23 Maggio 2018

Italiani supercazzola: siamo i migliori ma abbiamo un enorme complesso di inferiorità. Esempio: il curriculum di Giuseppe Conte…

Siamo un popolo meraviglioso ma con un enorme complesso di inferiorità. È questo il problema più grande, più della cosa pubblica che non consideriamo nostra, più dei politici ladri, dei fancazzisti e dei furbetti a vario titolo. Nella moda non c’è storia. L’italiano medio, anche in jeans, è naturalmente più elegante del ricco straniero in doppio petto. Nel mondo del business, nonostante tutta la burocrazia, i cavilli e le tasse, tra creatività e forza di volontà, siamo insuperabili e a testimoniarlo non c’è solo l’internazionalizzazione del nostro business criminale (Mafia, Camorra, ’Ndrangheta e Sacra corona unita sono sempre al top) ma anche quello di migliaia di piccole e medio-grandi aziende che producono ricchezza nonostante questi tempi complicati tra colossi di Internet che non pagano le tasse ma ti consegnano i pacchi a casa in men che non si dica e l’Impero cinese globalizzato che pian piano sta acquistando tutto l’Occidente. A tavola, a casa di Sara e Luca, tanto per dire, si mangia meglio che in una stella Michelin di New York. E poi siamo eroi – forse non per caso – o quanto meno molto generosi col prossimo e ci stupisce solo un po’ sapere che un ragazzo rischia la vita per salvarne un’altra, caduta nelle rotaie della metro, o che gli sconosciuti si fermano e cercano di aiutarti senza ricevere nulla in cambio, se non un grazie di cuore. E la nostra simpatia? Dai, siamo i più empatici al mondo e dopo un minuto, due che non si sono mai visti prima, sono fratelli. Nonostante questo siamo anche degli inguaribili bugiardi. Non tanto per fregare il prossimo. Sì, qualcuno lo fa per questo, ma i più lo fanno per non ferire, per non deludere, per sembrare migliori, meno deboli, meno imperfetti.

Un popolo meraviglioso ma con un enorme complesso di inferiorità. Altrimenti è impossibile spiegarsi perché un giornalista preparato come Oscar Giannino possa aver mentito sui suoi titoli scolastici o perché uno stimato professore universitario come Giuseppe Conte possa aver esagerato sulle esperienze di studio nel suo curriculum (e Alberto Forchielli non si è fatto sfuggire l’occasione fulminandolo con “una volta ho cagato ad Harvard”).

D’altro canto cadiamo in queste debolezze perché, forti con i deboli e deboli con i forti, non perdiamo occasione di rinfacciare agli altri quello che non sono e quello che non valgono. Negli USA partire dal basso è il vanto più grande. Da noi tutta la classe politica appena può rinfaccia a Di Maio di aver fatto il bibitaro alle partite del Napoli, come se fosse tanto peggio rispetto a bivaccare per anni in parlamento o su una qualche poltrona di un ente para-qualcosa nel buco del culo del nostro straordinario e seviziato paese.

Sì, siamo un popolo meraviglioso ma con un enorme complesso di inferiorità. E con un sacco di paraculi che ci marciano. Ma alle volte basterebbe una lucida consapevolezza. Un esempio illuminante me lo diede un amico tanti anni fa a un convegno letterario. Laureato in storia dell’arte, scriveva deliziosi raccontini, lavorava in una casa editrice e d’estate faceva il bagnino di salvataggio al mare. Alle frequentatrici del convegno omise tutto tranne l’esperienza marittima. E quel bagnino colto fece strage di cuori.

Insomma, viva gli italiani, popolo di santi, poeti e navigatori della supercazzola.

Michele Mengoli

www.mengoli.it

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