31 Agosto 2019

Dialogo con Mónika Szilágyi, una donna senza tempo, l’editore più anomalo d’Italia. Le Edizioni Anfora scoprono in Ungheria i grandi scrittori europei

La donna sembrava senza tempo, un ricordo di pianure e di attese, una pagina di Elias Canetti, qualche rara vanità di aironi. Aveva libri con sé. Fattura sobria, l’eleganza dell’artigianato – romanzi scolpiti nel legno, ecco. Li consegnava, uno ad uno, come persone, ecco, alle redazioni dei giornali – ma solo al giornalista che avesse promesso di leggerli per davvero, quei libri – e alle librerie indipendenti, cioè, inadempienti alle mode bestselleristiche. Bionda, sorridente, una turbinosa tenacia dietro l’apparente pudore. Così conobbi, un tot di anni fa, Mónika Szilágyi. Non è cambiata, è sempre spiazzante, inaudita all’oggi (da mesi ho inseguito questa intervista: presa dalla vita, Mónika non ama il palco pubblico). Le Edizioni Anfora – che logo magnifico: la ragazza dai lunghi capelli che inclina il vaso e versa l’acqua, “l’acqua che dà la vita”, dice lei, cioè la letteratura – sono una anomalia nel turbinio editoriale italico, per altro pieno di piccoli editori di talento. Si occupano, così detta il sito, di “Letture dell’Europa Centrale”, raspano, cioè, il verbo del ventre d’Europa, la vasta prateria dove si è fatta la Storia, dove si sono eretti e distrutti imperi. In particolare, le Edizioni Anfora pubblicano i grandi scrittori ungheresi: l’opera della grande Magda Szabó, anzi tutto – leggetela, è un assoluto, Per Elisa, Abigail, Affresco, ad esempio – e poi i classici, come Anna Édes di Dezső Kosztolányi (sentite che bello il giudizio di Sándor Márai: “È stato Kosztolányi a dire che un capolavoro deve essere scritto come si porta a termine un delitto. E ogni giorno lui commetteva un delitto del genere, più o meno grande”), i grandi libri dell’oggi, come Settembre 1972 di Imre Oravecz, scrittore ribelle alle convenzioni formali del suo tempo (“Scrivevo di cose completamente diverse rispetto a quelle di cui scrivevano gli altri scrittori e questo già in sé significava uno svantaggio. Inoltre, quello che scrivevo era contrario alle dottrine del socialismo reale, nel segno delle quali si poteva pubblicare”). Nonostante il Nobel per la letteratura a Imre Kertész e la grande considerazione internazionale di autori come Péter Esterházy e la Szabó, l’Ungheria è ai margini di un mondo letterario per lo più anglofono e francofono. Ma l’Ungheria, anche nella consapevolezza dei suoi scrittori e delle proprie scritture, è il cardine del continente. Con inalterata pazienza Mónika parla dei suoi libri e dei suoi autori come se fossero in salotto, come se interrando un libro potesse nascere una fiumana di candele. Adorabile e aliena alle ‘logiche di mercato’ è la cura, lo studio, l’amore. Verbi che s’intridono nell’osso. Forse ci sono luoghi dove il tempo è una menzogna e possiamo ballare, imperituri, con i libri che amiamo. (d.b.)

Come nascono le Edizioni Anfora, perché questo nome?

Le Edizioni Anfora nascono nel 2003 da un’idea di mio marito il quale pensava inizialmente di pubblicare autori come Freud e Albert Camus. Il progetto non si concretizzò, ed essendo subentrata anche io come assistente, gli proposi di pubblicare letteratura dall’Europa Centrale, con maggiore attenzione per quella ungherese. Siamo quindi partiti da una delle mie letterature di riferimento. Nasciamo per demolire quel muro tra Est e Ovest che si era creato nelle nostre teste e in quelle dei lettori italiani in seguito a un momentaneo rapporto di forze tra capi di Stato alla fine della Seconda guerra mondiale, e che dopo la caduta del muro di Berlino ha perso la sua legittimità. Vogliamo ricreare la simbiosi tra letteratura occidentale e centroeuropea attraverso un ponte rigorosamente letterario e identitario. ​Il nome non era usato da nessuno, così mi sono ricordata di Magvető (Il Seminatore), una delle case editrici ungheresi più prestigiose del panorama magiaro che pubblica autori del calibro di Imre Kertész. Noi abbiamo pensato che prima ancora di seminare buona letteratura dovevamo portare ai lettori italiani l’acqua che dà la vita, fa crescere le piante e che sgorga proprio dalla nostra anfora.

Siete specialisti, come dire, nella narrativa ungherese. Quali specificità ha questa narrativa e quali sono i suoi ‘eroi’, i protagonisti, intendo, della letteratura contemporanea ungherese?

Come spesso credono molto lettori italiani non si tratta di una letteratura esotica, questo lo sappiamo per certo. Si tratta invece di una letteratura che parla proprio di noi europei e che nasconde al suo interno il cuore e il racconto della storia Europa (provare per credere). I protagonisti più famosi sono Sándor Márai, Magda Szabó e Dezső Kosztolányi: sono tutte voci che possono essere considerate veri e propri classici, anche per la loro capacità di essere ancora attuali. La letteratura ungherese ha inoltre una lunga tradizione di poeti molto solida anche nella nostra contemporaneità. Pochi mesi fa è scomparso Dezső Tandori, che accanto al nostro Imre Oravecz (del quale abbiamo pubblicato Settembre 1972), era considerato uno dei più grandi poeti d’Ungheria. Grandi romanzieri di oggi sono invece autori come Péter Nádas (Dalai, Zandonai, BUR) e Béla Krasznahorkai, che grazie al suo Satantango (Bompiani) ha vinto il Man Booker Prize.

La scena letteraria ungherese, oggi: è viva, esiste? Come reagiscono – o, semplicemente, agiscono – gli scrittori ungheresi all’epoca del Governo Orbán?

La scena letteraria ungherese è oggi molto viva, potremo parlare di un vero e proprio fermento, di una rinascita di tutto il panorama culturale: dal teatro alle arti applicate. La maggior parte dei membri del Governo Orbán è cresciuta e diventata maggiorenne durante una dittatura: il regime comunista. Hanno avuto modo di imparare a leggere tra le righe (i lettori occidentali, logicamente, non sono abituati a praticarlo con l’automatismo cui sono abituata, e ne resto sempre sorpresa), come hanno potuto anche sperimentare che qualsiasi tentativo per influenzare i poeti sarebbe inutile. Lo dice anche Magda Szabó nel suo romanzo a chiave Il momento (Creusaide), scritto negli ultimi momenti del comunismo, e pubblicato nel 1990, l’anno del cambiamento del sistema: “lascia la libertà del poeta, perché il tentativo di influenzarlo non vale ciò che ti attireresti sulla testa. Il poeta è un animale furbo, in un modo o nell’altro lascia sempre i segni dei suoi denti rotti nella corteccia dell’albero del tempo, in forma per te illeggibile, con lettere che solo le generazioni successive riusciranno a sillabare nel futuro remoto”.

Qual è il libro che hai amato di più, che sei stata più fiera di pubblicare? E quale quello che vorresti pubblicare?

Ovviamente Per Elisa di Magda Szabó, il lascito di una delle più grandi autrici del Novecento che a breve riproporremo con una nuova prefazione di Simonetta Sciandivasci. Proprio la Sciandivasci ha definito questo libro uno dei romanzi più incredibili sull’Europa interbellica e credo sia fondamentale proprio per questo aspetto: aiuta a far capire l’Europa a tutti gli europei, e lo fa ancora oggi, motivo per il quale si può considerare un vero e proprio classico. Non posso però parlarti dell’autore che vorrei pubblicare, volendolo per l’appunto a tutti i costi. Ti posso solo dire che si tratta di una sorta di gemello, di un libro molto vicino ad Abigail della stessa Szabó.

*In copertina: Mónika Szilágyi. Insieme al marito Alain Lapointe, nel 2003 ha creato le Edizioni Anfora

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