30 Settembre 2018

Il futuro dei Tarocchi? Fare a meno del futuro: Francesco Consiglio indossa i panni del suo doppio, il tarologo Francesco Le Mat, e dialoga con Marianne Costa, la moderna imperatrice del Tarot de Marseille

Ogni anno nel mondo vengono stampati centinaia di nuovi mazzi di tarocchi, e milioni di persone li utilizzano per gioco, per divinare la sorte o per conoscersi meglio. La mitologia esoterica che fa erroneamente risalire la loro origine agli antichi Egizi o a popoli vissuti in una fantomatica età dell’oro non ha retto alla verifica storica ed è stata soppiantata da una visione evolutiva e non più cartomantica. Oggi, se volete utilizzare il Tarot per liberarvi dai problemi che vi impediscono di vivere serenamente, scordatevi croci, candele, cianfrusaglie esoteriche e tutte quelle pratiche oracolari impegnate di mistero che lungo il corso di tre secoli sono state utilizzate per leggere il futuro. Scordatevi il futuro, soprattutto, poiché, come scrive Jodorowsky, il regista cileno inventore della tarologia, “il Tarot si può usare per tutto, ma non per prevedere il futuro, perché il cervello tende a ubbidire alle previsioni, e se dici a una persona che ha un po’ di fiducia in te che si romperà una gamba, se la rompe”.

Marianne Costa, scrittrice, poetessa e conferenziera, è la principale divulgatrice di una rivoluzione concettuale che ha trasformato il Tarot da strumento divinatorio a macchina immaginativa in grado di portare alla luce le trame insospettabili del nostro inconscio. La lettura divinatoria delle carte, la vecchia cartomanzia, ha perso il suo richiamo all’opera del μάντις, l’indovino greco, e si è elevata al rango di tarologia, acquisendo il λόγος, pensiero che ha per substrato culturale la saggezza giudeo-cristiana da cui discendono le immagini degli Arcani. Le basi teoriche della tarologia è stata formulate in un saggio di grande successo, scritto da Marianne con Alejandro Jodorowsky: La voie du Tarot.

Recentemente, Marianne è stata protagonista del primo format televisivo italiano sulla tarologia, Cambio pelle ma non te, storie di coppie che cercano di dare nuova linfa alla propria relazione attraverso la lettura del Tarot e la realizzazione simbolica di azioni suggerite da una tecnica di guarigione alternativa e anticonvenzionale: la psicopoesia. Persona di rara gentilezza e disponibile umiltà, Marianne ha accettato di rispondere ad alcune mie domande.

tarocchiQuando hai capito che il Tarot avrebbe avuto un ruolo importante nella tua vita?

A 20 anni avevo cominciato a collezionare dei mazzi e li leggevo quasi per scherzo, inventando le risposte. Ma quando, dopo pochi mesi, è morto il mio caro nonno, mi ricordai di avere visto questo evento nelle carte. Allora mi sono spaventata, ho cominciato ad avere degli incubi e ho buttato le carte nel cestino dell’immondizia, giurando di non toccare mai più una finché non avessi avuto la prova che erano parte di un libro sacro. Dieci anni dopo, un’amica mi ha portata a vedere le letture di Jodorowsky in un caffè parigino, e sentendolo parlare ho capito che avevo trovato la persona che sapeva leggere e trasmettere il ‘libro sacro’.

Molti artisti contemporanei fanno a gara nell’inventare nuove immagini che ispirano significati lontani dalla tradizione. Esistono tarocchi dei gatti e dei vampiri, delle streghe e dei fantasmi, degli Ufo e dei social network. Perché un tarologo dovrebbe utilizzare l’antico Tarot de Marseille?

Nessuno dovrebbe sentirsi obbligato a fare qualcosa che non gli piace. Io preferisco il Tarot artigianale francese, detto “di Marsiglia”, perché è uno standard di rappresentazione che ha una forza intrinseca ed è sopravvissuto cinque secoli. Il Tarot de Marseille non appartiene alla fantasia individuale di nessuno, come ogni stile di rappresentazione artigianale (per esempio la forma di un violino), ed è un’opera transpersonale che torna ad essere interpretata e messa in gioco da ogni maestro cartaio. L’esemplare più antico del Tarot di Marsiglia è del 1475 (conservato alla Bibliothèque Nationale de France) e ancora oggi ci sono dei cartai che reinventano lo standard (per esempio Pablo Robledo in Argentina). Un incredibile filo rosso che unisce il tempo antico e moderno! A me piace leggere il Tarot con queste immagini tanto antiche da risultare senza tempo e anti-egocentriche, perché mi connette con la parte immemoriale, ciò che va oltre la mia memoria individuale, oltre il mio piccolo “io” formato dalle ferite e dalle difese individuali, e fa emergere la parte altruista e universale che è latente in ognuno di noi. Però ci sono molte persone che, per esempio, adorano il Rider Waite Tarot, ideato da Arthur Waite e disegnato da Pamela Colman, come si può adorare un gruppo di rock o un autore di romanzi. Ciò è perfettamente legittimo. È una questione di affinità.

Nella moderna tarologia, può esistere una lettura universale e oggettiva, basata esclusivamente sulla conoscenza dei simboli, oppure la veggenza continua ad avere un ruolo predominante?

Questo è il mistero del Tarot: puoi utilizzarlo in qualunque maniera, come un maestro spirituale che si fa comprendere e ispira qualsiasi persona. Io non pretendo di leggere il futuro perché non penso che il futuro sia scritto, almeno non in un linguaggio che sia disponibile per la nostra coscienza. Ma ovviamente la lettura non può ubbidire soltanto alla fantasia di ognuno. Secondo quello che ho sperimentato, esistono, nel Tarot di Marsiglia, alcune regole simboliche essenziali connesse con la sua storia, la struttura, l’iconografia, la numerologia, etc. Queste regole le immagino come lo scheletro di un essere vivo: con lo stesso scheletro, si può ballare il tango, un balletto classico, una danza contemporanea, ma si può anche rimanere fermi o strisciare per terra. Dunque, per prima cosa, bisogna conoscere lo scheletro. Poi, scegliere il proprio orientamento, darsi uno stile, la forma d’arte alla quale ci si vuole dedicare leggendo il Tarot, e ovviamente impegnarsi a migliorare ogni giorno nella direzione scelta. La mia è la ‘via del cuore’, che significa diventare sempre più trasparente, esserci per l’altra persona e aiutarla a scoprire la saggezza discreta che vuole farsi sentire nella sua interiorità.

Se affermiamo un uso terapeutico del Tarot, ma anche della Metagenealogia e della Psicomagia, non rischiamo di sostituirci a psicologi e psicoanalisti, generando un conflitto di competenze che genera derive litigiose, perfino con ricadute legali?

Non affermo un uso terapeutico del Tarot. Affermo che chi ha una competenza come terapeuta può utilizzare il tarocco e farne uno strumento di lavoro. Al tempo stesso, chi ha una competenza nel teatro (come attore o regista o anche scenografo) utilizzerà gli Arcani come ispirazione o soggetto. Ma il fatto di utilizzare il Tarot non ti conferisce una capacità teatrale! E lo stesso avviene con il lavoro terapeutico. La conoscenza del proprio inconscio, la purificazione delle emozioni infantili, il rispetto e l’ascolto dell’altro, la fedeltà a una cornice deontologica, le conoscenze teoriche sulla psicologia e lo sviluppo dell’essere umano, oltre al fatto di poter offrire alcuni strumenti efficaci, sono indispensabili per un utilizzo terapeutico del Tarot. E lo stesso avviene con lo studio dell’albero genealogico: può essere un’avventura individuale o semplicemente la capacità di aiutare un’altra persona a chiarire quali sono i personaggi del suo albero genealogico (e questo non costituisce un lavoro terapeutico, ma un accompagnamento alla presa di coscienza). È però vero che per aiutare una persona a cambiare, occorre uno studio preparatorio molto importante, nonché la possibilità di intrecciare rapporti e proficui scambi di opinioni con specialisti di altre discipline. Sulla psicomagia non posso dire niente perché non la pratico più come tale, è diventato un marchio registrato della famiglia Jodorowsky e mi sembra sia giusto così. Io ho collaborato tantissimo con psicologi e psicanalisti; ho anche formato dei terapeuti in tanti paesi, e non sono mai entrata in conflitto con loro perché ho messo in chiaro la mia formazione, le mie capacità e i miei limiti. Sono laureata in letteratura comparata e ho fatto 14 anni di psicanalisi, 5 dei quali dedicati alla supervisione delle mie attività come tarologa e analista dell’albero genealogico, più varie ore di formazione in terapie corporee. Il mio focus di oggi è sulla dimensione narrativa della memoria e della psiche, e in questo senso mi sento assolutamente legittimata a farlo. D’altra parte, ognuno è responsabile della propria legittimità.

C’è una carta del Tarot alla quale sei particolarmente riconoscente, come fosse un’amica che ti viene in soccorso nei momenti di dubbio e di avversità?

L’Asso di Coppe: la capacità di amore sempre presente, sempre disponibile, il ‘castello del cuore’ come lo chiama Maestro Eckhart, o la ‘bontà fondamentale’ dei buddisti tibetani. A volte, se ho bisogno di vederlo incarnato, guardo la Regina di Coppe del Tarot di Madenié (1709, standard Marsiglia) con la sua bella faccia nobile, e mi dà il coraggio di andare avanti sulla via del cuore, che, tante volte, è quella del cuore rotto.

Hai scritto due libri di grande successo con Alejandro Jodorowsky, uomo d’ingegno e talento universale del nostro tempo, capace di spaziare nei più disparati campi dell’arte e della conoscenza: cinema, letteratura, poesia, teatro, fumetti, spiritualità. Intuisco che non è stato facile vivergli accanto senza essere risucchiata dal suo cono d’ombra. Quando sei riuscita a uccidere il Buddha?

Il Buddha mi ha fatto il grande regalo di uccidere me. Come disse Swami Ramdas al suo discepolo Yogi Ramsuratkumar mentre lo prendeva a calci per cacciarlo del suo ashram: “Un piccolo albero non può crescere all’ombra di un albero grande”. E il suo era un gesto di amore assoluto, poiché lo mandava sulle strade a diventare sé stesso. Un vero maestro ti deve mandare via dal suo tempio quando è il momento, e tu devi partire sulle strade come un pellegrino finché non trovi posto in un nuovo tempio. Allora ti rimane una gratitudine eterna.

Francesco “Le Mat” Consiglio

Gruppo MAGOG