17 Aprile 2018

Come rifare Alice nel Paese delle Meraviglie con l’uomo-rana e “Spiderwoman”. Peccato che il pubblico non riesca a stare due ore lontano dai social…

Il circo è il luogo in cui i genitori fanno i bambini e i bambini – vera cartina tornasole sulla capacità che possiede uno spettacolo di tenere il ritmo: se stanno lì incollali col musino piantato sulla scena significa che il lavoro funziona – fanno gli adulti. Così appare del tutto normale che durante le due ore di “Alis”, l’omaggio-velato che Le Cirque World’s Top Performers ha fatto all’opera di Lewis Carroll e che ha fatto tappa all’RDS Stadium di Rimini il 14 e il 15 aprile, i più grandi si siano concentrati a fare le foto e i filmati delle acrobazie degli artisti, con tanto di tirata di orecchie da parte della security che, poco prima dell’ouverture, aveva annunciato ai microfoni che era severamente vietato fare quelle cose lì. Non ci si deve sorprendere però, la poca educazione (parlare di maleducazione è eccessivo) dettata dalla necessità di “fare vedere agli altri” gli attimi trascurando invece l’importanza di “vivere un evento” (e magari raccontarlo a parole: troppa fatica?) è diventata pratica comune. Possibile non riuscire a fare a meno, per sole due ore, dei social? Possibile togliersi il piacere di con_dividere davvero qualcosa di bello con la persona che è al tuo fianco?

“Alis” è, in prima battuta, la pronuncia in inglese nobile (quello di Cambridge) del nome della bimba mora di sette anni che insegue il Bianconiglio. “Alis” è anche il pre-testo dei quadri di alta arte circense che appartengono a Le Cirque World’s Top Performers. Alice quindi, in un gioco di specchi non-sense e di ribaltamento dei ruoli, è semplicemente il Bianconiglio: appare all’inizio, vestita di bianco e di azzurro, bionda come sanno esserlo certe spighe di grano nei periodi più profumati dell’anno, e viene richiamata, ma di sghembo, nelle mise degli artisti. Sulle bluse, non di tutti però, appaiono alcune carte da scala, soprattutto e ovviamente quelle di cuori.

“Alis” è circo di altissimo livello. C’è Brua Aurelie, detta “Spiderwoman”, che sfida le leggi di Newton e riesce a stare a bandiera su un’asta. Ci sono Kai Hou & Song Enmeng che fanno i salti dentro ai cerchi, e Yenivatov Oleksandr, l’uomo-rana, snodatissimo, e poi le “Torimé”, il trio composto dalle splendidissime acrobate ucraine Larysa Semeniuk, Olena Kosiuchenko e Olga Shutiak, e Guilhem Desq, che suona la Ghironda, uno strumento millenario che emette sonorità e atmosfere contemporanee. Per le persone oramai abituate a vivere – chi vive, quando vive, senza vedersi vivere – a testa bassa, ingobbite sul monitor di uno smartphone, alzare la testa diventa uno sforzo immane. Eppure i numeri più belli, guarda caso, sono quelli sospesi in aria: la ragazza che pratica la danza nel tessuto, le due coppie – diametralmente opposte: la prima, vestita tutta di nero, conglomera perfezione a sensualità, la seconda invece un senso protezione quasi filiare – appese al trapezio, le cadute sul tappeto dell’I team, che zompa e si riproduce come tasselli di un domino, il tutto mescolato al metateatro, uno dei marchi di fabbrica del Cirque du Soleil, quindi interazione con il pubblico, attori in platea, piccole pièce che esplodono e diventano coriandoli.

La testa e gli occhi si muovono in senso verticale. Anche involontariamente, è un gesto di assenso.

Le Cirque World’s Top Performers interpreta e aggiorna il reverendissimo professore di Oxford: ieri, nel 1865, il viaggio di Alice era nelle Meraviglie linguistiche del non-sense, oggi invece leviga e riscopre le Meraviglie del circo: personaggi (in latino si scrive personae, capito l’acume degli antichi romani?) al posto delle parole.

Alessandro Carli

Gruppo MAGOG