30 Luglio 2018

Crocifisso Dentello: non sarà Walter Siti né Pier Paolo Pasolini, ma è meglio di molti di voi

È vero, Crocifisso Dentello ha il dono di rendersi umanamente e letterariamente antipatico. Lo dico da sua vittima. Mi ha bannato una volta, poi è tornato, poi mi ha nuovamente bannato. E, questo, solo per aver espresso delle riserve sul Pride milanese, dal mio profilo Facebook. Non avevo scritto niente di troppo sconveniente, solamente che a mio avviso si tratta di una mascherata che getta discredito sulla comunità LGBT invece che favorire la sua accettazione. Si tratta in fin dei conti di una tesi sostenuta anche da molti omosessuali. Non aveva gradito ed ero stato eliminato. Pace! La democrazia è anche non gradire la democrazia. Non porto rancore.

dentello libro 1Ci sarebbero pure tanti altri suoi atteggiamenti social che vengono messi alla berlina dai lettori, ma questo poco importa. Uno scrittore è la sua scrittura. Dell’identità sessuale, poi, o del modo di fare scostante non mi frega un accidente. Se la vedrà con gli amici con cui va a bere lo Spritz la sera.

Per quel che concerne invece le recenti critiche che gli sono state mosse, con umiltà mi permetterei di dissentire e, a capo chino, avanzare la mia opinione. Ok, Dentello non è Siti, non è Pasolini, non è questo e non è quello. Vero, tutto vero. Ma non è neppure l’ultimo degli ultimi. Onestamente, e per quel che vale, tra i tanti testi che leggo e trovo in circolazione, non mi capita di riscontrare chissà quali picchi di genialità. Ma dirò di più, se Dentello venisse paragonato ai suoi contemporanei, invece che ai grandi nomi di morti e sepolti o agli ultimi sopravvissuti – spesso oramai in disarmo totale –, non mi sento di dire che sfigurerebbe. Al contrario, primeggerebbe. Qualcuno dirà che la cosa è tragica, ma il valore di un autore si misura anche in ragione di ciò che fanno gli altri della sua generazione. Personalmente, ritengo Finché dura la colpa un signor romanzo con tutti i crismi. Gaffi, che lo selezionò, – e non stiamo certo parlando dell’ultimo fesso in ambito letterario – non lo fece certo nella speranza di fare cassa, visto che degli schei lui se ne fotte, ma perseguendo piuttosto la sua idea di letteratura. Certo, il testo nell’epilogo un poco perde la spinta iniziale, ma bisogna considerare che si tratta comunque di un esordio. Non ne ricordo di particolarmente sfolgoranti. Ma prendiamo l’incipit: “Talvolta, rapito da una macabra immaginazione, contemplo di buttarmi dalla finestra della mia stanza per sperimentare l’ebbrezza della caduta nel vuoto, l’impatto sull’asfalto, i gemiti dei passanti. Nessuna sofferta vocazione di un gesto estremo. Solo una via di fuga dalla noia, una ricreazione mentale con la quale spezzare la routine”. Stabilite voi se è davvero così negativo. Sì, c’è da dire che è molto classico, nel senso più ampio del termine. Non è un linguaggio di rottura come in Giuseppe Casa ai tempi di Veronica dal vivo, Aldo Nove con Woobinda, o nella Santacroce di Fluo. Neppure è presente quello svecchiamento stilistico e la prosa incalzante di Giuseppe Culicchia in Tutti giù per terra. Parliamo, comunque, di un altro tempo. Al momento, ribadisco, secondo me c’è di molto peggio in giro e si tratta di gente con ben altro successo. Non faccio i nomi perché non sono cattivo e, soprattutto, perché non voglio passare le giornate a rispondere a nuovi hater.

dentello libro 2Il tanto criticato La vita sconosciuta poi, se ha un problema, è solo quello di essere scritto fin troppo bene, con eccessi di ampollosità per un romanzo che ha l’ambizione di riportare la viva voce di un ex operaio, qual è il protagonista. In tal senso, la scrittura di Dentello manca di mimetismo e questo non si può negare. Al contempo però, direi che ha anche il pregio di essere un testo senza paginate zavorra, chilometri di scrittura utili solo a fare spessore. Non è né troppo lungo né troppo corto, ma della giusta misura. Potrà sembrare una sciocchezza, ma la maggior parte dei libri presenti sul mercato sono vagonate di egoità del tutto sovradimensionate. Togliendo la metà delle pagine, ci sarebbero comunque parole in eccesso.

In conclusione, io con Dentello sarei più tenero. È sulla buona strada. Ha bisogno di migliorarsi, come molti del resto, ma soprattutto di non farsi condizionare dai suoi modelli che forse, più che fargli da sprone, lo inibiscono. E, a ogni modo, no, i suoi testi non sono i primi che userei nel caso dovessi avere problemi con una gamba del tavolo.

Matteo Fais

Gruppo MAGOG