04 Aprile 2019

In superficie. Jonathan Franzen contro la mistica ecologista s’imbarca verso Antartide alla ricerca (manco a dirlo) del pinguino imperatore

Una copertina che gioca con il ribaltamento di prospettiva uomo-animale, calando l’animale nell’habitat umano, a cui regalare pose e attitudini. Esattamente come fa l’umorista Gary Larson, celebre per i suoi cartoons stranianti e spassosissimi, fondati sul medesimo meccanismo.

Stiamo parlando dell’ultimo libro di Jonathan Franzen, La fine della fine della terra (Einaudi, 2019), che già nel titolo confonde le carte, divertendosi non poco con le parole.

Nella copertina dell’edizione che esce in Italia per Einaudi, una coppia di pinguini piazzati su una poltrona rosa, osservano, attenti, lo schermo di una tv vintage. Sopra le loro teste, in alto, un enorme quadro con una pesante cornice dorata rappresenta minacciosi ghiacciai in via di scioglimento.

Di ironia la penna di Franzen non difetta e la copertina onirica e allucinatoria proposta da Einaudi, di rimando, provoca, con una sintesi metaforica, riflettendo sul modo in cui la questione ambientale viene trattata dai media, al confine fra catastrofismo, negazionismo, e rappresentazioni collocate in un limbo imprecisato fra passato remoto e futuro prossimo.

Da parte sua, Franzen prende le distanze da quello che ha definito “mistica ecologica del futuro”, che non capisce. “Restano solo dieci anni per salvare il pianeta, è un altro mantra – ha fatto notare – Ma lo dicevano anche nel 2005 e nel 1995”.

Piuttosto per lui, scrittore, c’è il viaggio: i sedici capitoli di cui è composto il saggio riassumono cinque anni di osservazioni ed esperienze in giro per il mondo. E attraverso la scrittura lo vediamo persino sul ponte di una nave direzione Antartide “esposto al vento pungente e agli spruzzi salmastri, lo sguardo fisso nella nebbia o nella luce abbagliante”, alla ricerca, manco a dirlo, di un pinguino imperatore.

Nell’edizione originale The End of the End of the Earth (pubblicato da Farrar, Straus and Giroux), si è optato per una immagine dal sapore hitchcockiano, generosa di gabbiani svolazzanti che sembra quasi sbattano contro la copertina.

Elena Paparelli

Gruppo MAGOG