15 Gennaio 2020

L’arte è da sempre una cosa da degenerati. In difesa del mostro, Gabriel Matzneff

La libertà in un regime democratico è una farsa, come sotto una dittatura. L’uccisione, il confino, il gulag e il ban su Facebook non sono poi molto diversi. Si tratta semplicemente di risposte differenti commisurate al mutare dei tempi e quindi all’efferatezza di volta in volta concessa. Sovente, oggigiorno, i criteri ultimi adottati per zittire qualcuno sono solo più subdoli – meglio la violenza manifesta, alla quale almeno si può reagire, magari usando la pistola, piuttosto che il classico messaggio che compare dicendo “Questo post non rispetta i nostri standard. Non potrai più pubblicare per un mese”.

Va da sé che tutto ciò è l’antitesi del tanto sbandierato liberalismo, o libertarismo. Popper non avrebbe mai appoggiato simili idiozie. “Nessuna tolleranza verso gli intolleranti” non vuol certo dire zittire chi esprime un’opinione – il filosofo sapeva bene che questo avrebbe portato a un inasprimento delle posizioni più estreme –, ma ricorrere ai dovuti mezzi per impedire l’imporsi coatto di una forza che volesse proibire la libertà di espressione. Non sta scritto in nessun testo di filosofia liberale “censuriamo chi critica X, o chi dice che Y ha fatto anche cose buone”.

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Quando si tratta dell’arte, a ogni modo, la Sinistra odierna non è seconda a nessuno nei metodi, neppure alla Santa Inquisizione. L’unica differenza è che è infinitamente più ridicola e borderline: oggi difende un artista, domani lo rinnega. È il caso di Gabriel Matzneff, autore francese praticamente sconosciuto fino ad avantieri, nello Stivale, e recentemente balzato alle cronache perché accusato di pedofilia, a causa di un libro pubblicato da una sua ex amante allora quattordicenne. A seguito di questo testo, i lavori del controverso personaggio sono stati ritirati dal commercio. In Italia è presente un solo libro tradotto dell’autore incriminato, Minori di sedici anni, pubblicato nel 1994 dalla ES edizioni – avete presente quella casa editrice che, non si capisce come, ma fa uscire testi che immediatamente finiscono fuori catalogo e si trovano unicamente nelle librerie che trattano remainders? Le biblioteche ad averlo sono pochissime e procurarselo ha comportato una serie di chiamate supplicanti del sottoscritto prima a Vicenza, dove il testo era già in prestito, poi a Bologna, a una nostra collaboratrice che è riuscita a rimediarlo in una biblioteca LGBT – ma guarda tu che strano caso!

Tornando al punto, Gabriel Matzneff è certamente un pedofilo e, in quanto tale, va perseguito… Ma la sua arte? Lo scrivere, il dipingere, il fotografare, ecc. non si dovrebbero mai mettere a tacere. Casomai lo si può valutare con i mezzi a esso più consoni, la critica per esempio. Ma, chiaramente, ciò non avviene. Di solito, nella considerazione di cui un testo gode conta più il personaggio e la mitologia che si porta dietro che l’opera in sé. A seconda che la nomea sia negativa o positiva, egli viene condannato o santificato. Come dice Matzneff – eh sì, bisogna dare ragione a un pedofilo – “la gente non sa leggere, non legge affatto, sfoglia i nostri libri al drugstore, dà una scorsa agli articoli che la stampa ci dedica, e questo basta, l’importante non è la conoscenza di un autore, ma il poterne parlare”. Come dargli torto!

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Ma si può tollerare che un pedofilo pubblichi? Sì, anche se spiace dirlo. Si deve tollerare perché ciò è già avvenuto, nel suo caso, per decenni e sarebbe grottesco proibire ciò che per tanto tempo è stato non tollerato ma difeso e incensato. Si può perché, malgrado l’uomo dica di sé stesso “sono un maniaco”, egli è anche indiscutibilmente uno scrittore – basti vedere come è abile nel difendersi, per capirlo. Si deve perché, se volessimo comminargli la damnatio memoriae, allora questa dovrebbe colpire anche tutti quegli altri intellettuali – Sartre in primis – che a suo tempo firmarono petizioni in suo favore e a sostegno dell’abbassamento dell’età del consenso – altrimenti facciamo come in politica, per Mani Pulite, in cui pagarono tutti, salvo il solito partito, in spregio alla logica del “o tutti o nessuno”, un sacro principio democratico. Si può perché, che piaccia o meno, Matzneff dice il vero quando sostiene che il mondo greco antico, per esempio, è largamente caratterizzato dalla pederastia e molti di quegli autori che studiamo a scuola sono gente che oggi finirebbe in galera con l’accusa di “violenza su minore”. Insomma, i motivi per cui non ritirare dal commercio i testi dell’interessato sono molteplici. E se è pur vero che un autore è la sua opera è altresì vero che l’opera diviene altro dall’autore. Più di tutto, l’arte non deve necessariamente piacere agli sbirri, o a un comitato per la pubblica morale. Qualcuno direbbe che comunque essa diffonde valori e un sentire comune a sostegno di una certa visione del mondo, in un dato periodo storico. Non è del tutto falso, ma quella è di solito arte di regime, o di partito, buona giusto per le feste dell’Unità. Tenete a mente che, in America, un pluriomicida come Theodore Kaczynski – per chi non lo sapesse, il cosiddetto “Unabomber” –, pur condannato all’ergastolo, continua a pubblicare i suoi saggi contro la società tecnologica che ha combattuto a suon di detonazioni (l’ultimo dei quali è Anti-tech Revolution: Why and how, mentre il più famoso La società industriale e il suo futuro continua a girare indisturbato). Qui da noi c’è stato il caso del ben più modesto Cesare Battisti, uomo a cui la carriera di assassino si addice più di quella di scrittore.

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Ma è una domanda più di tutte che continua a turbare qualsiasi uomo in buona fede: se veramente viviamo in una società democratica, basata sulla dialettica e libera discussione, perché tanta paura per le semplici parole di una persona, per quanto esecrabili possano essere? Perché, se ciò che professa è palesemente sbagliato, non ci si limita a replicare a quanto dice dimostrando l’assurdità delle sue posizioni? Cosa porta a usare la mannaia e tranciare di netto la testa del mostro, ritirando dal commercio le sue opere? Ma non siamo noi quelli che studiano con ribrezzo il rogo dei libri attuato dai nazisti? Non sarà forse che abbiamo qualcosa da nascondere?

La verità è che ogni persona che abbia veramente a cuore l’arte – e non faccia solo finta, come una certa politica che la supporta unicamente se affine agli interessi del Partito – non potrà che provare una torbida fascinazione per parole quali “Se mi fossi davvero preoccupato per la mia carriera, non avrei mai osato pubblicare questo libro che, socialmente, era destinato a procurarmi un danno enorme […] Insomma, è stato un suicidio mondano”. La colpa non è nostra: ci hanno indotto alla lettura e abbiamo scoperto che il mostro è più affascinante dei suoi persecutori.

Matteo Fais

Gruppo MAGOG