“Ma Gian Arturo Ferrari entra o no in cinquina?”. “Entra, entra… sta chiamando personalmente tutti i 400 giurati, molti dei quali suoi coetanei…”.
E infatti, alla fine, il Professore è entrato. Assieme a Sandro Veronesi, Gianrico Carofiglio, Valeria Perrella, Daniele Mencarelli e Jonathan Bazzi…. eccolo qui, nella cinquina-sestina dello Strega con il suo Ragazzo italiano (Feltrinelli), romanzo d’esordio dalla “scrittura fresca e al contempo austera” (come gli tributa uno dei tanti pezzi della sontuosa rassegna stampa nazionale raccolta dal libro: molti colleghi gli devono ancora molto), e dalla storia già letta e riletta: la vita di un ragazzo, dagli anni della ricostruzione al benessere, le cui vicende riflettono la storia dell’intero Paese… Il solito ottimo romanzo di formazione al quale se togli la trama resta il foglio bianco di Word.
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Che mondo, quello letterario. Un direttore editoriale non dovrebbe mai cedere alla tentazione. Ma come: per tutta la vita hai giudicato i libri (e tu, caro Gian Arturo, sei stato un ottimo mediatore tra i libri e il mercato), hai bocciato romanzi peggiori del tuo (e anche migliori)… e ora ne scrivi uno tu? Sono cose in gioventù perdonabili, nella veneranda età della saggezza un po’ meno.
Invece che scoprire talenti, Gian Arturo Ferrari ha scoperto se stesso. Pensa se ne restava deluso.
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Presentato allo Strega da Margaret Mazzantini (vincitrice del premio nel 2002 con Non ti muovere, pubblicato da Mondadori per decisione di Gian Arturo Ferrari che, dopo un va-e-vieni Mondadori-Rizzoli Rizzoli-Mondadori, fu direttore generale Libri della maison di Segrate dal 1997 al 2009), il romanzo Ragazzo italiano non solo è entrato nella cinquina dello Strega, ma rischia di vincerlo. La stragrande maggioranza dei votanti deve troppi favori all’autore. E concedendogli il voto sapranno persino passare sopra all’innegabile antipatia per l’uomo. Che, colto, è colto. Ma resta una di quelle persone che quando ti incontrano passano la prima mezz’ora a parlati di loro, e poi ti chiedono: “Ma adesso dimmi di te. Hai visto il mio libro?”. Pesantissimo.
Avrebbe potuto restare all’Università di Pavia, e continuare a scrivere di mondo antico sotto il nume di Mario Vegetti: téchne, Omero, i presocratici… Invece ci è toccato Romanzo italiano. Ma tant’è.
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Di solito a 75 anni, se non si è mai scritto un romanzo e si è passata tutta la vita nell’editoria, al massimo si buttano giù venti aforismi e per il genetliaco si pubblica una plaquette in cento copie per gli amici, che diventa preziosa post mortem. Ma candidarsi allo Strega, per manifestare la propria potenza… insomma… Vanità senile. Ci sono persone che per molto meno possono perdere la stima in te.
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Già. Lo Strega. Lo conquisterà. Del resto, Gian Arturo Ferrari – uomo che ha sempre avuto uno straordinario fiuto per i libri, degli altri, meno senso critico per i propri – è uno che si è pubblicamente gloriato di aver trasformato in una scienza il pacchetto di voti di scambio. Negli anni in cui fece vincere il premio ai Siciliano, i Ferrero, le Mazzantini appunto, i Riccarelli, gli Ammaniti e i Giordano, non mandava neppure i collaboratori a convincere le vecchie signore a votare per i suoi autori. Ci andava lui stesso. Erano la sua specialità. E ora? Causa Covid, avrà telefonato a tutti. “Ciao, come stai? Hai letto il mio libro, vero…?”.
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Sì, il libro l’abbiamo letto, purtroppo. Cosa dire? Ha tutte le fattezze del grande romanzo, tranne l’anima. La storia è già stata impressa nella memoria collettiva da troppi altri romanzi simili, per dispiacere. E la scrittura è da eccellente editor. Tutto perfetto per il lettore da Strega.
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Non è neppure il testo che conta a questo punto. Ma il paratesto. L’editore, ad esempio. Non sarà sfuggito che a pubblicare il romanzo non è la Mondadori per la quale l’autore ha lavorato una vita. Ma l’acerrima nemica Feltrinelli. Qualcuno dice che è uno sgarbo che Ferrari ha voluto rifilare agli ex colleghi di Segrate (dove nessuno lo sopporta). Qualcun altro invece parla di un innamoramento (puramente intellettuale, beninteso) scattato tra Carlo Feltrinelli e Gian Arturo. Resta il fatto che l’anticipo pagato dalla Feltrinelli per il romanzo d’esordio di Ferrari sembra essere nell’ordine delle decine di migliaia di euro (sic). Cifra dalla quale si può sperare di rientrare soltanto – appunto – vincendo lo Strega.
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E così alla fine, restano due domande a cui nessuno ha risposto. La prima: ma perché Feltrinelli, dopo anni di “gran rifiuto”, ha deciso improvvisamente di tornare in gara allo Strega? Ricordate la famosa intervista nel 2016 su Repubblica dove Gianluca Foglia, direttore editoriale di Feltrinelli, diceva che il suo gruppo non avrebbe più partecipato al premio perché “Lo Strega ha bisogno di un profondo processo di rinnovamento”? Forse al “Professore” non si può dire no, o forse pur di ripagare le spese si è disposti a rimangiarsi anche tutta la snobberia del passato. La seconda: Gian Arturo Ferrari per il Romanzo – inteso come genere – ha sempre avuto un sacro rispetto. E ha sempre chiamato I promessi sposi “il” romanzo. Perché invece di scriverne uno, non li ha riletti un’altra volta?
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E per il resto. Complimenti per il premio che sicuramente vincerà.
Luigi Mascheroni
*In copertina: Gian Arturo Ferrari in un ritratto fotografico di Paolo Bramati (la fotografia è tratta da qui)