05 Agosto 2020

Un libro indecente. Nel 1968 Gian Franco Vené firma “Cronache del peccato”, un’inchiesta “sulla moralità in Italia”, tra preti con l’amante, casalinghe con l’idraulico, fedifraghi impenitenti

Peccato confessato è mezzo perdonato: sarà pure così, io non mi confesso da quando avevo 9 anni, cioè dal giorno della mia prima confessione, che io nemmeno volevo fare, puntavo i piedi, per vergogna, non sapevo che dire, a quel prete, ma che vuole, chi lo conosce, prete a cui però alla fine qualcosa ho farfugliato, anche perché sotto ricatto del giurato manrovescio di mia nonna. Poi ho fatto la prima comunione, e chiusa lì. Che quel prete avesse una amante con tanto di domicilio noto l’ho scoperto più tardi, il bello è che lo sapeva e da tempo pure mia nonna, lei conosceva perfino il nome “di quella svergognata, e però, Barbara, bisogna starsi zitte, perché parlare è peccato”. Ma il peccato inteso come la Chiesa comanda è tale da circa sei secoli, nemmeno il celibato è regola eterna, c’è stato un tempo in cui ai preti non era richiesta continenza, è stato per i figli che mettevano al mondo e i casini dinastici che creavano, che a un certo punto è stato imposto loro di non fornicare. Ma non è vero che non fornicano, oggi ce lo dicono gli escort e le escort che sui loro clienti in tonaca ci scrivono libri, e alcuni fanno pure la spia ai vescovi.

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Che la Chiesa nel suo insieme non sia tutta santa si sapeva già in pieno 1968, quando uscì Cronache del Peccato, libro-inchiesta di Gian Franco Vené, giornalista de L’Europeo. Libro che è un completo scandalo, perché minuzioso nel riportare i rimorsi di coscienza dei nostri precursori, che si inginocchiavano al confessionale a confessare sì corna, ma pure tangenti, frodi, evasioni fiscali da capogiro. Cronache del Peccato racconta un Paese sconvolto dai cambiamenti sociali del decennio 1958-1968, e ci trovi un marito che va dal prete perché ha il ‘problema’ della moglie lesbica; una madre che educa la figlia a facili costumi “così mi fa carriera”; una moglie prostituta che c’ha il marito magnaccia finito in carcere, e va dal prete col dilemma se mettersi a battere in proprio o no; e che dire di quella moglie che non riesce a provare piacere col marito se ogni volta, prima, non se ne sc*pa un altro?! E c’è pure quella che corre dal prete perché “ieri sera mio marito mi ha chiesto un rapporto contro natura”, cioè anale ma, povero marito, bisogna capirlo, non è colpa sua, “lui è reduce da brutta influenza, da giorni è a letto con le riviste porno” (!). Il settembre 1968 è mese di file al confessionale: si ritorna da vacanze dove ci si è cornificati più che volentieri, e una statistica dice che “su 100 penitenti, 70 tradiscono il marito almeno una volta, e le altre pensano di farlo”. Ninfomani come le casalinghe annoiate che smaniano per chiunque bussi alla loro porta e sia portatore attivo di pene: il controllore della luce, del gas, il venditore di enciclopedie, l’idraulico, coi quali “ci vuol poco a costruire una situazione, un alibi di fatalità”. ‘Dopo’, contrite, confessano tutto al prete, sicure dell’assoluzione, tanto, che si può fare “mio marito lavora sempre, i figli sono grandi, mica posso rimanere da sola, a macerarmi”. Dal prete arriva l’imprenditore in crisi, però non economica, macché, lui è sposato, e ha 2 amanti fisse, e una vuole parlare, rovinarlo, così lui ne ha comprato il silenzio regalandole un appartamento doppi servizi: “Padre, che faccio se quell’altra lo scopre…?”. Bustarelle, concessioni edilizie truccate, tangenti per appalti, ai preti si confessa ogni ignominia credendo di emendarsi da ogni colpa: ma i preti precisano che le loro sono solo assoluzioni formali, in quanto “tali peccatori se la vedranno con Dio”.

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Ti giuro, è tutto documentato in questo libro, ma ancora non ti ho detto del capitolo migliore, quello che indaga la vita sessuale di suore e preti: Vené gira tutta l’Italia, ma non riesce a parlare direttamente con nessuna suora, e notizie su di loro le raccoglie dai preti, i quali denunciano questo inedito pericolo nei conventi: l’ingresso del televisore! A metà anni ’60, le suore si mettono davanti alla tv e guardano Sanremo: il guaio è che non conoscono nulla del mondo esterno, sono rimaste ferme a uno stato puerile, infantile, una immaturità che le porta a dispetti, liti futili, un inferno domestico dispiegato in peccati quali il furto di un ago, di un dolcetto. Nulla si sa di loro possibili crisi, nulla si sa del rapporto con il loro corpo. Invece qui è provato che i preti degli anni ’60 si masturbano, attingendo per le fantasie onanistiche a quanto si fanno narrare fin nei minimi particolari dalle parrocchiane in confessionale: “Come lo fai con tuo marito, in quale posizione, quante volte, lo fate al buio?”. Tutto a fini assolutori, s’intende, e Gian Franco Vené si imbatte in qualche prete leale che ammette che “di fronte a una bella donna, le mie sensazioni non sono meno intense di quelle di qualsiasi altro uomo: ma io ho scelto”, ma pure in preti con concubine, con perpetue si mormora incinte, e poi c’è la storia di Harold Bronk, prete americano protestante con moglie e figli passato al cattolicesimo, ma sempre con moglie e figli al seguito, e moglie che continua a ingravidare.

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Si dice che la Chiesa misuri il tempo in secoli, “e per noi 4 secoli sono passato prossimo!”, esclama un prete a Gian Franco Vené, prete che si lamenta di quei suoi fedeli che evadono il fisco, portando tutto in Svizzera: almeno dessero i soldi per costruire campanili, statue dei santi, che metter soldi in nero a scopo votivo mica è peccato, “la carità non ha nome”, e lo dice pure il Manzoni, “Dio perdona tante cose per un atto di misericordia”, e nel 1968 e in Cronache del Peccato, grave è non tanto sc*pare in abito talare, né rubare, mentire, brigare, ma ubriacarsi, e specie nei paesi di campagna, lì i preti ’mbriachi attaccati al fiasco sono un fastidioso affare, piaga che non si sa bene come sanare, e soprattutto come celare.

Barbara Costa

*In copertina: Montgomery Clift è padre Michael Logan in “Io confesso” di Alfred Hitchcock (1953)

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