10 Gennaio 2020

Craxi meriterebbe un romanzo shakespeariano sull’ascesa e la caduta del potente. Libri, film e strani inediti sul politico, a vent’anni dalla morte

Ho sempre diffidato dei libri che pretendono di raccontarci La vera storia di… Posso accettare “La vera storia del lupo cattivo”, “La vera storia di Babbo Natale”, “La vera storia di Pollicino”, ma diffido di chi afferma di conoscere “La vera storia della banda della Magliana”, “La vera storia di Mani Pulite”, “La vera storia di Silvio Berlusconi” e tutte le vere storie di vattelappesca. Guardo le copertine e mi sembra che, da un momento all’altro, possa sbucare fuori dalle pagine quel personaggio di Petrolini che, atteggiandosi a sapiente ed esperto di ogni cosa, recitava: “I Signori non mi conoscono, peggio per loro. Io sono come il telegiornale. Io so tutto, vedo tutto, entro dappertutto”.

Con queste premesse, ero prevenuto e in sospetto contro l’uso del titolismo acchiappalettori, Controvento. La vera storia di Bettino Craxi (Rubbettino, 2020). Solo il mio interesse per la figura di Craxi e per il socialismo liberale mi ha spinto alla lettura, e vi confesso che sono stato lieto di ricredermi: il libro mi è piaciuto.

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Fabio Martini, inviato di politica del quotidiano La Stampa, alterna storie conosciute a rivelazioni, se non proprio originali, certamente trascurate dalle tante biografie sul segretario del Psi e presidente del Consiglio. Due fatti mi sembrano meritevoli di essere sottoposti all’attenzione del lettore: il no a Cuccia, patron di Mediobanca, e i tentativi di liberare Aldo Moro, rapito dalle Brigate rosse. Gli incontri con Cuccia, un uomo potentissimo che Craxi chiamava sprezzantemente “lo gnomo di via Filodrammatici”, non sono uno scoop. Martini ammette di avere letto il libro dell’ex parlamentare socialista Carmelo Conte, Dal quarto stato al quarto partito, che ne tratta ampiamente. Ma la storia va assolutamente raccontata. Per il Capodanno del 1989, Cuccia inviò a Craxi un biglietto di auguri con una frase sibillina: “Da oggi comincia una nuova epoca e voi potete dire di esservi stato presente”. Era probabilmente un invito a piegarsi alle nuove direttive dei poteri forti della finanza italiana e internazionale. Con la crisi dell’impero sovietico e la dissoluzione del socialismo reale, il capitalismo avrebbe imposto all’Europa la sua pax: fine del potere dei partiti e inizio del dominio dei mercati. Cuccia propose a Craxi di favorire la nascita di un governo fantoccio della finanza predatoria. Il leader socialista, immaginando il disastro sociale che ne sarebbe conseguito, si rifiutò e pochi anni dopo fu travolto dall’inchiesta Mani Pulite. Cuccia perseguì il suo disegno e i risultati sono sotto gli occhi di tutti.

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Molto avvincente e ricco di personaggi ambigui e storie inedite è il racconto dei tentativi di Craxi di arrivare alla scoperta della prigione di Moro e alla sua liberazione. Martini scrive che Craxi chiamò Lello Liguori, un ex anarchico che gestiva locali notturni a Milano e in Liguria frequentati dalla criminalità, e gli chiese di parlare con Francis Turatello e Renato Curcio, entrambi in carcere, per ottenere informazioni e suggerimenti. Turatello consigliò di rivolgersi alla banda della Magliana, ed è ormai risaputo che quando si nomina il gruppo del Libanese il confine tra falso e vero si assottiglia fino a rendersi indistinguibile. Poiché non si arrivò a nulla di rilevante, alcuni giorni dopo, Craxi tornò alla carica con Liguori e lo pregò di recarsi a visitare un appartamento sulla Cassia accompagnato da tre misteriosi personaggi, presumibilmente agenti dei Servizi, per valutare se era una vano utilizzabile per un sequestro. La vicenda, il cui seguito lascio alla curiosità del lettore, dimostra la spregiudicatezza di Craxi nel trattare con personaggi doppi e pericolosi, ma anche una sorta di ingenuità volta al bene che in pochi gli riconoscevano. Se i suoi sforzi non ottennero risultati, fu anche a causa dell’immobilismo della Democrazia Cristiana che, uniformandosi al messaggio di Paolo VI, che esortava i brigatisti a liberare Moro “semplicemente, senza porre condizioni”, ne decretò la condanna a morte.

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Le pagine più belle e più toccanti sono quelle che riguardano gli ultimi mesi di vita di Craxi ad Hammamet, un’odissea di dolore fisico e morale. Comunque la si pensi su di lui, non possiamo non provare umana pietas verso un uomo che lotta con il diabete, rischia l’amputazione di una gamba, ha problemi al cuore e un tumore al rene. Martini riferisce un altro episodio poco noto: il tentativo di fare arrivare Craxi in Italia, trasportarlo nel carcere di Viterbo, lontano dai riflettori, e lasciarlo in infermeria in attesa di fargli ottenere i domiciliari. Ma Craxi rispose che in Italia ci sarebbe tornato soltanto da uomo libero, e questo moto d’orgoglio lo condusse a morire prematuramente, anche a causa dell’inadeguatezza delle strutture sanitarie tunisine.

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Al netto delle virtù – prime fra tutte: la scorrevolezza della scrittura, un’oggettività serena, la precisione delle fonti – e dei pochi vizi – alcune pagine sofferenti di un appiattimento cronachistico che genera una scrittura senza guizzi – è d’uopo chiedersi se fosse proprio necessario scrivere una nuova biografia di Craxi. Ciò che è chiaro è che il libro di Martini qualcosa di nuovo aggiunge. Possiamo discutere quanto le sue rivelazioni siano originali e quanto invece frutto di un approfondimento di notizie già scritte e riscritte ma passate inosservate. Sicuramente, e non è poco, è un libro che male non fa.

Sono altresì convinto che l’ultimo grande statista italiano meriterebbe un dramma shakespeariano: ascesa e caduta, il potere che finisce nella polvere; vitalismo e malattia, il superomismo mortificato dal dolore; ricchezza e miseria, gli amici che si arricchiscono e il figlio Bobo che racconta di essersi ritrovato sul lastrico dopo l’esilio di Hammamet. Craxi era un insuperabile mattatore, aveva un fisico possente, una postura bene eretta, un eloquio condito da pause che intimidivano. Era Yul Brinner con il carisma di Marlon Brando.

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Il cinema si è ricordato di lui solo quest’anno, nel ventennale della morte, con il film di Gianni Amelio, Hammamet, e una straordinaria interpretazione di Pierfrancesco Favino. La letteratura continua a ignorarlo. Tra le pagine di Amazon, ho scovato La seconda vita di Bettino Craxi, un trascurabile romanzo di Pietro Carubbi, con un Craxi redivivo che riflette sulle vicende politiche succedute alla sua morte e formula giudizi sulla Prima e sulla Seconda Repubblica. Peccato che il plot manchi completamente d’azione. È un Craxi allo specchio che dopo poche pagine risulta ridondante e francamente stucchevole.

E allora tanto vale prepararsi a leggere Parigi – Hammamet, un romanzo giallo che uscirà a gennaio nella collana Omnibus Italiani di Mondadori, che lo presenta così: Karim è un poliziotto italo-tunisino di quarantaquattro anni che vive ad Hammamet. Con la scusa di andare a visitare la sorella, porta la sua famiglia in vacanza a Parigi, dove in realtà ha un appuntamento con l’ex primo ministro italiano Ghino, cui è legato da antica e profonda amicizia. Ghino ha chiesto aiuto a Karim perché teme per la propria vita, e la realtà non impiega molto tempo a dargli ragione: al centro del mirino, oltre a Karim e a Ghino, una coppia di bodyguard francesi e una spia russa. Col passare delle ore, il disegno criminoso diventa sempre più evidente: qualcuno vuol far pagare a Ghino il suo passato politico, e la sua determinazione a non accettare i compromessi imposti dalla politica internazionale e dalle opache organizzazioni che la influenzano. Su tutte una, dal nome misterioso: “Koros”.

Un romanzo inedito di Bettino Craxi, scritto ad Hammamet. Mi domando perché sia pubblicato solo adesso, e chi l’abbia tenuto nascosto per vent’anni.

Francesco Consiglio

Gruppo MAGOG