11 Dicembre 2019

“L’amore può resistere solo se è fondato sul mistero, sulla levità di un inganno”: intorno a “Berta Isla”, capolavoro di Javier Marías

Sulla pelle quel brivido, l’attesa eterna di un amore? Il filo labile, sottile, spezzato e poi ritrovato, perduto, fra il sapere e il non sapere che ne è stato del nostro vecchio amore, l’oceano, misterioso, che separa l’amore e la sua assenza è nel cuore di Berta Isla (pubblicato l’anno scorso da Einaudi, eletto libro dell’anno da «El País»), appassionato, struggente, inquieto e shakespeariano romanzo del grande scrittore spagnolo contemporaneo Javier Marías, pluripremiato (Premio de la Crítica 1993, Prix L’Oeil et la Lettre 1993, Premio Impac di Dublino 1997) e conosciuto soprattutto per Domani nella battaglia pensa a me, per lo straordinario Un cuore così bianco, tradotto in venticinque lingue e in Italia edito da Einaudi.

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La giovane madrilena Berta Isla ha sposato Tomás Nevinson nel 1974, dopo essere stata la sua fidanzata per tanti anni, ma senza aver mai fatto all’amore con lui. L’aveva scelto “con cieca e primitiva cocciutaggine” fin dai tempi della scuola, quando si sceglie l’amore “con timidezza, con sguardi fugaci, sorrisi e conversazioni lievi che dissimulano la passione, la quale tuttavia mette subito radici e sembra inamovibile fino alla fine dei tempi”. Tomás, dal canto suo, non amava l’introspezione, di sé parlava poco e “sotto una superficie amichevole e trasparente, persino affabile, vi era un confine di imperscrutabilità e di riserbo”. La sua imperscrutabilità, con lo scorrere del tempo, diviene fitto mistero e opacità sempre più spessa, una tenebra che cala prima sui suoi studi poi sul suo lavoro che diventa un’incognita opprimente, celata alla moglie che nel frattempo è diventata la sua, Berta Isla. Ma certo prima del matrimonio, secondo i costumi di una Spagna disinibita e fiera, come viene finemente rappresentata da Javier Marías, entrambi gli sposi avevano già dato addio alla propria verginità, all’insaputa l’uno dell’altro, per caso o forse per necessità, senza innamorarsi. Ripensando a quella volta, numerose altre volte successivamente. Per Berta la prima volta si chiamava Esteban Yanes, un banderillero “sciolto”, che non faceva parte della cuadrilla, della squadra del matador insomma, ma si allenava per qualche ora al giorno, oziando per i bar di Madrid il resto del tempo. Quel pomeriggio di gennaio, il banderillero sciolto aveva raccolto e salvato Berta da un poliziotto a cavallo e dal suo manganello, portandola al sicuro nel suo appartamento vicino alla Plaza de Toros di Las Ventas, medicandole il ginocchio graffiato con delicatezza e un batuffolo imbevuto d’alcol e, altrettanto delicatamente, posandole le dita sulla morbida e sottile stoffa degli indumenti che indossava e che le nascondevano zone dove la ragazza non provava alcun bruciore.

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Sulla prima volta del marito di Berta Isla, Tomás Nevinson che “esordì” con noncuranza grazie a una compagna di studi dell’università di Oxford, Janet Jefferys, lo scrittore non si sofferma quanto invece racconta la sua ultima notte d’amore con la ragazza che, tra l’altro, aveva un fidanzato a Londra, che vedeva soltanto nei fine settimana. Da quello sfizio d’amore – di cui si ricordano un paio di braccialetti tintinnare, il dondolio dei grandi orecchini ad anello, l’orologio al polso sinistro, la gonna sgualcita e sollevata, i pugni chiusi sul copriletto – la ragazza dalla bellezza nordica, Janet, si libera presto, tornando a leggere il suo libro, The Secret Agent di Joseph Conrad edizione Penguin, ben più interessante delle troppe e invadenti domande di Nevinson. Uscendo nella notte fresca, allontanandosi per sempre dalla vita della ragazza e dal suo portone, Tomás si accende una sigaretta, una Marcovitch, fuma e guarda, un’ultima volta, le finestre illuminate dell’appartamento di Janet, in St John Street. Poco dopo, Janet viene trovata morta, strangolata dal suo paio di collant. Da quel momento, a causa di quella parentesi erotica, superficiale e di nessun conto, la vita di Tomás Nevinson prende una piega decisiva e consacrata all’opacità, che il giovane accetta per stornare da lui, per sempre, la più grave accusa di omicidio.

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Elle avait eu, comme une autre, son histoire d’amour… non sempre riconosciamo le storie d’amore degli altri, nemmeno quando ne siamo noi l’oggetto, la meta, il fine”. Nel frattempo, dopo avere iniziato a lavorare per il Foreign Office o forse per l’MI5 e MI6, i servizi segreti britannici, Nevinson trova il tempo di sposare Berta e avere un bambino, anzi due, Guillermo ed Elisa. E Berta Isla, lasciata da sola a crescere il piccolo bambino, spesso dall’appartamento in calle Pavía, passeggia per Plaza de Oriente di fronte al Palazzo Reale, accanto alla chiesa della Encarnacion per i Giardini di Sabatini, dove si siede su una panchina, con un libro in mano, coccolando il piccolo Guillermo. Al parco, con tutto il tempo che la neomamma ha a disposizione, inizia a conoscere una strana coppia, i Kindelán, che fa breccia in lei conquistandosi, giorno dopo giorno, la sua amicizia e la sua fiducia. Fino a quando, delicatamente e con ferocia, a casa sua, con un accendino Zippo i due tentano, forse solo minacciano, di dare fuoco alla culletta di vimini che custodisce un piccolo e inerme Guillermo. La tiepida armonia familiare, costruita faticosamente e con tenacia, con caparbietà e solitudine da Berta Isla, viene minata, il suo stesso amore coniugale e fedele, radicato con cocciutaggine, è messo a dura prova. Che lavoro fa esattamente suo marito Tomás Nevinson? Perché ci sono momenti in cui non può rispondere alle telefonate? Dove si trova in quei momenti? Le domande corrono tutto il romanzo senza risposta, le stesse sembrano farci supporre che un amore radicato possa resistere solo se fondato su un mistero, sulla sua opacità, sulla non conoscenza dell’altro, sull’ignorare le stanze che lui, il nostro amore, percorre, quando è lontano, molto lontano da noi. E sul desiderio di sapere ciò che non sappiamo. Ciò che ci è proibito sapere. Ovvero chi è davvero l’altro.

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Berta percorre, invece, la sua vita da una stanza all’altra del suo appartamento di calle Pavía, da un balcone all’altro, gli occhi fissi sulla statua della piazza sottostante, si precipita, in attesa del suo amore, sotto la pioggia battente fino ad esserne completamente inzuppata, solo perché in testa desidera rivederlo, ritrovarlo, con la valigia in mano, bussare alla sua porta un giorno lontano, un giorno che annega nella trama oscura del destino futuro, anche se è ora, oggi, dato per morto, e non lei lo rivede più da oltre dodici anni. Mentre il suo corpo, cadavere o pieno di vita, potrebbe essere altrove, alle Falkland, in Argentina, in Gran Bretagna, o sotto le calde lenzuola di un morbido letto, di un’altra donna. Quello che assomiglia al nostro amore è un inganno tessuto dal tempo e dal nostro desiderio di sapere ciò che non è dato sapere, è quello che c’è e che manca nel nostro destino, è il tempo che pensiamo di buttare aspettando la telefonata di chi abbiamo amato. O cercando di ritrovare quel numero, quel volto, di cui non ricordiamo ormai più i lineamenti. Come Berta ritrova l’antico banderillero sciolto che, con quel suo sorriso africano, gli dà un appuntamento, “con drasticitezza”, ma lei lo vede da lontano, lo osserva, è ingrassato, calvo, non è più lui, al di là del sorriso, ha uno strano codino da samurai, ma non le piace più. Il ricordo che ha nutrito del loro lontano pomeriggio d’amore, in tutti quegli anni, è stato sciupato dal tempo, non vale più nulla. E Berta Isla decide che no, non andrà a quell’appuntamento con quel matador che aveva gettato via il cappello soltanto per assecondare un vezzo di lei. Lo guarderà, da lontano, allontanarsi dal bar e dalla sua vita, dopo averla attesa a lungo.

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Così Berta, vedova per assenza, resterà fedele, cocciutamente e nonostante le tiepide storie d’amore vissute negli anni, al suo amore e al padre dei suoi figli, a Tomás Nevinson, sapendo che le loro vite non si apparterranno mai. “La distanza reiterata permette questo, che nessuna delle fasi alterne sia davvero reale, che entrambe siano come fantasmatiche, che ciascuna sfumi e neghi l’altra finché dura il suo regno, e quasi la cancelli; e che, in definitiva, nulla di quanto accade durante quelle fasi sia del tutto terreno o vissuto da svegli, che nulla conti come realmente accaduto o abbia troppa importanza. Tom e Berta non sapevano che quella sarebbe stata la cifra di gran parte della loro vita insieme, insieme ma con poca presenza e senza limiti precisi, insieme ma dandosi le spalle”.

Linda Terziroli

*In copertina: Javier Marías; sullo sfondo Arturo Pérez-Reverte

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