30 Maggio 2020

Eastwood 90! I 5 film più belli del grande Clint, da “Mystic River” a “Million Dollar Baby”. Patti ancestrali, valori inalterabili, una accusa profonda al mondo odierno, perduto, tra Bibbia e tragedia greca

Chissà cosa vuol dire andare in giro con quella faccia. Clint Eastwood compie 90 anni, ma è da 65 che perfora lo schermo. La fama è brutale, ti disossa, ti espropria del viso; eppure il genio molteplice di Clint gli ha impedito di essere incasellato nel ruolo del cowboy dagli occhi di ghiaccio o nell’imperdonabile Ispettore Callaghan. Clint incarna l’era dei valori ancestrali, a cui si obbedisce senza dimora di dubbio: difendere il debole dai soprusi, agire perché si deve, dedizione alla rabbia e alla vendetta, senso dell’individuo e appartenenza alla propria terra. Si è portato a casa 5 Oscar, ed è uno dei registi più grandi della storia americana, per asciuttezza di stile e profondità narrativa. Ha girato pellicole audacemente romantiche (I ponti di Madison County), raffinatissime (Mezzanotte nel giardino del bene e del male), poliedriche (Lettere da Iwo Jima e il ‘gemello’ Flags of Our Fathers), didattiche (Invictus). Tra gli omaggi, quello di Sky Cinema, sabato 30 e domenica 31 maggio, che dedica a Clint un ciclo imperiale, dalla “Trilogia del dollaro” a Una calibro 20 per lo specialista (qui vedete tutto). Qui scelgo i cinque film che mi stanno più a cuore. (d.b.)

Million Dollar Baby (2004). Con feroce delicatezza, la storia di ‘Maggie’ (Hilary Swank, bellezza ruvida, regale), pugile che vuole riscattare una vita tracciata nel dolore, si fonde alla poesia di William B. Yeats. Il sangue è lirico, il dolore l’ago che moltiplica destini, la poetica è massacro al tramonto. “Io voglio alzarmi ora, e voglio andare, andare ad Innisfree/ E costruire là una capanna fatta d’argilla e vimini:/ nove filari e fave voglio avere, e un alveare,/ e vivere da solo nella radura dove ronza l’ape./ E un po’ di pace avrò, la pace che viene lenta”, sussurra Clint, che nel film è l’allenatore di ‘Maggie’, Frankie Dunn. Non c’è un lieto fine e non c’è redenzione, eppure, per un tempo immeditato e irrisolto, siamo stati oro: è sufficiente a marcare una vita autentica.

Mystic River (2003). La tragedia greca a Boston, nel nostro millennio. Il fiume Mystic è come il Flegetonte: anime in pena, arse dalla rabbia, si raccolgono intorno all’omicidio di una giovane innocente. Lacerazioni antiche rinvengono alla luce, la faida inaugura il suo implacabile sabba. La scena in cui Laura Linney abbraccia Sean Penn, che ha una micidiale croce tatuata sulla schiena, ci fa capire che tra Boston e Corinto non c’è iato, tra Euripide e Clint è un difetto ottico momentaneo, che tutto è in un patto sancito all’origine del tempo.

Gli spietati (1992). Un western narrato con lo stesso clangore del Libro dei Re, nella Bibbia – solo che qui, sono vagabondi senza corona a regnare. Ancora una volta, l’amicizia è sigillata fino alla morte, dietro l’apparente crudeltà balugina il bene, e l’obbedienza alla parola data ha valore di lapide. Clint è ‘Will’ Munny, che si gioca il destino sull’apice di una impresa. Per poi sparire, perché la vita, infine, come diceva il savio Qoèlet, è crocevia di polvere.

Gran Torino (2008). Epopea dell’individuo, atto d’accusa contro la ‘modernità’ delle relazioni, abuliche, imbambolate dal denaro. Clint è ‘Walt’ Kowalski e la sua vita, incardinata nel sangue della guerra di Corea, non si affaccia sulla fede beota sbandierata dal prete di turno. Restando fedele a se stesso – pur tradito, come sempre, dai figli –, grato a una sua liturgia quotidiana, ‘Walt’ saprà cambiare, fino al sacrificio per lo sconosciuto, diventato caro. Un destino si colloca nella scelta: bisogna sprofondare in essa, totalmente.

Un mondo perfetto (1993). Il rapporto tra il malvagio – Kevin Costner, nella sua stoffa migliore – e il bambino, tra il corrotto e l’innocente ha vigore ancestrale. L’ingenuo può retrodatare l’inferno in Eden, convertire al candore il violento. Come sempre accade in Clint – in questo caso, il Texas Ranger Red Garnett – la narrazione lineare (trama semplice, lucida, comprensibile) si incardina nelle paludi della psiche. Tutti i contro-eroi dei film di Eastwood si convertono, nel golfo dell’azione, mettendo sempre qualcosa d’altro davanti ai loro interessi personali, dando la vita per un altro.

*In copertina: Clint Eastwood in “Brivido nella notte” (1971), suo primo film come regista

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