole si rassegnano davanti a me. Ogni volta c’è qualcosa che non torna, la voce si perde. Non so perché ma non è mai abbastanza. Come dici? Forse hai ragione. Più si è feriti e più si è grandi. E più si è vuoti. M’hanno usato per i loro divertimenti, nutrito di roba scadente. La vita se n’è andata in un momento. È sempre stato così: ho lottato, cercato un orlo, un’alba dove poter ricominciare. Ho passato un’infinità di notti senza dormire. Sono rimasto ore e ore a sudare per distruggere e cadere. Ho fatto di tutto per occupare ogni vuoto. Il sangue brillava nelle mie vene e io, in fondo, ho sempre voluto precipitare.

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Questi che vedi sono i miei guanti sacri alla vita, le mie ferite. Fermati un momento, appoggiaci la mano, guarda. Bisogna succhiare il cuore d’un eroe finché batte, lo dovresti sapere. Ho scosso il paese, scrollato le arene, fatto a pezzi gli avversari. Ho illuminato il buio, raccolto gli insulti, costretto agli applausi. Non tutti l’hanno saputo fare. Non te, non voi. D’altronde la vita non è uno spavento per chi non l’ha mai rischiata. Chi mi può capire? Con chi posso ancora parlare? Lo spirito è ammalato, non si può più curare. Sparirà dalla faccia della terra. È il suo destino. Lo so, adesso sono stanco e sto diventando malinconico. È per questo che m’avete scavato la fossa. L’avete aperta lassù, lontano. Per nascondermi. Per non avere problemi e non dover vedere. Stolti! Non potevate immaginare che sarei resuscitato in questo vestito di metallo, che sarei tornato a fissarvi con il mio volto scuro, senza labbra.

Gabriele Tinti

*In copertina: Kevin Spacey e Gabriele Tinti, courtesy Mauro Maglione

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