18 Gennaio 2020

L’Italia è un paese pauroso, che non sa fare pace con il passato. Chi è stato davvero Bettino Craxi? Tutti quelli che lo hanno idolatrato erano lì a lanciargli le monetine addosso…

Questo mio articolo non ti piacerà. Ti farà arrabbiare. E ce l’avrai con me. Qualsiasi cosa tu pensi – o non pensi – di lui. Sia che lui tu l’abbia vissuto, votato, odiato, o che, come me, al contrario sia cresciuto tra gli echi e gli insulti tra due tifoserie, avvelenate, opposte, inconciliabili e oggi dopo 20 anni ridestatesi, dacché questo film è nei cinema. Io non so decidermi, se andare a vederlo, penso di no, perché infastidita dalle parole del regista, e più da chi a vederlo c’è andato e non ha saputo far altro che mascherarsi dietro una mediocrità belluina, per non dire, per non aver le p*lle di dire, la sola verità possibile: che in Craxi ci ha creduto, lo ha idolatrato, e che però è il medesimo che al primo lancio di monetine ha cambiato idea, e non ha aspettato nemmeno il primo canto del gallo evangelico per tradirlo, insozzarlo, dimenticarlo, lasciarlo solo, e davvero lo pensa, che siamo tutti scemi, senza memoria, quando invece lo sappiamo bene, che è identico a quelli che Craxi lo hanno rinnegato, quando fino al giorno prima, a Craxi, leccavano il c*lo, e se ne vantavano.

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Bettino Craxi. Hai mai provato, in pubblico, che so, a una cena, a fare il suo nome? Io sì. Ti risponde il gelo assoluto. Occhi che s’abbassano, parole mozzate, e poi, d’incanto, tutti ad assicurarti che non l’hanno mai votato, “no, macché, chi, io?!”. Ora: il signor Craxi io l’ho conosciuto solo come fantasma, lontano, e poi come morto, ingombrante, persona che è meglio non parlarne. L’Italia è un paese pauroso, non ha ancora fatto i conti col Risorgimento, e sulla Resistenza abbiamo litigato fino all’altro ieri, quindi converrai che trovare un punto non dico di accordo, ma di incontro, su Craxi, non è impresa ma azzardo, com’è un argomento complesso su cui documentarsi è lecito. Io son partita da due biografie, le Craxi di Massimo Pini e di Luigi Musella. E allora, Craxi, questo omone alto 1,93, questo ex attore di fotoromanzi, ex studente di giurisprudenza, chi diavolo era, che persona era, era davvero e solo quel mostro che Marco Travaglio descrive? E se tra noi provassimo, a farci pace, a respirare, a parlare del passato per apprenderlo questo passato, e mai dimenticando come la storia è andata a finire, e le sentenze, e quello che è stato (rubato). Insisto: Craxi, chi era, che voleva, perché lui scatena tanto disagio e invece, di un democristiano suo pari, oggi non importa più niente a nessuno, e infatti, se muore un ex DC, si dedicano trafiletti sulla sua vita da politico e ministro, ma ripeto, nella vastità del caz*o che frega all’Italia intera? Craxi, no: con Craxi si sta zitti, o si pensa, a ciò che è più conveniente dire, e quelli che si credono forti lo insultano, e tra questi i migliori, i puri: ma, che vuoi farci, a loro rode ancora e tanto, riconoscere che ai loro miti politici, Craxi l’ha sempre messa nel c*lo. Infatti, Craxi, nei fatti e nelle idee, era uno che i comunisti li detestava, li attaccava, di petto, mettendoli a tappeto. Craxi era un politico marchiato dai carri armati russi a Budapest, uno che già nel 1956 considerava Marx, Engels, Lenin, Stalin, roba da museo, “una assurdità antidiluviana che non c’entra nulla con la civiltà europea. Sono maestri negativi, una élite ben selezionata che si pone al di sopra della massa, e non tollera rivali. Il comunismo è una religione travestita da scienza che pretende di avere una risposta per tutti i mali, e da essi purificarci”. Una ideologia nata fallita a cui Craxi anteponeva Carlo Rosselli, Proudhon, John Kennedy. Maestro di Craxi fu Nenni e però, “maestro ma non un esempio, ché Nenni è un uomo del secolo scorso”.

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Dimmi se ci prese o no e quanto Giampaolo Pansa, che nel 1978 così scriveva di Craxi su Repubblica: “Craxi sappiamo bene che tipo è. È un socialdemocratico vero, anticomunista, spregiudicato, arrogante, più colto e moderno degli altri”. E se non ti va bene Repubblica, leggiti il Corriere della Sera, che nello stesso anno sosteneva che “Craxi non ha paura, è un giocatore di poker duro, ha capito i punti deboli dei suoi avversari. Craxi sa di essere antipatico, ma anche indispensabile”. Si sa, i giornali (tranne Montanelli) hanno salutato Craxi nella sua ascesa, riverito nel suo trionfo, goduto della sua caduta, ma forse il potere di Craxi si coglie in questo editoriale di Repubblica, del 1981: “Sono due mesi che Bettino tace, che in pubblico non si fa vedere. Si analizzano ipotesi, si fanno indiscrezioni, costretti ad aspettare, tra timori e speranze”. Di Craxi qualche verità, di parte, da fonte primaria, si trova in Enza Tomaselli: “Sono stata la sua segretaria per 32 anni: mai ricevuto un complimento dal capo”. Invece Antonio Tatò, segretario di Berlinguer, diceva al suo capo che Craxi “è un figuro moralmente miserevole e squallido”. Berlinguer non so se prese più schiaffi da Craxi o dalla realtà che non voleva vedere, e tu qui puoi pure storcere il naso, maledirmi, smettere di leggermi, tanto prima o poi il santino berlingueriano costruito dopo la sua morte, verrà ridimensionato alla somma delle sue sconfitte. E sì che avrei pagato, per esserci, in due momenti craxiani: il primo contro Berlinguer, e Moro ha i giorni contati e Craxi vuole salvarlo e Berlinguer no, impassibile nella sua fermezza. Il secondo, e c’è sempre Moro ostaggio delle BR, e Craxi si chiude per 7 ore dentro la sede della DC, con tutti i capi DC, e li prega di lasciargli fare qualcosa, prega la liberazione della Besuschio, e Andreotti gliela nega: “Se lo faccio, mi incendiano le carceri”, e Craxi urla: “E tu chiama i pompieri!”. Forse il vero Craxi è altrove, in altre occasioni, che c’entrano niente l’una con l’altra, o forse c’entrano troppo. È il 1983, Craxi è nominato capo del Governo, ha la lista dei ministri, li elenca, ed esordisce: “Presidente del Consiglio: il sottoscritto”: vi è un lampo, in quello sguardo, in quel sorriso di trionfo, quell’arroganza che ti sbatte in faccia. Un lampo che è il potere. E ancora, un anno dopo, Berlinguer è in ospedale sul letto di morte. Craxi arriva al suo capezzale. Ai giornalisti che lo assediano, lo circondano, all’uscita, coi loro microfoni, le loro domande, sul perché lui sia lì, Craxi risponde: “Io e Enrico siamo in lotta da 30 anni”. Un rapporto di scontro continuo e tuttavia di stima che segna un’esistenza.

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“Ma non sapete cos’è la sua vita privata!”, spettegolava Berlinguer ai suoi compagni, e Craxi e le donne è capitolo spinoso, tema vivo, come era vivo Craxi a viversi storie fedifraghe non di nascosto. L’amore più scandaloso, quello con Moana Pozzi, la pornostar, ma mica è vero, Moana quando frequenta Craxi non fa ancora porno, e lui non è ancora presidente del Consiglio, ma “il segretario di un partito di sinistra italiano”, come scrive Moana nella sua autobiografia. Moana e Craxi, e Moana è una ragazzina che ha fatto Miss Italia e ci prova col cinema ‘serio’, le commedie sexy anni ’80. Storia di pochi mesi, e Craxi molla Moana quando scopre che lei ha altri uomini. Certo, grazie a Craxi, Moana lavora per una stagione in RAI. Ci sono state tante donne accanto a Craxi, una, Ania Pieroni, ne ha ricevuto benefici immensi, e una schiava dichiarazione d’amore: “Tu sei la mia malattia”, ad identificare l’incapacità di lasciare una donna giovane a quello che lei può vivere, e tu non più. Un’altra, Patrizia Caselli, che in Hammamet è interpretata da Claudia Gerini, è stata accanto a Craxi, fino alla fine. Disse Sandra Milo a Enzo Biagi: “Io Bettino non lo lascio”.

Barbara Costa

Gruppo MAGOG