02 Dicembre 2019

Una lettera di Henry James a Robert Louis Stevenson. “Un lungo ululato di orrore mi attraversa: ti trasferirai davvero alle Samoa?”

L’anno prima Robert Louis Stevenson aveva pubblicato “Il signore di Ballantrae”; quell’anno Henry James, amico, ammiratore, pubblica “La musa tragica”. James è già l’autore del miracoloso “Ritratto di signora”, Stevenson il sognatore de “L’isola del tesoro”, il creatore di Jekyll e Hyde. Nel 1890 Stevenson fa circolare la voce di un suo ritorno in Inghilterra, per un ultimo saluto agli amici, prima di trasferirsi per sempre alle Samoa. James cerca, in questa lettera, di convincere l’amico a meditare sulla sua scelta. Come si sa, Stevenson sceglierà proprio nel 1890 di abitare a Upolu, Samoa, senza rientrare in Europa, rompendo con la vecchia vita, con i traffici letterari, con gli antichi amici, diventando ciò che desiderava essere: un narratore di miti, ‘Tusitala’. La lettera di James è interessante anche riguardo all’annotazione su Kipling. Che paradosso: nella Londra stanca di progresso, uno scrittore perduto nei mari del Sud e un altro che narrava un’India caotica e inafferrabile e scriveva di bambini cresciuti nella giungla erano le star del momento.

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A Robert Louis Stevenson

21 marzo 1890

Mio caro Louis,

mi sorprende, con orrore e vergogna, sapere che nei prossimi mesi tornerai in Inghilterra, e io mi troverò davanti a te, faccia a faccia, marchiato della colpa del mio lungo silenzio. Permettimi di rompere questo silenzio, prima che la felicità di incontrati ancora – siano rapidi i giorni – sia tale da erodere il tuo disprezzo verso di me. Spedisco queste incoerenti parole a Sydney, nella speranza che ti giungano prima che tu parta per l’Inghilterra. La mia spregevole stupidità è stata più che altro un vile incidente: ho semplicemente vissuto l’anno più indaffarato della mia vita, che ha prosciugato ogni tentativo di scrittura, fino a far morire di sete la mia corrispondenza. In qualche modo, sei stato inaccessibile alla mente e al corpo, e ho pensato che in mezzo a tante cose ogni mia notizia sarebbe stata semplicemente irrilevante per te. Non ti suonerà nuova la confessione che il tuo possibile ritorno riempie i miei giorni. Venendo alle questioni importanti. Ti racconterò tutto di persona. Intanto, Rudyard Kipling, il tuo nascente rivale: ha accoppato Rider Haggard, che pareva immortale, è la stella del momento, ha 24 anni ed è autore di alcune straordinarie vicende anglo-indiane straordinariamente scritte.

Ora dovrei supplicarti in merito alla questione delle Samoa e del tuo trasferimento perenne laggiù. Non posso credere a una circostanza simile: un lungo ululato di orrore ha attraversato tutti noi, quando sarai da me cercherò di legarti con catene fiorite… Non starò mai bene se non saprò che stai bene. Siamo poveri prodotti adattati a questa terra, terrorizzati dal sarto e dalla cameriera, ma abbiamo qualche sentimento, due o tre, tutti uguali. Io, grazie a Dio, sto meglio, da quando sei partito. Ho finito da poco il romanzo più lungo e complesso che abbia mai scritto (mi ci sono immerso per 16 mesi almeno) – uscirà in forma di libro a maggio. Il signore di Ballantrae ha prodotto il dibattito più intenso della mia vita: è un puro cristallo, ragazzo mio, un’opera d’arte ineffabile e squisita. Ci rende orgogliosi più di quanto tu possa ammettere. Quando avremo terminato le nostre discussioni potrai tornare alle Samoa: ma ci vorrà del tempo, tanto tempo.

Parti, ma non prima di aver letto questa mia lettera.

Henry James

*In copertina: Henry James nel ritratto di John Singer Sargent, 1913

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