13 Aprile 2020

Il mondo che abbiamo davanti è una massa di argilla. Oggi decidiamo chi vogliamo essere. La “rivoluzione Conte”, le opposizioni e come stanno cambiando le regole del gioco della politica

Daje regà, ma davvero non avete capito quanto è figa ‘sta cosa? Sono cambiati completamente i paradigmi del contradditorio pubblico, le norme del discorso, le regle du jeu. Quelle direttive non scritte che automatizzano i comportamenti di ognuno, chi più chi meno, dai politici agli operai, dagli avvocati ai poeti. Sono cambiati i modelli. E noi stiamo assistendo al loro gran debutto in società.

Di cosa stiamo parlando? Beh, ve lo spiego subito. Seguite bene.

Posto che – filosoficamente, sociologicamente – i modelli vengano dall’alto, per essere poi riprodotti sotto forma di plagio inconscio – ma non è escluso che alcuni possano venire dal basso (primavere arabe, rivoluzione d’ottobre ecc…) –, quello in atto sul panorama italiano, per limitarci a questo campo, è un cambiamento alla radice.

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Partiamo da qui: la nascita della XVIII legislatura. Per quanto politichese (vedasi furbo e ipocrita) fosse il linguaggio utilizzato fin lì, era un dialogo fatto di resilienza, di tenacia, educazione, comprensione; per di più, lo scontro ideologico era volto ad un lungimirante istinto statuale: quello dell’autoconservazione e dell’aumento della propria proiezione. Questo è chiaro sia dalla costituente, sia dal compromesso storico, sia da quello che è stato definito inciucio. Non che si voglia far passare questa, l’epoca 1945-2018 come l’età dell’oro, si cerca meramente di estrapolare dei tratti caratteristici di un periodo e trovarne un topos comune. Vi furono età auree e bronzee se vedute al microscopio; l’intesa è di analizzare al macroscopio.

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Ora, il terzo vertice del triangolo, dopo modelli e linguaggio, sarebbe invettiva. O meglio, sputtanamento. L’utilizzo dell’invettiva, forma grossolana e tendenziosa di affermare le proprie ragioni, l’invettiva come proprietà delle culture più semplici, l’invettiva come l’impossibilità di formare un pensiero organico, l’invettiva come colpo ad effetto, l’invettiva come, diciamolo pure, eccitante per i mutilati di una identità compiuta, non solo si scopre sulfurea, bruciante, penetrante, più di tutti si scopre utile. Allorché Berlinguer o De Gasperi, per non dire di Matteotti, Gramsci, Moro, sarebbero stati probabilmente etichettati come dei semplici o peggio sempliciotti, (fortunatamente la Storia non ci darà la controprova), ora l’invettiva ci esalta, ci illumina, ci entusiasma, ci fa sentire un Dio nelle viscere. Ad onor del semplice, potremmo chiamarla la Rivoluzione Conte.

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Se talune cose erano infatti accettabili, come l’entrata in parlamento dei leghisti negli anni ’90 e quella dei grillini nel 2013, già un colpo allo stomaco per molti versi, il fatto che la scurrilità sia passata dal legislativo all’esecutivo è molto diverso. Le istituzioni sono istituzioni, si potrebbe obbiettare, ma la stanza dei bottoni non è Palazzo Madama, non siamo naif. Ora non è un membro dell’opposizione a berciare, ad abbassare il livello dell’ufficio che rappresenta: è il Presidente del Consiglio, che “fa nomi e cognomi”.

Stimola pancia e mente: la pancia grida “Urrà, evviva”, finalmente qualcuno che dica a degli irresponsabili di stare al loro posto, che gli ricordi che non è il momento di far stronzate, che non è né il momento di aprire le chiese, né di raccontare balle sul Mes (firmato da entrambi i partiti), né tanto mento di dimostrarsi disuniti per ricavarne un dividendo politico. Qualcuno che racconti i fatti, che racconti senza contraddizioni le cose, che ricordi a chi ha staccato la spina al governo che non è stato nessun altro se non lui. D’altro canto, però, fa riflettere. La rivoluzione Conte ha alzato i toni, ha creato un precedente, ha posto le basi per una scommessa.

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Lo sputtanamento di Meloni, Salvini e – ci aspetteremo a breve anche del terzo corsaro della politica, Renzi –, servirà a rimettere nei propri ranghi questi parlamentari dell’opposizione, a somministrare all’elettorato una dose di anticorpi contro tali idiozie o, servirà solo, ancora una volta, ad alzare i toni, allontanare le fazioni umiliandone i legittimi leader, ad abbassare il livello del dialogo asportandogli quel poco di onore che ancora aveva, ad allontanarci ancor più dall’Altro.

Il mondo che abbiamo davanti è una massa di argilla. Oggi decidiamo chi vogliamo essere, cosa vogliamo fare, dove andare. Oggi risorgiamo. Buona Pasqua.

Jonathan Grassi

Gruppo MAGOG