24 Giugno 2018

E se mi dimentico il suo nome? Tranquillo. Chiamale tutte “tesoro”, e tieniti qualche poesia pronta come messaggio, fa sempre il suo effetto

Stai in guardia. Potresti perdere il controllo e dire il nome sbagliato. Quando si chiudono gli occhi, in particolare nei momenti topici, è facile che il calore della donna X si confonda con quello della donna Y, o, come diceva Hegel, che si sprofondi nella notte in cui tutte le vacche sono nere. Non è il caso di farsi tirare una cinghiata in faccia, soprattutto adesso che anche le donne portano i pantaloni.

Stai sereno, fratello. Te lo spiego io come sopravvivere alla varietà di nomi che le donne si sono inventate per coglierci in fallo e trovare la scusa per poi evirarci. Tu chiamale se puoi “tesoro”. È il più gettonato e funziona sempre, che siate trombamici o una coppia sposata da trent’anni. Con un commosso e sospirato “tesoro” la tua vita sentimentale sarà eternamente al sicuro. Io lo faccio da che ho memoria e ancora nessuna se n’è accorta… Ha dovuto frugare tra i miei messaggi WhatsApp, per rendersene conto. Non che anche lì non le chiamassi tutte con lo stesso nome, però ognuna era immediatamente identificabile a causa della foto-profilo. Per una volta, il mio “tesoro, ieri mi hai fatto un pom… fantastico” non era fraintendibile.

Ma non temere, amico mio, se il “tesoro” ti causa dei problemi. La lingua ha risorse che neppure immagini. I nomignoli sono infiniti. Da “chicca” a “puffetta mia”, la varietà gioca a tuo favore, anche se delle volte, come nel caso di “puffetta”, può farti passare per un completo idiota. Sempre meglio che essere scoperti. Perché, come diceva anche Forrest Gump, “stupido è chi lo stupido fa”, ma in certe circostanze far finta di essere cretini conviene.

Non trascurare neanche, a ogni modo, il noto “tu generico”. Ah, se questo potesse sapere che gli debbo la vita e l’aver evitato la morte per flagellazione o lapidazione! Per esempio, una volta ero chiuso in bagno con la scusa dei bisogni e stavo scrivendo a quella che avevo lasciato nella casa di città. “Lo sai che vorrei passare il resto della mia vita insieme a te?”, le avevo inviato questo messaggio e al tutto avevo aggiunto pure un bel cuoricino. Tirata la catena e, dopo aver fatto finta di essermi lavato le mani, sono uscito dal cesso. Quella mi è letteralmente saltata al collo. “Oh piccolo, grazie, vuoi passare la vita con me. Sai, temevo di essere una cosa così per te. Ma quindi, mi ami?”. “Merda”, ho esclamato tra me e me, devo aver sbagliato destinatario. Per fortuna, il “tu”, che giustamente neanche Mussolini voleva abolire, mi ha salvato il culo.

Comunque, non temere, ripeto, ci sono più nomi per chiamare una donna che stelle in cielo. Certo, potrebbe chiederti conto di quell’improvviso “topolina” buttato lì ad cazzum, ma tu resta sempre calmo. “Ma, adorata polpettina mia, volevo solo essere dolce. Ti ho chiamata così per variare, altrimenti mi dirai che sono monotono”. Se le vedrai spuntare i cuoricini al posto degli occhi, sappi che se l’è bevuta e, nove volte su dieci, lo farà. Con chi dovesse essere più recalcitrante, tu continua a restare freddo. Anzi, fai la parte dell’offeso e rilancia con una tua accusa: “Certo, probabilmente non vuoi che ti chiami così perché era il nomignolo che usava il tuo ex e, in fondo, anche se dici il contrario, ne sei ancora innamorata”.

In qualsiasi caso, rammenta: NEGARE, NEGARE, NEGARE. E tieni sempre qualche bella poesia come messaggio già pronto da spedire alla malcapitata di turno. Qualcosa come “I tuoi occhi son come la giovinezza/ grandi, perduti, lasciano il mondo./ Potrebbero dirti morta senza rumore/ e incamminare su te il cielo,/ passo a passo, seguendo l’alba…”. Tanto, solitamente nessuno dedica una poesia a una donna e nessuno si ricorda più del povero Alfonso Gatto. E poi, del resto, la poesia, proprio come i nomignoli paraculi che ti ho suggerito, è universale… e ancora oggi, da millenni, ogni donna crede che sia stata scritta per lei.

Matteo Fais

Gruppo MAGOG